Ott 312019
 

Tutto quello che noi disegniamo è basato su semplici segni grafici, ma se li osserviamo attentamente ci renderemo subito conto che si tratta di soli due simboli: la retta e il cerchio. E’ proprio grazie a questi due “segni” che, è nata e si è sviluppata una disciplina chiamata geometria, il cui nome deriva dalle parole del greco antico “geo = terra” e “metria = misura“. Si trattava della disciplina che si occupava della misurazione dei terreni, oggi divenuta una scienza scienza matematica che studia le forme nel piano e nello spazio.
I primi geometri, erano gli agrimensori dell’antico Egitto, coloro che si occupavano materialmente di effettuare queste misurazioni. In pratica, tendendo delle funi, riuscivano a tracciare sul terreno rette e cerchi e questa pratica rimase per molti secoli inalterata oltre che l’unico sistema conosciuto.

Agrimensore e misurazione di un campo

Gli agrimensori, effettuavano operazioni definite in gergo come “tirare una retta” o “descrivere un cerchio”, ma restavano comunque delle azioni empiriche. La scientificità di queste procedure divenne tale grazie ad Euclide che riuscì a trasferire queste conoscenze sui fogli di carta o sui libri utilizzando strumenti di disegno come la riga e il compasso.
A questi strumenti se ne aggiunsero poi altri più complessi che consentirono di realizzare e disegnare curve ben più complesse delle rette o dei cerchi. La cosa interessante, nell’uso di questi strumenti non era tanto il risultato rappresentato sul supporto da disegno, bensì quello che consentivano lo spostamento di un punto lungo una direzione specifica, senza che il profilo di quest’ultima fosse materialmente presente.

Le curve possono giacere su un piano o muoversi nello spazio, avendo quindi caratteristiche molto diverse. Quelle di cui ci occuperemo in questo articolo, vengono chiamate sezioni coniche perché derivano tutte dall’intersezione tra un piano e un cono e sono di conseguenza curve piane.

Per comprendere quali curve è possibile ottenere, basta immaginare una parete di fronte a noi (il piano) colpita dal cono di luce prodotto da una torcia elettrica.

In base all’inclinazione della torcia rispetto alla parete, è facile dimostrare e sperimentare che è possibile ottenere 4 differenti tipi di curva: circonferenza, ellissi, parabola e iperbole. Scopriamole insieme e vediamo quali sono le loro caratteristiche.

Indice Argomenti
1 CIRCONFERENZA
2 ELLISSE
3 PARABOLA
4 IPERBOLE

CIRCONFERENZA

Se puntiamo una torcia perpendicolarmente ad una parete, il suo cono luminoso genererà su di essa una luce esattamente circolare, quindi definirà una curva che chiamiamo circonferenza. E’ come se tagliassimo un cono (v. immagine a sinistra) con un piano orizzontale perpendicolare al suo asse.

DEFINIZIONE:

si definisce circonferenza, il luogo dei punti di un piano equidistanti da un punto detto centro della circonferenza“.

Gli elementi importanti che definiscono una circonferenza, sono:

  • raggio, il segmento che unisce il centro della circonferenza con qualsiasi punto della circonferenza;
  • corda, un segmento che unisce due punti qualsiasi della circonferenza;
  • diametro, qualsiasi corda che passi per il centro della circonferenza;
  • arco, parte della circonferenza che unisce due punti sulla circonferenza;
  • semicirconferenza, metà della circonferenza.
ELLISSE

Se incliniamo la torcia in una direzione o nell’altra quindi a destra o a sinistra, il cono luminoso si deformerà, il cerchio di luce inizierà ad allungarsi definendo una nuova forma curva, una seconda conica che chiamiamo ellisse. In questo caso, immaginiamo di tagliare un cono con un piano leggermente inclinato rispetto al proprio asse (v. immagine a sinistra).

DEFINIZIONE:

si definisce ellisse, il luogo geometrico dei punti di un piano per i quali è costante la somma delle distanze da due punti fissi detti fuochi“.

