Ago 302017
 

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E’ un progetto avveniristico, fantastico e visionario, ma il suo creatore Marco Attisani, un italiano alla guida di un team di 35 ingegneri ci crede profondamente al punto di essere sicuro di passare alla storia. Ma cos’è Walty? E cosa c’entrano acqua, elettricità e internet?

Tutto nasce dalle considerazioni fatte dalla World Health Organization che afferma come nel prossimo futuro circa un miliardo di persone nel mondo non avranno accesso a fonti di acqua potabile e 33 nazioni dovranno fare i conti con stress idrico definito di livello estremamente alto.

Inoltre, due miliardi di persone non avranno accesso all’elettricità e peggio ancora 5 miliardi saranno tagliati completamente fuori dalla connessione alla rete internet.

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La World Health Organization ha inoltre emesso altri comunicati in merito alle necessità mondiali nel prossimo futuro con particolare riferimento ai beni primari. Il 70% della superficie terrestre è vero, è ricoperto di acqua, ma di questa ben il 97% è salata, quindi non potabile. Del restante 3%, il 2% è congelata nei ghiacciai ai poli e solo il restante 1% è dolce, quindi, potabile. Ma la cosa drammatica è che di questa residuale percentuale, necessaria a sfamare il mondo, circa il 70% subisce delle contaminazioni varie che la rendono pericolosa per la salute umana provocando nel mondo ogni anno la morte di migliaia di persone.

Gran parte della popolazione non ha accesso all’elettricità attraverso fonti pulite finendo per utilizzare legna, carbone e residui da colture che emettono sostanze nocive nell’atmosfera provocando altro inquinamento.

Infine, ci informa che la mancanza di connessione alla rete internet, significa per chi ne è sprovvisto, la mancanza di accesso al futuro.

Walty nasce da tutto questo. E’ un sistema in grado di purificare l’acqua da qualunque inquinante e nel far ciò, questo sistema, riesce a produrre elettricità e fornire connessione internet in quei luoghi ove questi beni non sono disponibili come nei paesi del terzo mondo.

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Watly, è una lunga macchina, circa 35 metri che pesa qualcosa come 10 tonnellate. E’ modulare, nel senso che differenti elementi possono essere collegati tra di loro formando una rete. Il costo è elevato, ma i risultati prodigiosi; si parla di 2 o 3 milioni di euro a seconda la configurazione scelta. Per produrla sono necessari circa nove mesi ma solo 5 giorni per installarla.

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Watly sfrutta un principio fisico chiamato distillazione a compressione di vapore, considerata attualmente come una delle più efficaci tecniche per la purificazione e desalinizzazione delle acque. Questo modulo, si alimenta ad energia solare tramite pannelli fotovoltaici, non richiede carburanti di alcun genere e riesce efficacemente a purificare l’acqua da qualunque tipo di contaminazione sia fisica, che chimica che batteriologica. Desalinizza l’acqua oceanica, elimina tutti i batteri patogeni e i microorganismi in essa presenti, parassiti, funghi, rimuove sostanze inorganiche e veleni come l’arsenico, piombo, mercurio, benzene, cloro ed altre sostanze ritenute le principali responsabili del suo inquinamento. Riesce anche purificare l’acqua con presenza di radioattività. L’acqua prodotta è acqua distillata debolmente mineralizzata, le cui proprietà possono essere modificate in base alle esigenze del paese di installazione.

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Watly riesce a purificare circa 10.000 litri di acqua al giorno generando come effetto di questo processo, circa 100 chilowatt di elettricità nello stesso tempo. Realizza in questo modo una sorta di batteria off-grid che può immettere sulla rete tutta l’energia prodotta; un insieme di questi moduli può consentire la realizzazione di una vera e propria centrale elettrica (un network) da utilizzare in quei luoghi dove non è possibile far giungere la normale rete di distribuzione.

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L’idea di Watly è venuta a Marco Attisani sulla spinta dei precedenti fallimenti. Aveva creato diverse start-up con l’idea di realizzare qualcosa di rivoluzionario, ma i progetti si erano arenati senza portare a grandi risultati. Allora, egli, ha rivolto le sue attenzioni ai sistemi per la depurazione delle acque marine senza l’uso di combustibili fossili e nel 2013 è nata la prima versione di Watly.

