Apr 302012
 

Quando si parla di tecnologia, il più delle volte non si può fare a meno di parlare di coloro che la fanno. E in questa epoca, dopo la scomparsa di Steve Jobs, parte della sua grande eredità è stata lasciata nelle mani di un suo fidato collaboratore, nonché vide presidente del settore design industriale di Apple inc., Jonathan Ive. Ne parliamo, perché in questi giorni, in Inghilterra, si è svolto l’UK Intellectual Propriety Office, concorso che ha come scopo quello di premiare i cosiddetti innovatori, cioè coloro che hanno raggiunto la fama attraverso la creazione e lo sviluppo di prodotti innovativi, sia nel design che nell’uso, diventando veri e propri strumenti della quotidianità sociale mondiale. Ebbene, Jonathan Ive, durante il World Intellectual Property Day 2012, è stato insignito, con larghissimo consenso, del premio British Visionary Innovator. Per capire la portata di tale premio basti pensare che concorrevano calibri del tipo Tim Berners-Lee (inventore del www World Wide Web) e J.K. Rowling (autrice di Henry Potter).

Per chi non sapesse chi è Jonathan Ive, ricordo alcuni passi del suo prestigioso curriculum. Jonathan è nato a Chingford in Inghilterra ed è un designer, noto per aver disegnato oggetti come l’iMac, iPod, iPhone e altri oggetti di culto della Apple. Ricordo, inoltre, che Ive è stato insignito con il titolo di KBE, ossia Cavaliere Comandante dell’Impero Britannico da sua maestà la regina Elisabetta II d’Inghilterra. Ha iniziato la sua carriera in Apple nel 1992 e dal ’97 dirige il reparto di Design industriale.

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Apr 242012
 

L’uomo ha sempre cercato di comunicare, escogitando sempre nuovi metodi e trovato soluzioni che rendessero questo processo, più rapido, meno costoso e più duraturo. Il mezzo individuato è quello che oggi chiamiamo con il termine scrittura. Il primo segno tangibile di questo processo, lo troviamo nelle scene incise sulle rocce; rappresentazioni di vita quotidiana o scene di caccia, un primordiale metodo basato sull’abrasione attraverso punta a scalpello di una roccia più tenera. Ma l’esigenza di comunicare era intrinseca nell’uomo, per cui gli studiosi sono d’accordo sul fatto che la scrittura si sviluppò contemporaneamente in più parti del mondo, dalla Mesopotamia all’antico Egitto. E’, infatti, da attribuire a loro il primo vero linguaggio di comunicazione scritto, attraverso quelli che oggi conosciamo come geroglifici, ossia complessi ideogrammi che racchiudono in se non solo una parola ma anche un’intera scena. Ed è sempre a loro che si attribuisce il primo strumento atto a scrivere, cioè la penna. Si trattava essenzialmente di una cannuccia o una penna di volatile (penna d’oca) inzuppata in inchiostro di origine animale (inchiostro di seppia) o vegetale (inchiostro ferrogallico e inchiostro cinese, noto come inchiostro di china). Questa cannuccia, intinta in questa sostanza gommosa permetteva agli scribi egizi di tracciare i geroglifici sui fogli di papiro. Il suo nome era calamo e veniva incisa obliquamente per consentire all’inchiostro di scorrere in modo uniforme.

Gli scolari romani, per evitare di sprecare la costosissima pergamena, scrivevano incidendo con uno stilo appuntito tavolette di legno spalmate di cera. Già nel mondo antico romano erano in uso tiralinee in metallo, con estremità appuntita e ripiegata a V, nella quale si poneva l’inchiostro; la maggiore resistenza del metallo garantiva stabilità allo spessore della linea tracciata. I loro lunghi esercizi di scrittura potevano essere cancellati rinnovando la cera della tavoletta, maneggevole quanto quanto una piccola lavagna.

Dal XVII secolo si iniziarono a vedere sulle penne d’oca i primi pennini, dato che a lungo andare l’asta della penna d’oca si consumava e bisognava tagliarla e poi cambiare penna, si incominciò a inserire sulla punta della penna una copertura in metallo con un taglietto centrale verticale, il pennino appunto.
Le prime ad utilizzarli furono le religiose di Port Royal, alla fine del 1600, che usavano pennini di rame che fabbricavano da sé. Si svilupparono poco all’inizio perchè erano molto costosi e fatti a mano. Essi erano montanti su cannucce di legno che sostituivano le penne d’oca.
Con la rivoluzione industriale nacquero i pennini fatti in serie. L’inglese Gillot, che aveva studiato presso il coltellinaio Skinner, intorno al 1820, apprendendo l’arte della fusione, della tempra e della laminazione dei metalli, trovò un modo per produrre questi pennini con prezzi di molto inferiori e con una elevata qualità tecnica. Questo avvio di produzione industriale, favorì la diffusione su larga scala dapprima in Europa e poi nel resto del mondo. Il pennino, montato su di una cannula in legno o su una penna d’oca, doveva essere intinta in un calamaio contenente inchiostro. Per cui la produzione di pennini sarà, almeno in questa fase iniziale, accompagnata dalla produzione di contenitori realizzati in metallo o altro materiale, impreziosite da serigrafie, intarsi, colori e disegni.
Dalla penna e calamaio alla stilografica il passo è breve. A fine ‘800, nasce appunto la penna stilografica, che ricalca la tecnica del pennino, ma include in se stessa dentro l’astuccio, l’inchiostro necessario alla scrittura eliminando di fatto il supporto esterno del calamaio.

