Ago 052016
 

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L’uso dei robot in sostituzione dell’uomo soprattutto per quelle situazioni pericolose è sempre stato un obiettivo che in diversi hanno perseguito. Negli ultimi anni, la robotica e l’intelligenza artificiale hanno fatto enormi passi avanti e la realizzazione di un robot capace di sostituire in tutto e per tutto le persone è sempre più vicino.

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Nel 2015 in California è stato protagonista per la prima volta Hubo, un prototipo di robot tuttofare creato dalla coreana Kaist e dall’istituto di ricerca Daejeon. Si tratta di una unità cibernetica molto somigliante ad un essere umano: alto un metro e 70 per 80chilogrammi di peso, Hubo è realizzato totalmente in alluminio.

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Nel 2015 in California ha vinto il prestigioso premio Darpa Robots Challenge dove ha sbaragliato la concorrenza. Riesce agevolmente ha compiere la maggior parte delle azioni umane, come guidare un autoveicolo, salire e scendere le scale, correre, camminare su pendii scoscesi e accidentati, inginocchiandosi sui suoi cingoli o camminando sulle gambe metalliche.

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Ancora qualche problema di gioventù persiste, infatti Hubo, non è in grado di rialzarsi da solo da una caduta e non riesce a decidere autonomamente sulla sequenza delle operazioni da effettuare. Ma a questo si può ovviamente rimediare: alle cadute serve comunque un operatore umano, ma lui riesce ad attutire il colpo e evitare danni catastrofici, mentre per la sequenza di azioni è comanda bile in remoto da un operatore umano che lo indirizza a svolgere l’azione prioritaria.

Hubo è già in vendita alla modica cifra di 500mila dollari e le sue vendite procedono speditamente. Già 25 modelli consegnati.

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https://www.youtube.com/watch?v=BGOUSvaQcBs
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Ago 042016
 

Basti pensare ai Pokemon che in pochissimo tempo hanno conquistato il mondo video ludico per capire come alcune tecn0logie, figlie di un’intuizione azzeccata possano creare mode, dare dipendenza, cambiare il modo con il quale noi interagiamo con ciò che i circonda.

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A Londra, sulla scia di una innovazione del momento, la stampa in 3D, è stato aperto il primo ristorante in 3D FoodInk. Qui, tutto ma proprio tutto, incluso il cibo sono ottenuti attraverso l’uso di stampanti tridimensionali.

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Tavolo, posate, piatti e bicchieri sono stampati in tempo reale per l’uso all’interno del locale. Anche il cibo, una selezione di piatti a metà tra la cucina tradizionale è quella molecolare, è ottenuto tramite stampanti apposite che plasmano le pietanze utilizzando prodotti da cucina al posto delle resine. I piatti del menù sono per il momento solo 9 e la stampante è realizzata dalla byFlow, azienda specializzata nel settore.

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I commensali che hanno potuto provare queste delizie culinarie sono stati pochi e selezionati clienti, ed hanno dovuto sborsare la non indifferente cifra di 264 euro per la cena in 3D.

Questo progetto innovativo ha avviato il suo tour promozionale a Londra, ma presto sarà allestito anche a New York, Berlino, Dubai e Seoul in Korea. In Italia il ristorante 3D è atteso per il mese di ottobre di quest’anno probabilmente nelle città di Roma e poi di Torino.

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Ago 032016
 

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Una grande equipe formata da neuro scienziati di diversi e prestigiosi istituti medici, quali la Washington University Medical School, il John Radcliffe Hospital, l’Imperial College di Londra, la Nuffled Department of Clinical Neurosciences di Oxford, ha portato a termine la prima parte di un grande studio sul cervello umano definito dal suo promotore lo scienziato Matthew F. Glasser la versione 1.0 dello studio.

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Si tratta di una mappatura dettagliatissima del cervello umano; utilizzando scanner avanzatissimi e algoritmi di intelligenza artificiale gli scienziati sono riusciti ad evidenziare circa 100 nuove aree del cervello utilizzate durante specifiche azioni. Un gruppo 1200 soggetti, si sono sottoposti ai test durante i quali gli scienziati hanno immagazzinato una enorme mole di informazioni che poi avanzatissimi computer hanno analizzato e tradotto in immagini tridimensionali. Le azioni svolte dai soggetti andavano dalle normali conversazioni a test di memoria alla soluzione di problemi di logica e matematica. Durante queste attività gli scienziati hanno misurato, ad esempio, il livello di mielina che isola i neuroni del cervello.

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Matthew F. Glasser è fiducioso che grazie alla collaborazione di tanti tester e il miglioramento degli algoritmi e degli strumenti di analisi sarà possibile raggiungere livelli di conoscenza ancora più approfonditi per portare ad un nuovo livello la conoscenza del cervello umano.

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Ago 022016
 

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Si chiama Watson Internet of Things for Automotive ed è un sistema di intelligenza artificiale sviluppato da IBM e servirà da guida per Olli, il primo automezzo a guida autonoma multi passeggeri che la Local Motors sta testando per le strade di Washington in USA. Il progetto, nasce per automatizzare il sistema dei trasporti all’interno della metropoli e ridurre sensibilmente il traffico di terra in modo da rendere la città più vivibile.