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Prima versione di Watly

Resosi conto che non esisteva un sistema simile al mondo ha contattato un ingegnere termodinamico su amico, Stefano Buiani, è hanno dato un’accelerazione a questo innovativo progetto.

La bontà del progetto, è stata subito comprovata dai  riconoscimenti raccolti, come il Premio Marzotto e il Search On Media Group al Web Marketing Festival di Rimini. Inoltre, sono stati stanziati fondi per 2 milioni di euro da Horizon 2020 e il progetto Watly è stato inserito nel programma dell’European Space Agency.

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https://vimeo.com/128782376 https://vimeo.com/123499701
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Ago 242017
 

Nella ricerca finalizzata alla realizzazione di nuovi tessuti, di nuove fibre in grado di possedere caratteristiche migliori, sono spesso stati presi in considerazione i ragni e le proprie magnifiche realizzazioni. Le ragnatele, infatti, hanno proprietà meccaniche straordinarie, ma gli studi condotti fino a qui non hanno portato a nessun risultato tale da giustificarne il loro utilizzo. Si è tentata anche la via dell’allevamento, cercando di raccogliere questi animali in luoghi idonei, come si fa per i bachi da seta; ma l’operazione si è dimostrata impossibile perché i ragni tendono a divorarsi reciprocamente.Ragnatela01

Ma cos’è e com’è fatta una ragnatela? Si tratta di una sottile tela costituita da microscopici fili di materiale viscoso e non viscoso prodotti dalle loro ghiandole interne, chiamate seritteri. Ciò che risulta incredibile di questa secrezione, è l’estrema resistenza. Una ragnatela può infatti essere paragonata a un buon acciaio, ma con una densità 5 volte minore, per cui il carico di rottura è, a parità di sezione, 5 volte superiore.

L’osservazione e lo studio delle ragnatele, ha portato gli scienziati dell’Università di Cambridge in Inghilterra a realizzare una nuova fibra partendo da un nuovo materiale chiamato idrogel, che è composto per il 98% da acqua e per il restante 2% da silice e cellulosa. Questi componenti, sono poi tenuti insieme da particolari molecole.

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Durante la lavorazione, l’acqua viene fatta evaporare lasciando soltanto questo filamento sottile e leggero, ma super-resistente. L’ulteriore vantaggio, deriva dal fatto che la lavorazione può avvenire a temperatura ambiente e senza l’uso di sostanze chimiche, quindi con un processo molto più green rispetto a quelli utilizzati per la produzione di fibre sintetiche tipo il nylon.

La sperimentazione è ancora in corso e sono stati prodotti solo pochi milligrammi di questa nuova fibra, ma gli scienziati sono ottimisti e sperano presto di poter replicare su larga scala la produzione di questo incredibile filato i cui usi potrebbero spaziare dal campo aeronautico a quello della sicurezza a quello manifatturiero specifico dell’abbigliamento.

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Ago 222017
 

In un’epoca in cui si parla sempre più spesso di energie alternative ai combustibili fossili, sia in termini di costo, che ambientali, che di durata, l’anchorman Jamie Hyneman, autore e conduttore della nota serie televisiva MythBusters miti da sfatare, ha realizzato un impianto pilota  di quello che è noto come progetto SOLETAIR.

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Di cosa si tratta? Del primo sistema in grado di produrre combustibili fossili liquidi a partire da energie pulite. Il progetto SOLETAIR, ideato dalla INERATEC è stato in grado di produrre circa 200 litri di carburante sintetico utilizzando solo energia solare, anidride carbonica estratta dall’aria e idrogeno ottenuto dalla dissociazione dell’acqua ottenuta, anche questa, con l’energia solare.

SOLETAIR03La maggior parte di noi sanno che, i combustibili fossili sono composti da idro-carburi, ossia molecole formate da idrogeno e carbonio. Ad esempio il metano che si presenta in natura allo stato gassoso è composto da una molecola molto semplice che ha formula CH4. Il carbonio è presente nell’anidride carbonica e l’idrogeno nell’acqua.

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Il sistema SOLETAIR, è costituito da un semplice container facilmente trasportabile e installabile ovunque, in grado di produrre i più comuni idrocarburi come benzina, gasolio o metano, ma anche molecole diverse come quelle necessarie per la produzione di materie plastiche.