Dal 1930, l’evoluzione tecnica della stilografica fa la sua comparsa sul panorama mondiale. Il graphos con pennini intercambiabili e corpo con serbatoio d’inchiostro. Ma la difficoltà a tenere puliti i pennini, fa in modo che si cerchi una soluzione: questa è il rapidograph (nel 1952, prima a serbatoio e poi con cartuccia rimovibile) a cui seguiranno altre evoluzioni di penne tecniche specifiche. Ancora oggi, il rapidograph rappresenta un’eccellenza nel campo della grafica. Questo strumento si è evoluto pur mantenendo le stesse caratteristiche di base della sua comparsa. E oggi, nell’era dei computer, si evolve diventando uno strumento in grado di scrivere ad altissima velocità, con enorme precisione e autopulente. Ma come ogni strumento tecnico, nasce, si sviluppa lungo un arco tempo più o meno lungo, ed è soggetto ad un inevitabile declino, superato da altri strumenti tecnicamente più avanzati. Il rapidograph, sta lasciando il campo alle testine di stampanti e plotter che depositando migliaia di microgocce di inchiostro liquido sulla carta tracciando segni di assoluta precisione in tempi decisamente inferiori.

BIC, QUANDO SI PARLA DI PENNA

In quest’epoca, in cui il digitale la fa da padrona, in cui cellulari e tablets hanno sostituito la penna per scrivere e a volte la parola per dialogare, ancora delle vecchie penne qualcosa resiste. E non parlo di prestigiose stilografiche o penne d’oca con tanto di calamaio, ma di un semplice, trasparente, insignificante contenitore di plastica. Sto parlando ovviamente della penna BIC, compagna di tutti almeno una volta nella vita, strumento di scrittura sempre disponibile in ogni astuccio scolastico che si rispetti. La penna BIC ha attraversato le epoche, fatto moda, partecipato al nostro modo di vivere e ancor oggi, strumento di scrittura più utilizzato. Ma perché la penna “biro” si chiama BIC? Tutti l’abbiamo utilizzata, ma solo pochi conoscono il significato del suo nome. Forse proprio perché il suo nome si deve al suo scopritore come sempre capita per ogni invenzione? Scopriamolo.

La storia inizia dall’ungherese László József Bíró (1899-1985) a cui si deve l’invenzione della prima penna sfera chiamata appunto biro. Bíró, non sopportando più le macchie di inchiostro lasciate dalle penne stilografiche molto in uso a quell’epoca, osservando un gruppo di bambini che giocava a biglie, ebbe un’illuminazione: usare l’inchiostro delle rotative per la stampa dei giornali e inserire una piccola sfera metallica nella punta della penna per renderlo più fluido. Nel 1943 esce il suo brevetto e intorno agli anni ’50 ad opera del francese Marcel Bich (1914-1994) si riuscì a perfezionare tale invenzione. Bich, nel 1950 lancia Cristal, la prima penna a sfera frutto del suo lavoro. Il brand per pubblicizzarla, nasce togliendo al cognome di Bich la “h”, da cui BIC. La penna si diffonde molto rapidamente, prima in Francia e poi negli Stati Uniti (1958). Dagli anni ’70 in poi, il brand si arricchirà di altri oggetti, quali accendini, lamette ed altri accessori. In questi anni la produzione non si è mai fermata ed oggi sono state commercializzate oltre 100 miliardi di penne BIC, per un successo globale senza precedenti. La BIC, infatti, con il suo carattere temporaneo, usa e getta, ha in qualche modo anticipato e incarnato la nostra epoca, ha fatto proprio quel concetto di obsolescenza percepita che contraddistingue questi nostri tempi di consumismo.

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Apr 242012
 

A quanto pare il prossimo iPhone, la quinta incarnazione del cellulare di cupertino, avrà un nuovo schermo con spessore ridotto rispetto all’attuale. Tale previsione, peraltro molto probabile, è stata effettuata dall’analista Ming-Chi Kuo, il quale informa che Apple potrebbe utilizzare la nuova tecnologia in-cell per la realizzazione dello schermo, riducendo sensibilmente lo spessore di quello utilizzato negli Iphone 4 e 4S. Infatti, grazie a questa soluzione lo spessore si ridurrebbe da 2,98mm a soli 2,54mm. Grazie a questa tecnologia i sensori touch dello schermo non sono più sovrapposti bensì integrati nei filtri colori del pannello LCD o AMOLED impiegato dal costruttore. In questo modo, si può eliminare uno strato del display riducendone lo spessore e offrendo miglioramenti nella visualizzazione dei colori.

Apple, potrebbe, però, adottare altre soluzioni per ridurre ulteriormente lo spessore del suo smartphone. Innanzitutto utilizzare una batteria più sottile ma contestualmente più larga, questo senza adottare nuove tecnologie, e sostituendo il pannello posteriore in vetro dell’attuale iPhone, con uno in metallo. Apple, ha infatti acquisito qualche tempo fa una tecnologia brevettata dalla società Liquidmetal, una lega di nichel, titanio, rame e zirconio, particolarmente leggera, resistente ai graffi e alla corrosione e con un processo di realizzazione molto più semplice e meno costoso. Attualmente Apple ha già in uso il Liquidmetal, ma come sperimentazione in un accessorio, l’estrattore della SIM card.

