Signori, si parte. Con un pò di ritardo (ci perdonerete per questo), ma anche nella nostra scuola si avvia la sperimentazione delle Classi 2.0.
Però, prima di entrare nel merito, molti di voi si staranno chiedendo cosa sono le Classi 2.0.
Il Ministero nelle sue note introduttive scrive “L’azione Cl@ssi 2.0 intende offrire la possibilità di verificare come e quanto, attraverso l’utilizzo costante e diffuso delle tecnologie nella pratica didattica quotidiana, l’ambiente di apprendimento possa essere trasformato.“.
In pratica, attraverso l’uso di nuove tecnologie si sperimentano nuovi traguardi di insegnamento più vicini alle nuove generazioni. Azione che mette in gioco soprattutto gli insegnanti di una scuola, quella italiana, che non brilla certo per innovazione. Classe 2.0 non vuol dire soltanto usare il computer in classe; vuol dire sperimentare nuove forme di insegnamento, nuove procedure, nuovi strumenti di lavoro. Vuol dire scardinare il processo comunicativo e se possibile in alcuni casi invertirlo. L’allievo non deve essere più lo spettatore passivo di questo processo, ma una parte integrante della lezione, deve essere lui stesso lezione. La collaborazione con l’insegnante e con i compagni nella costruzione di un percorso apprenditivo, lo lega indissolubilmente a questo, rendendolo una sua parte. L’alunno, non ascolta la lezione, ma la fa, la crea insieme agli altri attori di questo spettacolo che sono i compagni e gli insegnanti. Computer, LIM, tablet, internet, sono non più un corollario a questa attività, ma gli strumenti attraverso cui realizzarla. Social network, programmi di messaggistica, cellulari, sono i mezzi con cui questa generazione interagisce e realizza i propri processi comunicativi e di socializzazione. Ed è attraverso questi strumenti che una scuola moderna e avanzata, deve realizzare il suo percorso di avvicinamento alle nuove generazioni di nativi digitali.
Nasce così, sulla scorta di altre sperimentazioni già realizzate in Europa, il progetto Classi 2.0. Si tratta di un processo che si attiva a diversi livelli e non soltanto a quello dell’insegnamento/apprendimento. Si tratta di un processo che coinvolge le scuole nella loro autonomia, nel piano dell’offerta formativa che si vuole fornire al territorio. Un’innovazione centrata non tanto sulla tecnologia e i suoi strumenti, ma sulle dinamiche che questo processo è in grado di innescare sul territorio.
Gli insegnanti sono chiamati, perciò, ad un arduo compito. Debbono mettersi in gioco; smontare la propria struttura metodologica e sperimentare. Usare la propria esperienza didattica per imparare la tecnologia avendo sempre in mente lo scopo didattico delle scelte effettuate quando si prova a costruire una lezione con modalità nuove.
Bisogna partire dal principio che quello che si insegna è fondamentalmente sempre uguale, mentre sono sempre diversi i soggetti con cui si interagisce e la realtà che li circonda.
Gli strumenti tecnologici richiesti all’interno di una Classe 2.0, non sono la soluzione a tutti i problemi, ma i mezzi concreti con cui un docente può accorciare le distanze che lo separano dalla società digitale verso cui ci stiamo dirigendo.
2.0 ALLA DANTE
E’ sulla scorta di queste premesse che anche noi della Dante iniziamo quest’anno la sperimentazione. Abbiamo deciso di aggiornare la nostra offerta formativa con strumenti nuovi quali le Classi 2.0, appunto, i registri elettronici e le LIM nelle classi. Come in ogni percorso nuovo e sconosciuto, anche noi siamo consapevoli degli errori e dei ritardi che questo potrà causare, ma era giusto partire e provare sul campo questi nuovi percorsi che tanto successo e risultati stanno dando in altri paesi.
Una classe, la prima H composta da 22 alunni, un cablaggio specifico dell’aula, dei computer portatili in comodato d’uso, una LIM touch, software didattici e tanta buona volontà sono gli strumenti con cui questo Consiglio di Classe si è armato ed è partito. Ci consideriamo dei pionieri, ma speriamo di riuscire a raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati e di poter, dall’anno prossimo iniziare a condividere con altri colleghi, i risultati di questa sperimentazione.