L’impianto è in grado di produrre, da queste semplici materie prime, circa 80 litri di benzina al giorno. Inoltre, è modulare, ossia consente il collegamento di più container per ottenere un impianto la cui produzione soddisfi le esigenze del contesto e il processo di sintesi è ottimizzato per sviluppare il minor calore possibile e per realizzare i carburanti con le migliori proprietà.

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Dal sito: http://www.neocarbonenergy.fi/soletair/

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Ago 082017
 

Ancora novità all’interno del nostro sito. Parte oggi una nuova rubrica dedicata ai grandi articoli pubblicati su queste pagine. Si tratta del meglio di quanto è stato pubblicato durante questi anni. Un modo per mettere in evidenza rispetto ai tantissimi articoli pubblicati, quelli che, per estensione, approfondimento, argomento trattato, meritavano una maggiore visibilità. In questo modo potranno essere trovati con maggiore facilità all’interno dell’immensa quantità di informazioni che questo sito raccoglie.

Una pagina molto curata graficamente e di facile consultabilità, che ordina quanto trattato per data mettendo gli articoli più attuali in alto nella pagina e a seguire quelli più vecchi come in un viaggio temporale a ritroso.

Accedere a questa nuova pagina è semplicissimo: puoi farlo in due diversi modi. Il primo è attraverso il menù in alto posto sotto la voce INNOVATION:

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il secondo, invece, attraverso il comodo widget posto nelle colonne a destra degli articoli:

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A questo punto non mi resta che augurarvi buona lettura con i Grandi Articoli selezionati per voi.

Buona lettura a tutti.

prof. Davide Betto

Ago 012017
 

Il popolamento eccessivo di alcune aree del nostro pianeta, soprattutto delle grandi megalopoli, ha reso urgente il problema di trovare nuovi spazi territoriali dove delocalizzare parte della popolazione ed ha messo in moto la fantasia e la creatività di architetti e progettisti il cui frutto sono stati una serie di progetti utopistici. Ma da qualche tempo, da queste utopie, sono state nate idee concretizzabili nella realtà anche se nel medio-lungo periodo.

Partendo dal forte congestionamento urbano, gli architetti hanno iniziato a guardare oltre, per trovare nuovi spazi abitativi; essendo la superficie terrestre per la maggior parte sommersa da acqua, hanno iniziato ad ipotizzare che potesse essere quello il luogo ideale per progettare nuovi spazi insediativi.

L’obiettivo non era solo quello di realizzare nuove case dislocate in luoghi una volta ritenuti non colonizzabili, ma anche quello di rispettare e integrare questi nuovi insediamenti con l’equilibrio biologico del pianeta.

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Si è iniziato così a parlare dei così detti grattacieli marini noti come seacreapers o water creapers, sorta di edifici verticali, totalmente o parzialmente immersi nell’acqua, dotati di tutti i comfort ma anche di tutte le tecnologie necessarie al loro auto-sostentamento.

Queste torri sottomarine dovranno anche essere in grado di essere autosufficienti da un punto di vista energetico attraverso la trasformazione dell’energia da fonti pulite quali le onde e le correnti del mare, il vento e il sole.

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Dovranno sostentarsi anche dal punto di vista alimentare auto-producendolo attraverso sistemi avanzati di acquacoltura e coltivazione idroponica. Dovranno, infine, produrre acqua potabile attraverso la raccolta di quella piovana o sistemi di desalinizzazione delle acque marine posti ai livelli più bassi delle torri.

Tante visioni, tanti progetti, tante soluzioni, ma tutte centrate sullo sfruttamento sostenibile, sulla bio-compatibilità tra strutture tecnologiche e ambiente biologico. Vediamo qualcuno di questi avveniristici progetti.