Gli elementi importanti che definiscono una ellisse, sono:

  • assi dell’ellisse, sono i segmenti che consentono di dividere l’ellisse in parti uguali;
  • vertici, sono i 4 punti di intersezione tra l’ellisse e i suoi assi;
  • centro, è l’intersezione degli assi e costituisce anche il centro di simmetria;
  • fuochi, sono due punti che si trovano sempre sull’asse maggiore e sono posizionati in modo da essere equidistanti dal centro. Inoltre, per definizione sono quei due punti tali per cui la somma delle loro due distanze da ciascun punto appartenente all’ellisse è costante.
PARABOLA

Se incliniamo ancora di più la torcia fino a quando non si trovi parallela al muro, noteremo che il cono luminoso si deformerà ulteriormente e il cerchio di luce inizierà ad allungarsi all’infinito definendo una nuova forma curva che chiamiamo parabola. In questo caso, è come se tagliassimo un cono con un piano parallelo ad uno dei suoi lati (v. immagine a sinistra).

DEFINIZIONE:

si definisce parabola, il luogo geometrico dei punti equidistanti da un punto fisso detto fuoco e da una retta detta direttrice“.

Gli elementi importanti che definiscono una parabola, sono:

  • direttrice, è la retta, esterna o interna alla parabola, che realizza la stessa distanza rispetto al fuoco per ciascun punto della parabola;
  • fuoco, è il punto che realizza la stessa distanza rispetto alla direttrice per ciascun punto della parabola;
  • asse, è la retta passante per il fuoco che divide in due parti uguali la parabola, perpendicolare alla direttrice;
  • vertice, è il punto di intersezione tra la parabola e l’asse di simmetria.
IPERBOLE

Se incliniamo la torcia fino a quando non si trovi in posizione parallela all’asse, il cono di luce cambierà ancora forma sdoppiandosi formando l’unica curva doppia nel cono a due falde che chiamiamo, iperbole. In questo caso il piano che taglia il cono a due falde è posizionato parallelamente all’asse (v. figura a sinistra).

DEFINIZIONE:

si definisce iperbole, il luogo geometrico dei punti per cui è costante la differenza delle distanze da 2 punti fissi detti fuochi“.

Gli elementi importanti che definiscono una iperbole, sono:

  • rami, le due curve che formano l’iperbole;
  • assi, sono le due rette per cui l’iperbole viene suddivisa in parti uguali e simmetriche; l’iperbole deve sempre intersecare uno dei due assi;
  • vertici, sono i punti di intersezione tra i rami ed uno dei due assi;
  • centro, è l’intersezione tra i due assi perpendicolari e rappresenta il centro di simmetria dell’iperbole;
  • fuochi, sono i due punti fissi per i quali è costante la differenza tra le distanze da ogni punto appartenente all’iperbole e appartengono sempre all’asse che interseca l’iperbole;
  • asintoti, sono le due rette passanti per il centro che racchiudono i due rami dell’iperbole.
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Ott 282019
 

Siamo passati molto rapidamente dagli antichi SMS, cioè gli Short Message System con i quali potevamo mandare al massimo 60 caratteri al nostro interlocutore, agli MMS ossia Multimedia Message System ed oggi ancora più completi come i sistemi di messaggistica su WhatsApp, Telegram o altri, con i quali possiamo inviare contenuti di ogni tipo, immagini, video, file, suoni, oltre al classico testo.

Ma se riflettiamo fino in fondo manca ancora qualcosa e i nostri sistemi di messaggistica sono incompleti perché incapaci di trasmettere parametri quali quelli olfattivi e di tatto. Un gruppo di ricercatori dell’Imagineering Institute che ha sede a Nusajaya in Malesia, sta lavorando in questa direzione, soprattutto in quella per riuscire a trasmettere gli odori attraverso Internet. E’ ovvio che l’odore non potrà essere canalizzato all’interno di circuiti elettrici o ai cavi di connessione della rete convenzionale, questa trasmissione potrà avvenire attraverso un approccio diverso.