L’uso di una o dell’altra tecnologia o di entrambe sembra molto probabile, proprio per fare in modo di poter competere a livello di spessore con altri smartphone venduti dalla concorrenza, soprattutto Android.

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Apr 232012
 

La ricerca per il risparmio e la durata delle batterie in dispositivi elettronici viene combattuta da più fronti. La Pixel QI, una società americana specializzata in display realizzati con tecnologie innovative finalizzate alla riduzione dei consumi, ha infatti portato a termine uno studio che sta per diventare realtà, cioè quello di schermi ad altissima risoluzione ma a bassissimo consumo elettrico. Infatti, una dei mafggiori problemi dei dispositivi elettronici attuali, dall’iPhone e l’iPad, è il consumo energetico dello schermo che mette a dura prova le batterie. Più alta è la capacità dello schermo maggiore sarà l’assorbimento di energia che questo mette in atto. La Pixel Qi ha, quindi, reso disponibile uno schermo che può competere con il superlativo Retina Display dell’iPAD 3 ma consumando una quantità di energia notevolmente inferiore, da due a quattro volte in meno.
Sul sito della stessa Pixel QI, viene annunciato lo schermo e vengono date le caratteristiche peculiari di questo nuovo display. Risoluzione di 2048X1536 (la stessa, appunto, di iPad 3), stessi contrasto, saturazione e angolo di visione. Pare sia disponibile anche un dispositivo con modalità a basso consumo che assorbirebbe un centesimo della corrente consumata dal display di iPad al picco massimo.
Nonostante le innovazioni che questo schermo porta con se, alcuni interrogativi rimangono circa la sua vendita e diffusione perché nel mercato, tutto dipende, si sa, dalla tempestività dell’uscita. Altri prodotti dello stesso genere, sono in dirittura di arrivo presso altre aziende concorrenti tra cui la Samsung coreana. Il nuovo schermo della Pixel QI fornisce a detta degli stessi produttori caratteristiche innovative tra cui il recupero della luce ambientale, detta transriflettività, che rendono lo schermo leggibile anche se colpito direttamente dalla luce del Sole.

Vedremo se questo prodotto diverrà il successore del retina display e chi eventualmente si aggiudicherà la possibilità di utilizzarlo nei propri dispositivi, oppure se invece questo straordinario prodotto non vedrà mai la luce come molte tecnologia sperimentate ma mai divenute prodotti commerciabili.

Apr 222012
 

Oggi, per la 42esima volta, si celebra in tutto il mondo l’EARTH DAY, ossia il giorno della salvaguardia del Pianeta. La manifestazione è patrocinata dalla FAO e dall’UNESCO e coinvolge circa 500 milioni di persone sparse in 175 paesi del mondo. Manifestazioni di ogni genere, per la raccolta fondi o per il semplice intrattenimento sono state organizzate in ogni angolo del mondo. L’Italia vede Napoli in primo piano con un concerto definito a chilometri zero, in quanto verrà ripreso in streaming in diretta su internet, quindi chi vorrà potrà vederlo sulla rete senza muoversi da casa. E’ prevista una raccolta fondi per realizzare pozzi d’acqua in Africa. Il concerto, che si svolgerà sul palco del Partenope di Napoli, vedrà la partecipazione tra gli altri della nazionale italiana cantanti, tra cui Enrico Ruggeri, Francesco Sarcina delle Vibrazioni, e la partecipazione come star internazionale di Anggun. La cantante indonesiana è stata scelta dalla FAO come ambasciatrice della buona volontà nella lotta alla fame nel mondo. Il concerto, come detto, sarà a chilometri zero, ma anche a impatto zero. Infatti, tutte le emissioni di co2 prodotte dal concerto, saranno compensate con la realizzazione di tredici chilometri quadrati di foreste in Costarica.

Tanti auguri TERRA.

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Apr 192012
 

TELECOM ha presentato a Torino la nuova cabina telefonica intelligente. Già nella forma è originale, consente di entrare al suo interno e telefonare protetti da una tettoia che porta, sulla parte sommitale, celle fotovoltaiche che le forniscono alimentazione. La nuova cabina consente, oltre le normali chiamate, tutta una serie di servizi che il digitale e la connessione ad alta velocità hanno reso possibili.All’interno ci troviamo di fronte ad un touchscreen che consente l’accesso a informazioni e servizi di pubblica utilità, turismo, mobilità, commercio, tempo libero, social network e servizi online per gli studenti del Politecnico di Torino. Avrà anche funzioni di hotspot wi-fi ed è realizzata per essere eco-sostenibile: infatti, oltre al pannello fotovoltaico, ospita una centralina per il rilevamento dell’inquinamento atmosferico, un sistema di videosorveglianza collegabile alla sala controllo della Polizia Municipale. In vista della diffusione delle auto elettriche, sarà dotata di colonnine per la ricarica di bici e scooter elettrici.
Telecom, nell’era dei cellulari, rilancia l’idea della cabina telefonica, ma profondamente rinnovata e lancia un concorso sul sito www.cabinaintelligente.telecomitalia.com con il quale ricerca nuove idee proposte da studenti, utenti web, sviluppatori o semplici interessati.  La prima cabina telefonica era stata installata da Telecom 60 anni fa in piazza San Babila a Milano e con questo concept, si propone di fornire uno strumento antico ma evoluto al contempo, in grado di raccogliere vecchie e nuove esigenze di comunicazione.