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Ma Olli non è soltanto questo; è la prima versione di un veicolo totalmente stampato in 3D. Avevamo da poco parlato del primo edificio stampato interamente in 3D (UNA CASA DALLA STAMPA 3D) ed ora arriva Olli, questo mini bus dosato di intelligenza artificiale, capace di guidare in totale sicurezza per le strade cittadine e di interagire con i passeggeri fornendo loro risposte sul percorso, i luoghi di interesse, fornire informazione su ristoranti e negozi di ogni genere lungo il percorso o nelle vicinanze.

Incredibile ma vero Olli può essere stampato in sole 10 ore e assemblato in altri 60 minuti in questo modo abbattendo tempi di produzione e costi.

Lo scopo del CEO della Local Motors è quello di creare delle mini fabbriche sparse sul territorio in modo da sopperire alle richieste locali sia in termini di produzione che di riparazione.

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Dotato dell’intelligenza artificiale di Watson e di una trentina di sensori di posizione, Olli, evoluzione di Strati, la prima auto 3D prodotta dalla Local, si farà presto spazio sulle nostre strade.

I test sono già iniziati a Washington, ma presto vedremo questo mini bus elettrico solcare le strade di Miami, Canberra, Berlino, Las Vegas e Copenaghen.

https://www.youtube.com/watch?v=nEvFWaDwibg
Ago 012016
 

Il fenomeno dell’elettricità è sempre legato a quello del calore. Sappiamo benissimo che l’energia non si crea e non si distrugge ma si può solo trasformare, ossia passare da una forma ad un’altra. Per questo motivo, in presenza di elettricità è anche presente calore. Questo diventa un grosso problema, sia progettuale che costruttivo per la realizzazione dei nostri dispositivi elettronici. A chi non è mai capitato che il proprio smartphone si blocchi inviandoci il messaggio per cui la temperatura operativa è troppo alta e che quindi deve raffreddarsi; oppure basti pensare alle ventole incluse nei nostri computer il cui compito è mantenere la temperatura del processore e dei componenti entro determinati limiti operativi.

Progettare questi sistemi di raffreddamento o di dissipazione di calore non è assolutamente semplice e bisogna utilizzare materiali in grado di poterlo fare.

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Dal Georgia Institute of Technology e al genio del ricercatore Baraonde Cola, dobbiamo la realizzazione di un nuovo materiale, derivato dalla silice della sabbia che opportunamente modificata offre incredibili effetti dielettrici (isolante).

Ovviamente non si tratta della semplice sabbia che tutti conosciamo ma di particelle di diossido di silicio ricoperte con un polimero di glicol etilenico che fa da isolante.

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Questo polimero possiede una grande proprietà conduttiva, migliore di molti altri materiali utilizzati in campo elettrico, ma ha anche capacità dielettriche.

La scelta di questi materiali è stata effettuata dal gruppo di ricerca perché rappresentava un giusto compromesso tra risultato e costo. Il team aveva già provato con altri materiali, come ad esempio ricoprire il diossido di silicio con dell’acqua, ma il risultato non era stato altrettanto soddisfacente. Ricoprendo, invece, con il glicol etilenico si è aumentata enormemente la capacità di trasferire calore.

Il principio alla base di questa soluzione è un vecchio studio condotto anche con la collaborazione dall’Air Force Research Laboratory e dall’Aviazione Statunitense relativamente al comportamento dei polaritoni fotonici di superficie. Un polaritone, come descrive Wikipedia è “una quasiparticella risultante dall’accoppiamento di un eccitone con un fotone che si comporta come un bosone“. Quando la dimensione del materiale è inferiore ai 100 nanometri, le proprietà superficiali del materiale dominano su quelle generiche così che i fotoni di calore possono scorrere da una particella all’altra su di un substrato se stimolate da onde elettromagnetiche. Questo accade con l’uso delle onde elettromagnetiche della luce.

Questo complesso sistema di funzionamento delle particelle superficiali in alcuni materiali ha suggerito al team di ricercatori la possibilità di utilizzare questa proprietà per dissipare calore. Il team di Cola è riuscito a dimostrare che l’effetto dissipante si verifica anche quando si aggiunge calore (come avviene normalmente in un componente elettronico) senza utilizzare le radiazioni elettromagnetiche della luce.

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In pratica, si crea un campo elettrico attorno alle nanoparticelle partendo dalla radiazione termica. Utilizzando il glicol etilenico per ricoprire le nanoparticelle di diossido di silicio, si è accresciuto di ben 20 volte il potere dissipante ossia la capacità di trasferire il calore del materiale.

Il glicol etilenico potrebbe essere utilizzato, ricoprendo le parti elettriche scaldanti, per dissipare il calore dei circuiti elettronici, con l’ulteriore vantaggio di fornire un perfetto isolamento termico.

Le ricerche, però, sono ancora in corso perché questa soluzione non è esente da problemi. Ad esempio riempendo di questa resina un componente elettronico si avrebbe il problema per le eventuali manutenzioni, inoltre, il glicol etilenico col tempo tende ad evaporare.

Quindi gli studi procedono con l’intento di riprodurre gli effetti vantaggiosi sin qui dimostrati, ma avendo come obiettivo la sostituzione del glicol etilenico con qualche altro materiale.

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