Spreco, consumismo, ambiente, energia, sono parole che oggi riecheggiano spesso sulla nostra bocca e attraverso i media. Non passa giorno infatti che non ci venga ricordato da quel notiziario, piuttosto che da un documentario come la nostra società sia oramai la società del consumismo sfrenato e da ogni parte ci vengono proposte ricette miracolose per riportare il mondo a valori oramai perduti.
In realtà, non so quanto questo possa essere fattibile una volta che il processo è avviato, certamente è possibile, invece, modificare alcune abitudini in modo lento ma progressivo per migliorare la situazione e forse per avviarci verso un percorso più virtuoso.
Tra gli oggetti rappresentanti questo processo consumistico, il frigorifero e la conservazione del cibo ne sono diventati dei riferimenti. Congelamento e refrigerazione hanno cambiato le nostre abitudini alimentari e il nostro comportamento. Acquistiamo molto più cibo del necessario perché a lunga conservazione e perché possiamo mantenerlo per parecchio tempo all’interno del nostro elettrodomestico. A volte proprio per questo motivo, sprechiamo alimenti perché acquistiamo più di quello che in realtà riusciremo a consumare, o perché lo dimentichiamo in un angolo nascosto al suo interno.
Inoltre il frigo resta connesso alla rete tutto il giorno tutti i giorni diventando una fonte di consumo enorme per le famiglie. Si stima che un frigorifero arrivi a consumare ben 300 kw l’anno.
Partendo da queste considerazioni, ci si è posti la domanda “se è possibile tornare indietro” e fare a meno di uno degli status della nostra società.
Da più parti nel mondo si sono avviate sperimentazioni e studi in tal senso, con lo scopo di verificare se l’assenza di questo strumento possa essere in qualche modo praticabile. Vediamo quelli ritenuti più significativi.
LE MENSOLE D’ARREDO DI JIHYUN RYOU |
Degno di nota, è lo studio del designer coreano Jihyun Ryou intitolata appunto Save the food from the fridge. Il designer, ha mosso la sua ricerca dall’osservazione e dallo studio delle tecniche utilizzate dai suoi antenati e dalle tecniche utilizzate capaci di consentire la conservazione degli alimenti per periodi di tempo lunghi in assenza di frigorifero. Inoltre, attingendo dalla biologia e dalla chimica, ha concepito un sistema di mensole e contenitori, capaci di raccogliere e sfruttare tutte queste conoscenze antiche e moderne.
Il progetto si compone, come detto, di mensole, studiate apposta per garantire la massima efficienza nella conservazione. Ad esempio, una mensola è adibita specificatamente alla conservazione delle mele e delle patate. Il motivo è semplice: le mele producono etilene che previene la germinazione degli organismi vegetali, in questo modo, le patate, disposte in uno scomparto chiuso e privo di luce, si mantengono inalterate per moltissimo tempo senza germinare a causa dell’etilene prodotto dalle mele poste sopra.
Un altro sistema di mensole, per le carote e altri tipi di radici, è concepito per mantenere questi ortaggi nella loro posizione naturale, ossia in verticale. E’ stato dimostrato che conservarli in questa posizione ne garantisce una conservazione più lunga e comunque più fresca.
Per quanto riguarda frutti e ortaggi ricchi d’acqua come zucchine, cetrioli, melanzane, Ryou a progettato una mensola dotata di un contenitore d’acqua sottostante da annaffiare regolarmente; questo consente di creare un ambiente umido e ideale per una conservazione più duratura e rigogliosa degli stessi.
Un’altra mensola è studiata per verificare la freschezza delle uova. In un contenitore pieno d’acqua lo immergiamo e se l’uovo galleggia significa che è ancora fresco, altrimenti è da eliminare.
Infine Ryou, ha progettato una mensola per le spezie nella quale trova posto anche il riso che, con le sue proprietà igroscopiche, è in grado di assorbire l’umidità presente nell’aria circostante e preservare le stesse dalla formazione di grumi.
In Africa, eliminare il frigorifero si può. Uno studioso Nigeriano, Mohammed Bah Abba, ha rielaborato un antico sistema utilizzato nell’antico Egitto che consente di conservare in luogo fresco e asciutto anche per parecchio tempo il cibo attraverso l’uso di materiali di facile reperibilità.
Il progetto, chiamato Zeer, è costituito da due vasi di terracotta di dimensione differente posti uno dentro l’altro separati da un’intercapedine riempita da sabbia umida. La sabbia ha la funzione di isolante e consente alla temperatura del vaso interno più piccolo di scendere di alcuni gradi rispetto a quello esterno.
Si inserisce il cibo fresco, soprattutto frutta, all’interno del vaso piccolo e si copre il tutto con un panno umido. Questo sistema, consente di conservare fino a 12 kg di frutta per un periodo di 40 giorni. Bisogna, però, ricordare che il sistema non è adatto ai climi umidi, ma funziona benissimo in quelli caldo secchi tipici dell’Africa.
FREEIJIS IL FRIGORIFERO A ZERO ENERGIA
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Questa volta si tratta di un progetto della italianissima Caterina Falleni, diplomata all’ISIA di Firenze con tante esperienze condotte all’estero soprattutto in Africa e vincitrice di diversi premi nazionali e internazionali per il design tra cui il concorso Axelera Global Competition che le ha permesso di studiare nell’ambitissimo Centro di Ricerche della Nasa, la Singularity Univerrsity negli Stati Uniti.
La nostra ricercatrice, oramai emigrata all’estero, ha presentato come tesi di I livello in Disegno Industriale “Freeijis“, un oggetto nato dall’esperienza sui materiali e sulla biologia dei cibi e della conservazione.
Il nome Freeijis, nasce dalla contrazione di diverse parole; la parola inglese “free” (indipendente, disponibile, chiaro) e “friji” che in lingua swahili significa fresco e puro ed “S”, l’entropia. L’entropia (dal greco “punto di svolta”, “cambiamento”) per lo scienziato Clausius che la coniò, indicava il luogo dove andava a finire l’energia fornita ad un sistema.
Freeijis, come il sistema Zeer visto precedentemente, non utilizza energia per refrigerare il cibo, bensì un sistema di evaporazione dell’acqua contenuta tra due contenitori uno interno in alluminio ed uno esterno in terracotta. Il principio su cui si basa Freeijis è lo stesso che usa il corpo umano con la sudorazione per abbassare la propria temperatura.
Il concept di questo oggetto, nell’idea della sua creatrice, è quello di fare in modo che una cultura della conservazione intelligente e del risparmio energetico, si diffondano in maniera sempre più capillare tra i consumatori. La diffusione di strumenti del genere, possono di fatto portare ad un grande risparmio energetico, oltre che al ritorno di abitudini alimentari che fanno riferimento a freschezza e genuinità del cibo.
Il progetto è stato prototipato con la collaborazione di due aziende di Faenza, l’officina meccanica Valmori e la Bottega Ceramica Morigi.