Questo test durerà per tutto il 2012 estendendo il progetto anche in altre realtò italiane e sarà realizzato in collaborazione con il Politecnico della città piemontese come sponsor e centro di ricerca. Vedremo cosa produrrà questo esperimento: la rinascita o la definitiva fine della cabina telefonica.

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Apr 182012
 

La concorrenza del Kindle di Amazon si fa agguerrita e Apple risponde. Infatti, pare che la casa di Cupertino stia valutando l’opportunità di far uscire un iPAD3 mini, ossia con dimensioni, peso e costo ridotti proprio per entrare in competizione con il segmento di mercato in cui il tablet di Amazon sta riscuotendo successo. La data presunta potrebbe essere il mese di settembre, ma tutto è avvolto nel mistero. Da circa un anno gli analisti hanno previsto il lancio di questo fantomatico tablet targato Apple, ma nulla è trapelato fino ad ora. Le ultime notizie giungono da un sito di news cinese, molto vicino ai centri di produzione della Apple in questo paese. Le indiscrezioni, in questo caso non solo parlano di lancio entro l’autunno, ma addirittura arrivano a ipotizzare il quantitativo di tablet già in produzione; pare siano 6 milioni di pezzi. La produzione sarebbe affidata al partner di sempre, la Foxconn oltre alla Pegatron sempre in Cina. Il costo ipotizzato andrebbe dalla versione base di 249$ a quella più alta di 299$. La mossa potrebbe essere effettuata proprio per eliminare la forte concorrenza che si sta generando dal basso in un segmento, quello dei tablets, dove Apple domina incontrastata il mercato.

Se le indiscrezioni dai vari siti di blog su internet non dovessero bastare, dall’inizio di questo mese anche John Gruber blogger statunitense ben collegato con Cupertino, ha confermato l’esistenza del famigerato iPAD mini con schermo da 7,85″ sotto forma di prototipo. La dimensione insolita di questo schermo, potrebbe essere realistica, perché la risoluzione consentirebbe di utilizzare tutte la Apps sviluppate per l’iPAD2 e iPAD3 senza dover riprogrammare nulla.

Staremo a vedere come al solito cosa avverrà realmente.

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Apr 162012
 

Pare esista un accordo segreto tra Sharp, il colosso giapponese degli schermi e Apple per la produzione di un nuovo tipo di schermo basato su di una tecnologia molto avanzata basata su ossido di zinco, indio e gallio denominata IZGO. La Sharp pare abbia iniziato la produzione negli stabilimenti avanzatissimi di Kameyama, e pare che Apple abbia contribuito e non poco alla realizzazione degli stabilimenti e della catena di montaggio attraverso un finanziamento di circa un miliardo di dollari. La nuova tecnologia IZGO utilizza il silicio amorfo (a-Si) al posto del TFT (Thin-Film Transistor) attualmente utilizzato per la realizzazione della maggior parte degli schermi in circolazione. I motivi di tanto interesse, dipendo dai vantaggi intrinseci di questa nuova tecnologia: elevata risoluzione, consumo ridotto, costo di produzione inferiore. Tre i tipi di display inizialmente previsti: 32” con risoluzione 3840×2160 a 140 ppi, 10” con risoluzione 2560×1660 a 300 ppi, 7” con risoluzione 800×1280 pixel a 217 ppi.
E’ stato da poco annunciato un accordo tra Foxconn e Sharp. Si sa, che Foxconn è il principale costruttore per conto di Apple e dipende sempre più da Cupertino che ne determina scelte e strategie. Considerando che Sharp è leader a livello mondiale nella tecnologia dei cristalli liquidi e in quella digitale applicata all’elettronica vedremo cosa questa presunta collaborazione potrà portare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Apr 142012
 

Innovazione, innovazione, innovazione. Sembra questo lo slogan che campeggiava al C.E.S. di Las Vegas da poco conclusosi. In attesa della Apple TV, che dovrebbe rivoluzionare il modo di guardare la televisione secondo la visione di Jobs, le grandi case sono in piena competizione per conquistare il salotto della case mondiali. Tante tecnologie per definire i nuovi standards delle prossime TV; Samsung, Sony, Panasonic, Toshiba, Sharp sono al lavoro per vincere questa competizione, chi si aggiudicherà questa corsa? 3D senza occhialini, comandi vocali o con gestures, connessione con i social network, internet ad alta velocità gli ingredienti per realizzare il televisore del terzo millennio. Vediamo cosa bolle in pentola e cosa diventerà, per noi, indispensabile nei prossimi dispositivi di intrattenimento casalingo.

Samsung ES8000

SAMSUNG – Il gigante coreano presenta il primo televisore interattivo del mercato. L’ES8000 è un TV LED 3D comandabile a voce o a gesti. Un software collegato ad una telecamera posta frontalmente sullo schermo,  riconosce i gesti delle braccia e del polso di chi è posto difronte allo schermo. Il riconoscimento vocale è ancora allo stato embrionale e necessita miglioramenti. La telecamera frontale permette il riconoscimento facciale e funge da chiave di accesso per entrare nei social network. Un apposito slot posteriore rende questo TV aggiornabilinni futuro per risentire di meno della vetustà tecnologica.