AEQUOREA – LA CITTA’ MEDUSA

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Ad opera dell’architetto visionario belga Vincent Callebaut, Aequorea è un ambiziosissimo progetto di città sottomarina, in grado di sopravvive e nutrire i propri abitanti autonomamente. Si tratta di un complesso di oltre 1000 cupole che richiamano le teste delle meduse emergenti dalle acque del mare ognuna dal diametro di 500 metri. Queste teste ospiteranno gli ingressi verso le parti più profonde capaci di ospitare circa 10.000 abitazioni oltre a uffici e laboratori scientifici per le ricerche marine. Quasi 1.500.000 metri quadrati sviluppati sotto la superficie del mare dove troverebbero posto anche delle vere e proprie fattorie per la coltivazione di alghe e altre sostanze organiche necessarie allo sviluppo ed alla crescita della città. A pieno regime Aequorea dovrebbe ospitare circa 20.000 persone.

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Per l’illuminazione Callebaut ha optato per soluzioni innovative e non inquinanti, studiando le creature bio-luminescenti dotate di quella sostanza chiamata luciferina in grado di generare luminosità (vedi: GLOWING TREES GLI ALBERI LUMINESCENTI)

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WATER CIRCLES – PIATTAFORME RICONVERTITE

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Non solo abitazioni, ma anche idee innovative e geniali per riutilizzare e convertire vecchi impianti dismessi in utili sistemi produttivi.

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E’ il caso della riconversione degli impianti marini per l’estrazione di petrolio e combustibili fossili in strutture per il trattamento delle acque e la produzione, attraverso la desalinizzazione di acqua potabile da parte di un team di ricercatori sud coreani.

I vecchi tubi utilizzati per l’estrazione e il trasporto del greggio verrebbero riutilizzati per il trasporto dell’acqua a grandi contenitori sferici che, collegati ad un sistema di distillazione e depurazione, realizzerebbero ingenti quantità di acqua potabile da trasportare verso i paesi in cui questa scarseggia.

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All’interno della struttura saranno anche predisposti gli alloggi per il personale ed un centro di ricerca per lo studio marino.

FLOATING CITY – LE CITTA’ GALLEGGIANTI

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Un altro grande progetto nato dalla visione utopistica di due architetti statunitensi, William Erwin e Dan Fletcher, è quello della città galleggiante. Una sorta di megastruttura, in buona parte emergente dalle acque oceaniche, costruita in prossimità di zone con forti correnti marine, in modo che le sue turbine, poste sott’acqua, possano produrre una grande quantità di energia. Anche la parte emersa parteciperà al sostentamento energetico; infatti si tratta di un guscio ricoperto di celle fotovoltaiche in grado di trasformare l’energia del sole in elettricità.

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La parte superiore è volutamente costruita con una forma concava per una duplice funzione; permettere alla luce solare diretta di penetrare anche all’interno dell’edificio e fungere al tempo stesso da grande imbuto per la raccolta delle acque piovane, da trattare e convertire in acqua potabile.

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La sotto-struttura di questo grattacielo galleggiante, costituita da grandi tubi immersi in profondità, fungeranno da finta barriera corallina in modo da permettere, attraverso l’aspirazione delle acque profonde ricche di sostanze nutritive, la formazione di colonie di fitoplancton e base per coltivazioni marine e nutrimento dei pesci di superficie.

PLASTIC FISH – TORRE MANGIAPLASTICA

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Un progetto premiato al concorso Skyscraper 2012 è quello sviluppato da un team di ingegneri sud coreani, Y. Sunhee, C. Hyunbeom, Y. Hyungsoo e K. Hongseop, la cui idea nasce da quel disastro ambientale noto come G.P.G.P. (Great Pacific Garbage Patch).

Great Pacific Garbage Patch

Great Pacific Garbage Patch

Il loro grattacielo marino, nasce proprio con lo scopo di poter ripulire i mari dalle tonnellate di plastica che lo soffocano e per poterle trattare e riciclare.

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Il grattacielo è un’immensa piattaforma galleggiante a forma sferica, alto all’incirca 380 metri di cui buona parte sommersa. Solo alcuni piani fuoriescono dalla superficie marina per lo sfruttamento dell’energia solare e del vento. Il resto del grattacielo sfrutta l’energia cinetica marina delle onde e delle correnti.

Tutta la struttura è circondata da un immenso anello del diametro di 1 chilometro che ha la funzione di catturare i rifiuti galleggianti in mare e indirizzarli verso la struttura centrale per la loro rielaborazione.

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Il corpo principale della struttura ha la funzione di un’immensa fabbrica per la lavorazione e il trattamento delle materie plastiche, mentre l’anello esterno avrebbe la funzione di ospitare gli spazi pubblici e residenziali collegati attraverso un sistema di condotti trasparenti a tunnel.