Una serie di 31 volontari si sono sottoposti a un test molto particolare. All’interno delle loro narici sono stati posizionati degli elettrodi che avevano il compito di trasmettere specifici impulsi elettrici a bassa intensità a un gruppo di neuroni situati al loro interno nella parte alta. Questi sono quei recettori capaci di reagire allo stimolo olfattivo inviando l’impulso odoroso direttamente all’area del cervello responsabile della percezione degli odori quindi. In pratica i ricercatori hanno cercato di convertire in impulsi elettrici gli odori percepiti in modo da poter essere inviati digitalmente attraverso la rete per poi essere nuovamente convertiti in odore da apposite strumentazioni elettroniche. Nell’esperimento sono stati utilizzati 10 odori campione, tra cui legna, frutta e menta. L’esperimento ha dato dei risultati parziali perché gli odori non potevano essere preventivamente scelti e controllati alla fonte, ma questo ha aperto la strada a ulteriori sviluppi. Sicuramente l’idea futura dei ricercatori è quella di inserire degli appositi elettrodi sui naselli di speciali occhiali che faranno da recettori degli odori al posto delle apparecchiature da inserire all’interno delle narici, anche perché evidentemente scomode e poco pratiche.

Si tratta sicuramente di una futuristico quanto interessante sviluppo del nostro sistema di trasmissioni, che dal sonoro è passato alle immagini, al video e infine alla trasmissione di dati in diversi formati. Ma, come ci fanno notare gli stessi ricercatori che conducono questi studi, lo sviluppo di una tecnologia del genere richiederà probabilmente alcune decine di anni per essere sviluppato ad un livello da poter avere una diffusione di massa.

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Ott 262019
 

L’invenzione della plastica, è stata una delle più grandi scoperte della storia. Come oramai quasi tutti sanno, la plastica deriva dal petrolio, dal quale viene estratto e poi miscelata con altre sostanze per formare infinite miscele di materiali diversi. Purtroppo, però, alcuni tipi di plastica portano con sé una grave conseguenza: non sono biodegradabili. Questo significa che questo materiale se non opportunamente riutilizzato ho riciclato, inquina pesantemente l’ambiente come del resto, stiamo quotidianamente scoprendo attraverso esperienze dirette o i mass-media che ce ne danno notizia.

La plastica derivata dal petrolio esiste da circa cinquant’anni, mentre invece i poliesteri, ossia il gruppo di sostanze a cui essa appartiene, esistono in natura da tempi remoti e costituiscono il rivestimento protettivo di alcune foglie. Alcuni batteri, approfittano da milioni di anni di queste sostanze nutrendosene e riuscendole a decomporre perfettamente. Alcuni scienziati dell’Università di Portsmouth nel Regno Unito, studiando e osservando questo fenomeno, hanno scoperto che alcuni di questi batteri si sono evoluti molto rapidamente e sono oggi in grado di digerire e nutrirsi del polietilene tereftalato (PET), una resina termoplastica, quella con cui vengono realizzate le bottiglie e molti contenitori alimentari che siamo soliti utilizzare tutti i giorni. Questo batterio, chiamato Ideonella sakaiensis, è in grado di digerire e metabolizzare le molecole del PET utilizzando alcuni enzimi compreso lo PETasi scoperto anch’esso grazie all’identificazione della Ideonella sakaiensis. La scoperta, molto recente, è stata pubblicata sulla rivista Science nel 2016 e apre incredibili scenari per il futuro del pianeta in riferimento al riutilizzo e il riciclo della plastica.

Passare dalla fase di sperimentazione e studio a quella di applicazione pratica, non è però semplicissimo. Bisogna infatti considerare che una colonia di batteri riesce a digerire piccoli frammenti di plastica in poche settimane ma i tempi variano ovviamente in base alla grandezza della colonia e alla superficie di plastica da dover smaltire.

La cosa che ha sorpreso gli scienziati, è come questi batteri siano stati in grado di adattarsi e modificare il loro regime alimentare in poco meno di cinquant’anni, ossia il tempo da cui è presente il PET nella nostra quotidianità, considerando che appunto prima di allora questa forma di plastica non esisteva.

Già oggi, buona parte delle materie termoplastiche, compreso il PET, vengono riciclate per ottenere nuovi oggetti e ridurre al tempo stesso la quantità di rifiuti presente nell’ambiente. Il problema è che ad ogni riciclo queste materie perdono alcune delle loro caratteristiche diventando sempre meno idonee ad essere riutilizzate e dovranno necessariamente finire in discarica o essere distrutte in un inceneritore.