LG LM9600

LG – Intrattenimento e interattività sono gli elementi su cui punta con il suo LM960V. Il TV è comandabile si vocalmente che con le gestures. Il telecomando funge da microfono e con la Magic Gesture i movimenti del polso e del braccio diventano comandi per cambiare canale, spegnere, accendere e altre funzioni programmabili. Inoltre, la funzione Dual Play è una funzione specificatamente studiata per gli incalliti dei videogames.

Toshiba ZL2

TOSHIBA – altissima risoluzione e 3D senza occhialini. L’LZ2 è il primo televisore con schermo 3D che non richiede l’uso di occhialini. Un particolare pannello dotato di sensori orientabili, segue il volto degli utenti per mantenere l’effetto stereoscopico. Inoltre, la tecnologia 4K innalza la risoluzione di 4 volte rispetto ai normali schermi HD, realizzando una definizione e un contrasto senza confronti.

Sony Bravia Crystal Led

SONY – il colosso giapponese, punta invece sul design, sul 3D, sulla connessione wi-fi, sull’accesso ai social network ed a Skype e, infine, alla piattaforma di intrattenimento della Playstation, la Sony Entertainment network. Questo TV presenta una novità assoluta: infatti non è un OLED ne un LED TV, ma un CRYSTAL LED. Questo lo rende unico. Gli altri schermi, sono retroilluminati da LED, mentre nel Crystal ogni pixel è costituito da LED che contengono al loro interno altri tre elementi LED. Risultato? Nero assoluto e profondità dei colori elevatissima.

Panasonic VT50

PANASONIC – la casa giapponese si afferma sempre di più come la regina per i televisori con tecnologia al plasma. Il VT50 sarà commercializzato in due formati, 55″ e 65″; tutti i modelli integreranno il pannello Infinite Black Ultra che permette di ottenere neri più profondi della “vecchia” NeoPDP, convertitore 2D/3D, certificazione THX, telaio ultrasottile (22mm) e materiali pregiati come vetro e metallo.

Sharp 208k20tv

SHARP – qui si punta sulla dimensione. Grandi, anzi grandissimi schermi cinema. 80 pollici per un’esperienza incredibilmente realistica. Tecnologia 4K per valori di risoluzione quattro volte superiori all’HD, profondità dei colori che sfidano la natura. Design ultraslim e tecnologia a LED ma soprattutto “green”. L’80 pollici è certificato classe A++.

Chi sarà il campione? Sony, Samsung, Sharp oppure un terzo incomodo come Apple interverrà a rompere gli equilibri di un mercato sempre più agguerrito e dinamico. Solo il tempo potrà darci una risposta.

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Apr 132012
 

LA STORIA

La tecnica denominata Float Glass o vetro galleggiante, rappresenta il procedimento che viene utilizzato industrialmente, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, per la produzione di vetro piano (o in lastre) sostituendo il precedente metodo della tiratura. Prima del float glass, infatti la realizzazione di lastre piane avveniva attraverso un procedimento molto costoso che, consisteva nel realizzare la lastra per colata, estrusione o laminazione e le superfici, di conseguenza, non avevano le facce otticamente parallele, dando origine alle caratteristiche aberrazioni visive. Il parallelismo veniva ottenuto successivamente attraverso un’operazione di lucidatura meccanica, con un notevole aumento dei costi.

Vetro tirato

Grazie ad Alastair Pilkington e a Kenneth Bickerstaff, fu sviluppato con successo il primo metodo commerciale per la fabbricazione di vetro piano di alta qualità a basso costo, quello che oggi è chiamato Vetro float. Il tentativo di Pilkington era quello di trovare un modo per lisciare il vetro su entrambe le superfici senza ricorrere a costosissime operazioni di molatura meccanica. L’intuizione fu quella di far galleggiare il vetro fuso su un bagno di stagno fuso. Il vetro galleggiando forma una superficie liscia su entrambi i lati.

IL PROCEDIMENTO

Impianto per la produzione del vetro float

In questo processo, la pasta vitrea, proveniente dal crogiolo alla temperatura di 1100 °C, assume forma perfettamente piana in un forno a tunnel la cui base è formata da un letto di 7cm di stagno fuso. In questo forno, l’atmosfera è ricca di azoto e idrogeno, il cui scopo è evitare che il vetro durante la cottura e il successivo raffreddamento si ossidi. Ma vediamo quali sono le fasi principali di questo metodo.

Inizialmente, vengono caricate nel forno le materie prime:

  • UN VETRIFICANTE – sabbia silicea (70/74%);
  • UNO STABILIZZANTE – carbonato di calcio (12/13%);
  • UN FONDENTE – solfato di sodio (12/13%).

In questa zona di ingresso, il controllo della temperatura è importantissimo. Termometri a raggi infrarossi controllano che questa si mantenga all’interno di valori precisi, al fine di evitare di deteriorare rapidamente le termocoppie di cottura del forno (date le alte temperature operative).

La miscela di materie prime, opportunamente dosate in un silo, attraverso un nastro trasportatore giunge alla fornace di fusione, dotata di 5 camere, dove questa, viene portata alla temperatura di circa 1300 °C.