HO2 IL GRATTACIELO CHE PARLA MALESE
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Ad opera dell’architetto malese Sarly Andre Bin Sarkum, HO2, è uno dei più ambiziosi e importanti progetti in ambito di architettura subacquea. Questa torre, quasi completamente sommersa, affiora dall’acqua per un’altezza di soli 2 piani, all’interno dei quali troviamo delle estese aree per la coltivazione agricola.

La torre, alta circa 381 metri è per il resto totalmente sommersa e mantenuta in posizione attraverso un sistema di cavi ancorati al terreno e da un sistema di zavorre galleggianti, grandi serbatoi estesi come dei tentacoli, che hanno la funzione di bilancieri per mantenere la struttura in posizione. Inoltre, un altro sistema di zavorre è posto nella parte più bassa della struttura per garantirne la stabilità e la posizione.

La torre nasce per essere totalmente autosufficiente, sia dal punto di vista energetico che da quello alimentare.

Energia cinetica delle onde e delle correnti, energia dal vento e dal sole in superficie hanno lo scopo di mantenere in funzione questa grande struttura. Inoltre, i tentacoli bio-luminescenti forniscono energia e un luogo perfetto per la proliferazione della fauna marina.

Coltivazioni agricole sul tetto, acquacoltura e idroponica, sono i sistemi studiati per il mantenimento della popolazione.

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Al suo interno, alloggi, uffici, spazi ricreativi e sistemi di spostamento come all’interno di una vera e propria città.

LADY LANDFILL – L’ASPIRAPLASTICA DEI MARI
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Anche il water creaper Lady Landfill del trio di architetti serbi, M. Vidojevic, J. Pucaveric e M. Pihler, nasce con l’intento come la Plastic Fish, di risolvere il gravissimo problema oceanico del Great Pacific Garbage Patch, ossia di quella immensa isola galleggiante di materiale plastico ampiamente diffuso sull’oceano Pacifico.

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La proposta degli architetti è quella di utilizzare questi enormi grattacieli semi-sommersi, come immense isole galleggianti, in grado di aspirare dentro di se per il successivo trattamento i milioni di tonnellate di plastica alcuni dei quali depositati fino a 30 metri di profondità.

Questa mega-struttura è organizzata per livelli, dove sono differenziate le attività svolte. Quattro sono i principali; due più profondi dove avviene il trattamento e la lavorazione delle materie plastiche e due più superficiali, dove trovano spazio le residenze e gli spazi ricreativi per la popolazione.

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La quantità di rifiuti trattati dal sistema sul fondo della struttura, sarà proporzionato al loro peso ed al sistema di galleggiamento. Una pompa espellerà la plastica in eccesso regolando continuamente il suo accesso con l’inserimento di acqua.

La plastica sarà poi riscaldata in una camera di riciclaggio e convertita in un gas in grado di alimentare le batterie della struttura.

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LA CITADEL – IL QUARTIERE FLOTTANTE

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Ad opera dell’architetto visionario Koen Olthius, La Citadel nasce con un preciso scopo. L’Olanda, terra costretta a convivere con l’acqua, visto la sua dislocazione sotto il livello del mare, è soggetta appunto a regolari inondazioni dovute a maree e piogge che ne invadono il territorio.

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Alcune di queste zone sono permanentemente allagate e proprio pensando a queste, nasce l’idea progettuale di Olthius

La Citadel, sono 60 unità abitative che dovrebbero sorgere su una depressione allagata nei pressi di Westland, cittadina vicino a l’Aja.

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La città è progettata per difendere e far convivere la popolazione con le inondazioni e la continua penetrazione dell’acqua sul territorio urbanizzato. Il complesso, un’isola galleggiante, realizza un sistema residenziale stabile connesso con la terra ferma attraverso un collegamento anch’esso galleggiante capace di restare indifferente alle continue oscillazioni del livello del mare e a detta dello stesso progettista capace di consumare il 25% in meno di energia.

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GREENSTAR – UNA STELLA ALLE MALDIVE

Sempre dalla fantasia dell’architetto olandese Koen Olthius dello studio Waterstudio, nasce, per altre motivazioni, il progetto Greenstar alle Maldive.