Studiando le capacità della Ideonella sakaiensis e della sua capacità di utilizzo della plastica i ricercatori hanno prodotto un modello virtuale in 3D dell’enzima basandosi sulle osservazioni eseguite al microscopio elettronico. In questo modo hanno compreso meglio la sua struttura e sono riusciti ad individuare alcuni punti deboli che possono essere corretti. In questo modo saranno in grado di potenziare gli effetti di questa disgregazione e accelerare i processi di smaltimento. Lo studio ha dimostrato che la PETasi è in grado di riportare i poliesteri al livello originale ossia a come quando sono stati prodotti dal petrolio, quindi di ricreare plastica nuova con caratteristiche integre. E’ chiaro, però, che per arrivare a una produzione sul larga scala saranno necessari anni di studi e di laboratorio perché il problema non è solo quello di disgregare il polietilene tereftalato, bensì quello di farlo in larga scala e in un tempo minore affinché questo processo possa risultare vantaggioso sia economicamente che per l’ambiente.

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Ott 202019
 

Tokyo, la capitale giapponese, sarà sede dei giochi Olimpici e Paraolimpici del 2020 e già la città si sta organizzando per affrontare i grandi problemi di mobilità. All’interno del Villaggio Olimpico, gli atleti si potranno spostare attraverso una versione di piccolo bus riveduta da Toyota specificatamente per l’occasione. Si chiamerà e-Palette ed è il primo veicolo progettato dalla casa automobilistica giapponese per il trasporto urbano a guida autonoma e impatto zero.

Alimentazione elettrica e dimensioni tali da consentire il rapido afflusso degli atleti anche se con problemi di mobilità, capace di percorrere lunghi tragitti alla velocità di 20 km/h.

Questa vettura, un misto tra un van per il trasporto passeggeri e un piccolo autobus, verrà presentato al Motorshow che ti terrà in Giappone tra il 23 ottobre il 4 novembre.

e-Palette, dispone di un’interfaccia uomo macchina progettata per aiutare nella comunicazione tra coloro che si trovano intorno al veicolo durante la sua marcia automatizzata. Questa rende il veicolo in grado di mappare il terreno a 360° attorno alla sua posizione e di spostarsi in assoluta autonomia e sicurezza ovunque. Fari Lidar capaci di raccogliere informazioni in tempo reale sullo spazio circostante, di mappare il terreno e predisporre il percorso più rapido. Sensori di posizione in grado di individuare la posizione di ogni oggetto attorno al mezzo, di evitarlo e di agire prontamente in caso di emergenza. In ogni caso, un conducente umano sarà sempre posto all’interno del veicolo pronto ad intervenire in caso di necessità.

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Ott 202019
 

La stampa 3D è sicuramente una nuova tecnologia che sta prendendo sempre più piede in ogni ambito delle attività umane. Grandi successi sono già stati ottenuti in campo medico, chirurgico, delle costruzioni e oggettistica in genere. Si realizzano oggetti, casa, uffici, esoscheletri e i campi di applicazione crescono ogni giorno. Arriva, appunto, dagli Stati Uniti, dall’università del Maine la realizzazione della più grande stampante 3D al mondo, capace di crearee oggetti dalle dimensioni imponenti, lunghi fino a 30 metri, larghi fino a 7 metri e alti fino a 3 metri, il tutto con una velocità di stampa di circa 227 kg per ora.

Grazie a questa stampante l’università del Maine ha battuto contemporaneamente tre Guinness World Records ed esattamente quello della stampante 3D più grande del mondo, quello dell’oggetto stampato più grande del mondo e quello della barca stampata in 3D più grande del mondo. Tutto ciò è stato possibile grazie alla collaborazione tra la divisione UMaine Advance Structures and Composites Center dell’Università del Maine e grazie agli investimenti e collaborazioni, tra l’altro, con l’Oak Ridge National Laboratory.

La barca è stata stampata in soli tre giorni contro una media di costruzione di parecchie settimane se non addirittura di mesi per una barca costruita con procedure tradizionali. Questa è lunga 7,62 metri e pesa 2 tonnellate e 200 chilogrammi.

Questa tecnica di stampa, utilizza come materiale per la costruzione, un derivato della cellulosa, quindi parte del legno e viene ritenuta una grande risorsa per quei territori molto ricchi di vegetazione o ricoperti di di foreste. Anzi negli Stati Uniti si sta investendo tantissimo proprio per spingere l’economia di queste aree e il loro sviluppo.

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