Uscendo dalla fornace di fusione, il vetro ormai fuso viene portato nella sala di galleggiamento dove viene versato su una superficie di stagno fuso, alla temperatura di circa 1000 °C. Il vetro che, a questa  temperatura è molto viscoso e lo stagno che invece è molto fluido non si mischiano e la superficie di contatto tra i due elementi risulta piana e liscia. Il vetro forma così un nastro di circa 3 metri di larghezza, con uno spessore che può esser fatto variare da 2 a 19 mm. Lo stagno leviga la superficie inferiore del vetro per contatto diretto, mentre la parte superiore si appiattisce per gravità essendo ancora allo stato semifuso. Lo spessore del nastro di vetro float è determinato dalla velocità di rotazione dei rulli, detti top, situati ai bordi della vasca. Un rallentamento dei top determina una stesura del vetro liquido a minore velocità e la formazione di un nastro di vetro di maggiore spessore.

Alla fine di quest’ultima fase, la temperatura del vetro è di circa 600 °C ed entra, ormai allo stato solido, in una camera di ricottura passando su una serie di rulli. Questa fase del processo, serve a modificare le tensioni interne facendo in modo che il nastro di vetro, reso assolutamente piano, possa essere tagliato in lastre senza problemi. Viene quindi sollevato e posto in un tunnel di raffreddamento.

Segue la fase di taglio trasversale del vetro in lastre (in genere di 6m di lunghezza) e un ulteriore taglio longitudinale per rimuovere le tracce dei rulli. Le lastre di vetro Float sono disponibili solo negli spessori di 2, 3, 4, 5, 6, 8, 10, 12, 15 e 19 mm e in due versioni: normale, con la sua caratteristica leggera colorazione tendente al verde, ed extrachiaro, praticamente incolore e molto più costoso.

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Apr 122012
 

Articolo scritto da Diego Di Giovanni e Tommaso Licciardello della classe prima D.

Prefazione a cura del prof. Betto

Un’arte antica tramandata nel tempo, da generazione in generazione, apprezzata nel mondo, simbolo di un artigianato che conferma ancora, in alcuni settori, l’eccellenza del made in Italy. A trattare di questo tema sono stavolta i ragazzi della prima D della Dante Alighieri di Catania. Devo essere sincero è stato divertente leggere i loro elaborati e mai come questa volta il livello era in assoluto alto e interessante. Permane ancora in loro troppa dipendenza da Wikipedia nelle ricerche, ma nell’elaborazione e nella ricerca di una soluzione informatica, alcuni si sono distinti. E’ per questo che ho scelto il lavoro di Diego e Tommaso, per l’originalità nella costruzione e nella rappresentazione del tema. Ottimo il powerpoint, buone le foto trovate, interessante la trama del racconto. Vi invito per questo a leggere ancora una volta un articolo da educazionetecnica.com, realizzato da giovani scrittori, i vostri figli. Buona lettura.

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Storia del vetro

Il vetro ha origini molto antiche e ancora oggi è difficile stabilire con certezza quale popolo possa vantarne la scoperta, che probabilmente avvenne per invenzione fortuita. Secondo un’antica leggenda fenicia, tramandata da Plinio, alcuni mercanti, tornando dall’Egitto con un grosso carico di carbonato di soda, si fermarono una sera sulle rive del fiume Belo per riposare. Non avendo pietre a disposizione su cui collocare gli utensili per la preparazione delle vivande, presero alcuni blocchi di salnitro e vi accesero sotto il fuoco che continuò a bruciare per tutta la notte. Al mattino i mercanti videro con stupore che al posto della sabbia del fiume e del carbonato di soda vi era una nuova materia lucente e trasparente.

La leggenda contiene delle verità sulla composizione del vetro e sulla diffusione di questo materiale ad opera dei Fenici. Il vetro nasce dalla combinazione della silice, minerale contenuto nelle sabbie dolci, combinata con la calce; la fusione è favorita da una sostanza poco acida la soda: quest’ultima era ricavata nell’antichità dalle ceneri delle alghe o di piante costiere.

Storia del vetro di Murano

Da sempre la produzione dei vetri artistici rappresenta per la città di Venezia un’importante realtà economica.
Il più antico documento oggi a disposizione relativo all’arte del vetro risale al 982, e si tratta di un atto di donazione: in base alla data di questo scritto, nel 1982 si sono ufficialmente festeggiati i mille anni dell’attività vetraria veneziana. Molti documenti risalenti alla fine del 1200 testimoniano la concentrazione delle fornaci lungo il Rio dei Vetrai a Murano, dove ancor oggi si trovano i laboratori più antichi.
Realizzazione
La lavorazione del vetro si effettua a Murano fin dal lontano 1291, in quell’anno infatti tutte le fornaci presenti a Venezia vennero trasferite nell’isola a causa dei numerosi incendi che esse provocavano in città. La lavorazione del vetro richiede molti sforzi fisici e la resistenza al calore, poiché nelle fornaci si arriva ad una temperatura di circa 1000 gradi. Per la realizzazione artistica del vetro occorre una lavorazione prevalentemente manuale che richiede vari passaggi nella fornace, una particolare manualità, fantasia e senso artistico, oltre a segreti del mestiere che vengono tramandati da maestri vetrai.