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L’arcipelago, si sa, è la nazione più bassa al mondo e quella, quindi, maggiormente soggetta alle variazioni del livello del mare.

Greenstar01Il progetto nasce come tributo a questa nazione da sempre impegnata a combattere il riscaldamento globale. Si tratta di un hotel e centro conferenze galleggiante che dovrebbe sorgere all’interno di un atollo, caratterizzato dal bassissimo impatto ambientale, da un efficiente sistema energetico e dovrebbe essere in grado di accogliere fino a 800 ospiti e 2.000 conferenzieri.

 

L’HOTEL GALLEGGIANTE

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Di tutt’altra natura l’hotel galleggiante progettato per scopi turistici e di puro intrattenimento. Una grande struttura pensata come un vaso che restringe verso il basso, ricco di appartamenti, strutture ricreative, laboratori scientifici per far vivere u un’esperienza unica ai propri occupanti, ospiti di una struttura fantascientifica.

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L’edificio rastrema verso il basso perché aumenta la pressione dell’acqua, quindi è concepito per convivere e resistere alle grandi sollecitazioni cui sarà sottoposto. Anche la forma circolare ribadisce questa funzione. L’anello che lo circonda, collegato tramite strutture ponte, ha la funzione di stabilizzare la costruzione tramite strumenti antivibrazioni capaci di mantenerla ferma anche durante il moto ondoso.

La struttura a cono rovesciato ospita nella parte bassa piattaforme di osservazione sottomarine, laboratori e sale verdi.

La luce accede alla struttura attraverso la grande cupola vetrata superficiale, e nella parte emersa si trovano gli spazi ricettivi dell’hotel, mentre le camere e le aree conferenza godono della vista sottomarina.

L’anello superiore ospita camere con accesso diretto alle spiagge poste tra le strutture di collegamento, che in questo caso diventano porzioni di mare protetto e sempre calmo per la balneazione degli ospiti della struttura.

Lo spazio sottostante la piazza principale ospiterebbe un piccolo porto per la subacquea e un diving center per le immersioni.

FLOATING MOSQUE – MOSCHEA GALLEGGIANTE

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Ancora ad opera dello studio olandese Waterstudio, il progetto che mira a portare sull’acqua anche gli edifici religiosi.

Progettata per l’isola artificiale di Jebel Ali a Dubai, l’opera è rimasta sulla carta nonostante avesse riscosso un grande successo perché il progetto della stessa isola è stato accantonato temporaneamente dalla società costruttrice.

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Si tratta della prima moschea che potrebbe sorgere in mezzo al mare. Una grande struttura dalla pianta rettangolare con grandi aperture dall’alto che darebbero luce ad un giardino all’aperto e ad un sistema di raffreddamento naturale a costo zero.

Grandi colonne trasparenti ad imbuto, sosterrebbero il tetto, consentendo alla luce naturale di penetrare all’interno dell’edificio creando emozionanti effetti luminosi.

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SEAHORSE – CASA GALLEGIANTE

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Concludiamo questa rassegna con quella che non è più un’utopia, ma una realtà. Nel mar arabico, liberamente galleggiante tra le isole di The World a Dubai, naviga la prima casa galleggiante del suo genere chiamata SeaHorse.

Quella che si vede nelle immagini e nel video è il prototipo di 181 unità galleggianti che navigheranno liberamente tra le isole di The World.

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Si tratta di un progetto indirizzato al turismo di lusso, ma che nasce con fini ambientalisti. Il suo nome non è casuale: il cavalluccio marino, infatti, è una specie a rischio di estinzione e queste dimore di lusso, secondo quanto affermato dal CEO di Kleindienst Group, la società che progetta SeaHorse, nella parte sommersa saranno dotate, oltre che del sistema di galleggiamento, di una barriera corallina artificiale, in cui i cavallucci marini potranno vivere e riprodursi tranquillamente.

Dal peso di 188 tonnellate, ogni unità sarà dotata di finestre a tutta altezza sul mare, cucina attrezzata con zona pranzo e soggiorno, solarium e vasca idromassaggio con fondo trasparente. Le camere da letto occuperanno uno dei tre livelli di cui la casa è dotata, ossia quello sommerso.

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