Vetro ricchezza inesauribile

Il vetro è uno dei materiali più facilmente riciclabili e meno tossici. Ogni giorno noi utilizziamo molti oggetti di vetro, come bottiglie, bicchieri; il vetro è utilizzato anche nelle industrie;
La produzione del vetro (circa 3.000.000 di tonnellate annue) risulta per più di un terzo realizzata con vetro riciclato;
Nell’arco di 9 anni (dal 1998 al 2007) il tasso di riciclo di vetro è passato dal 39% al 60,4%, gli obiettivi fissati al 2008 sono stati realizzati e raggiunti con un anno di anticipo dal 2000 al 2007 la raccolta differenziata nazionale dei rifiuti di imballaggi in vetro è passata da 997.000 tonnellate a 1.400.000 tonnellate.
Dati riciclo vetro anno 2010Grafico
Apr 112012
 

YOUM, non si tratta di un prodotto commestibile molto appetitoso, ma del nuovo brevetto di Samsung, la casa coreana famosa per i suoi TV LED 3D e per la sua linea di smartphone che competono con quelli di Apple. YOUM è una nuova tecnologia per display AMOLED che rende questi ultimi flessibili. Altra caratteristica strepitosa di questi nuovi schermi e che oltre ad essere più sottili e leggeri degli AMOLED e dei LCD-TFT, saranno praticamente  indistruttibili.

Un classico display LCD è composto da sei strati di cui due in vetro. Quelli OLED da quattro strati, ancora due dei quali realizzati in vetro. I display YOUM saranno realizzati con quattro strati ma utilizzeranno una pellicola per la base di incapsulamento ENCAP e il TFT, il che lo renderà più resistente e ne permetterà una maggiore flessibilità.

La produzione di questo nuovo tipo di display inizierà quest’anno e i primi dispositivi che adopereranno questa tecnologia dovrebbero vedere la luce a fine 2012 o al massimo inizio 2013. Pare, inoltre, che il primo dispositivo ad utilizzare questa nuova tecnologia flessibile, sarà il  Galaxy S III che la società coreana dovrebbe annunciare verso la metà di Maggio.

Questa tecnologia consentirà in futuro, di  arrotolare letteralmente  smartphone e tablet in modo da poter essere trasportati facilmente in giro all’interno della tasca dei pantaloni o di una borsa.

E la concorrenza? E’ agguerrita: Atmel ha presentato XSense, una tecnologia in grado di offrire touchscreen sensibili creati sfruttando anche in questo caso vari strati di pellicole per comporre lo schermo. L’azienda ha già annunciato che venderà XSense anche a terze parti a partire da Apple, LG e HTC.

Pare fantascienza, ma queste tecnologie sono reali e tra poco tempo saranno a disposizione di ognuno di noi. Arrotolare uno smartphone al polso come un bracciale o portarsi via il proprio tv come fosse un quadro non sarà più futuro ma realtà.

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GALLERIA

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Apr 042012
 

Il disegno si sa, è un linguaggio di comunicazione non verbale. Questo vuol dire che prescinde dalla parola; in pratica il disegno è sempre stato e sarà sempre un linguaggio universale, perché travalica le regole del linguaggio parlato.  Le regole, o norme, applicate al disegno, hanno incardinato i significati espressivi di questo metodo rappresentativo su binari comprensibili da tutti. Ma anche il miglior linguaggio, se non supportato da strumenti idonei perde molte delle sue peculiarità espressive e comunicative. Ecco perché, insieme all’importanza che gli strumenti del disegno (di cui abbiamo già parlato) hanno pian piano assunto, altrettanta importanza hanno assunto i supporti a questa tecnica descrittiva. Si è passati dal graffito sulle rocce a materiali più pregiati quale il legno, le tele o la terracotta. Ma la vera evoluzione del disegno nasce dalla ricerca che i popoli sin dal passato hanno sviluppato al fine di poter rappresentare e tramandare cultura, pensiero, tecniche, opere della propria società. Affrontiamo, quindi, questo viaggio nella storia alla ricerca dei supporti che l’uomo ha sviluppato per poter scrivere e disegnare; dall’antico papiro egiziano, alla pergamena, per finire con la moderna carta e i supporti sintetici e digitali.

IL PAPIRO

Gli Egizi si sono sempre distinti nell’antichità per le grandi capacità nelle scienze, nella matematica, e per il sistema evoluto di scrittura che svilupparono. Ma per trascrivere queste conoscenze necessitavano di supporti idonei e le risorse disponibili sul loro arido territorio non erano molte. La loro ricchezza derivava e deriva tuttora dalla grande madre, il fiume Nilo che attraversa tutto il paese. Sulle sue sponde cresce spontanea e rigogliosa una pianta, il papiro, da cui fu possibile con una tecnica relativamente semplice realizzare un supprto per la scrittura di notevole pregio. Questo supporto, maneggevole e abbastanza liscio veniva realizzato in rotoli (in latino volumen, da cui il termine volume) di larghezza ridotta, ma di notevole lunghezza. Grazie al papiro fu possibile sviluppare una scrittura complessa, i geroglifici e un disegno geometrico notevolmente preciso, che contribuirono allo sviluppo di questa scienza nel mondo antico.

Dalla pianta alla foglio per scrittura

Ma come facevano gli egizi da una pianta a realizzare un foglio per la scrittura? Il papiro, sotto la corteccia verde esterna, possiede un fusto bianchissimo la cui superficie essiccata era idonea a trattenere l’inchiostro. Gli egizi, tagliavano le piante e liberavano il fusto dalla corteccia; poi lo tagliavano, nel senso della lunghezza in listelli sottili. Le strisce così ottenute venivano accostate l’una all’altra sino a formare una superficie continua a cui veniva sovrapposta un altro strato in senso trasversale. I due strati, venivano lasciati ad essiccare al sole, in questo modo aderivano tra loro senza bisogno di colle e, una volta levigati, formavano un foglio compatto. Questi fogli, venivano poi ridotti nella misura desiderata in modo da formare un rotolo che veniva avvolto attorno a un bastoncino d’osso o di legno. La parte interna del rotolo, con le fibre disposte orizzontalmente, si chiama “recto”, mentre il lato opposto, con le fibre disposte verticalmente, si chiama “verso”. La scrittura veniva realizzata sul recto da sinistra a destra e dall’alto in basso in colonne parallele tra di loro. La lettura avveniva srotolando da sinistra verso destra e nel contempo riavvolgendo quanto srotolato e letto. La lunghezza del rotolo era variabile e dipendeva dallo scritto. Le opere più lunghe, infatti, richiedevano più rotoli.

Rotolo di papiro (schema)

Questo supporto vide la sua decadenza coincidere con il declino dell’impero egiziano e la sua annessione a quello romano. Inoltre, la crisi fu aggravata dalla scarsa reperibilità dimateria prima e per gli alti costi di produzione. Il papiro, permane comunque sia per i documenti che il tempo ha conservato, sia nel linguaggio parlato; si pensi, infatti, che in inglese carta si dice “paper” ed in francese “papier”.

LA PERGAMENA

Al declino del papiro, è corrisposta l’affermazione di un nuovo supporto per la scrittura, sviluppato per la prima volta nella città di Pergamo, da cui ha preso appunto il nome: la pergamena. Pergamo, nel II secolo a.C. possedeva una grande biblioteca che rivaleggiava per splendore e numero di testi con quella di Alessandria. Per la rivalità tra i re, l’Egitto smise di esportare il papiro e il re di Pergamo reagì commissionando la realizzazione di un nuovo supporto per scrivere. Il risultato fu la pergamena, telo ricavato dalla conciatura di pelli di capra o pecora, lisciate con pomice. Tale supporto, aveva  una superficie liscia e resistente, ma di piccole dimensioni di forma rettangolare, che poteva essere rilegato in libri (codici), molto simili a quelli attuali.

Pergamenaio

Ma come si produceva la pergamena? La pelle dell’animale, veniva immersa in una soluzione di acqua e calce per depilarla. Quest’ultima operazione avveniva su un apposito cavalletto “a schiena d’asino”: il pergamenaio. Con una lama non tagliente, il pelo dell’animale veniva staccato dal resto del tessuto. Poi la pelle veniva montata su un telaio e lasciata ad essiccare sotto tensione. Con abilità e precisione, l’artigiano utilizzando un particolare coltello a mezza luna, durante la fase di essiccazione provvedeva a togliere anche i residui di carne sul lato opposto a quello del pelo. Una volta asciutta la pergamena veniva staccata dal telaio e utilizzata.

A volte la pergamena subiva ulteriori trattamenti di raffinazione attraverso l’uso della pietra pomice, per ridurre la differenza di rugosità tra le superfici dei due lati del vello oppure, veniva trattata con sostanze coloranti al fine di renderla cromaticamente diversa.

LA CARTA

I primi segni della carta come la conosciamo oggi li ritroviamo nella Cina del II secolo a.C. Inizialmente questa carta veniva prodotta con la corteccia dell’albero del gelso della carta trattata con bastoncini di bambù. In seguito furono realizzati tipi di carta usando stracci, ma le notizie sono confuse perché la Cina era un paese chiuso. Solo nel 610 d.C. con la diffusione in Giappone e in Asia Centrale, le notizie cominciano a diventare più certe. La carta fu introdotta in Europa dagli arabi e pare che le prime cartiere furono realizzate a Balarm (Palermo) capitale del regno islamico in Sicilia. Infatti, in ogni capitale, gli arabi costruivano una cartiera per stampare il carteggio reale e come simbolo di grandezza e prestigio. Nel XII secolo vicino Bologna viene realizzata la prima cartiera in territorio cristiano ad opera di Polese da Fabriano che poi le diffonderà sul tutto il territorio nazionale. Le cartiere di Fabriano divennero famose per la qualità della loro carta. La materia prima erano stracci di lino messi a macerare e pestati fino ad ottenerne una pasta, da cui si ricavavano fogli mediante telai di rete metallica; pressati e messi ad asciugare i fogli venivano poi raschiati, battuti o rullati per lisciarne la superficie. L’aggiunta di colle animali rese i fogli più resistenti ai liquidi e quindi adatti alla scrittura. Da allora, innovazioni tecniche continue, hanno migliorato notevolmente la carta. La scarsa disponibilità della materia prima (gli stracci di lino), però, ne limitava l’uso per gli alti costi. Nella seconda metà dell’800, con la scoperta del processo di estrazione della cellulosa dal legno, si aprì la stagione per la produzione industriale della carta. Le scoperte nella chimica, permisero di migliorare e differenziare notevolmente la qualità della carta realizzando una moltitudine di tipologie per gli usi più disparati.

Con la macchina continua, il processo di produzione della carta diviene definitivamente industriale. Oggi una macchina di questo tipo, consente di produrre fino a 30 metri di carta al secondo per una larghezza di circa 10 metri, ossia 1500-2000 metri al minuto.

MATERIALI SINTETICI

La crisi dovuta alla deforestazione del pianeta ha indotto ad una nuova sensibilità sullo sperpero di carta e sulla necessità del suo riciclaggio. Lo sviluppo della chimica e le scoperte effettuate in questo campo hanno reso disponibili nuovi supporti ottenuti da polimeri, ossia dagli idrocarburi come il petrolio.

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