prof. Davide Betto

laurea in Architettura conseguita presso la Facoltà di Architettura di Reggio Calabria; dottorato di ricerca conseguito presso la Facoltà di Napoli in Metodi di Valutazione. Si è abilitato all'insegnamento nella classe di concorso "A033 - Educazione Tecnica nella scuola media" nel 2004 e dal 2007 è diventato docente di ruolo. Insegna a Catania presso la scuola secondaria di primo grado Dante Alighieri. Appassionato di informatica che, insegna nelle classi 2.0 e 3.0, webmaster per diletto e utilizzatore avanzato di programmi C.A.D., grafica e video produzione. Autore di questo blog e vincitore del premio internazionale come miglior sito dell'anno 2016 nell'area Carriera e Formazione. Autore per casa editrice Lattes Editori di Torino per la quale cura il blog iLTECHNOlogico.it e le pubblicazioni di tecnologia.

Lug 152018
 

Che l’idrogeno consenta concentrazioni di energia maggiori della benzina o del gasolio, è noto, ma il problema è che la sua estrazione comporta ancora costi elevati e grossi problemi per la sicurezza. Infatti, l’idrogeno per poter essere utilizzato, deve essere compresso allo stato liquido con enormi rischi di esplosione e processi molto costosi, fattori che hanno rallentato se non fermato del tutto lo sviluppo delle auto dotate di questo tipo di alimentazione.

Arriva adesso dalla Svizzera, dalla società GRT group e dal Politecnico di Losanna, una soluzione denominata HyForm-PemFc, che sfrutta l’acido formico per l’estrazione dell’idrogeno. L’acido formico è una concentrazione di idrogeno e anidride carbonica e rispetto a tanti altri componenti presenta una maggiore facilità nell’estrazione e nello stoccaggio dell’idrogeno.

Molti hanno tentato questa strada, ma per la prima volta, l’HyForm-PemFc, ha consentito di raggiungere elevati livelli di efficienza. La macchina creata in Svizzera consente già adesso di produrre circa 7 mila kilowatt all’ora di energia con un’efficienza del 45%, valore che fa ben sperare nelle auto alimentate all’idrogeno, perché questo sistema consente di produrne di nuovo durante il suo uso permettendo la realizzazione di auto totalmente green e autosufficienti all’infinito.

Il sistema del GRT Group, consente di trasformare l’acido formico in idrogeno utilizzando basse temperature e con dispendio di energia minimo.

La batteria così realizzata permette la fornitura di energia, sia per uso industriale che domestico, per lunghi periodi anche in zone isolate e desertiche, senza dover predisporre centrali o altri sistemi di alimentazione. Il sistema consente, inoltre, l’accumulo di energia per usi in altri momenti.

HyForm-PemFc è costituita da due parti principali: un reformer di idrogeno HyForm e una pila a combustibile chiamata PemFc. Il catalizzatore per estrarre l’idrogeno è a base di rutenio, un materiale molto costoso, per cui gli scienziati stanno cercando un sostituto meno caro a questo componente.

Grazie a questo sistema, l’estrazione dell’idrogeno avviene in maniera sostenibile, la pila è al 100% ecologica, silenziosa, emette gas puliti, non emette anidride carbonica, ne particolato e neppure ossidi di azoto. Inoltre, ha ridotte necessità di manutenzione, ha una tecnologia scalabile per cui può essere utilizzata dalla semplice utenza domestica a più complessi e onerosi, in termini di energia, impianti industriali. Non necessita di connessioni a reti elettriche per cui può essere utilizzata anche in luoghi remoti e utilizza appunto l’acido formico che è facile da stoccare, trasportare e maneggiare e si può produrre da fonti sostenibili presenti in enorme quantità nel mondo.

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Giu 282018
 
Un team di scienziati francesi ha realizzato la casa più piccola del mondo. Il progetto, sviluppato al Femto-ST Institute di Besançon (Francia) è costituito da strati di silicio sagomati da un fascio di ioni.
La minuscola struttura è stata fissata su una fibra ottica all’interno di una camera a vuoto. Le sue dimensioni sono davvero minuscole: 300*300 micrometri cioè 0,3*0,3 millimetri. Una particolare combinazione di silicio, è stata tagliata in nanofogli e attraverso un flusso regolato di ioni, controllati da micro robot, sono stati disposti nella corretta posizione. Poi, attraverso un sistema di iniezione a gas è stato saldato ad una estremità della fibra ottica e poi utilizzato per realizzare le decorazioni terminali poste sul tetto della casetta.
Tutto il processo ha seguito un preciso percorso realizzato attraverso potenti microscopi e guidati attraverso computers controllati da operatori umani.
Questa minuscola creazione, mette in evidenza le capacità di miniaturizzazione e controllo di particelle quasi invisibili da parte dei ricercatori. Lo scopo è ovviamente medico; gli scienziati sperano di costruire dei microscopici vettori, capaci di raccogliere e trasportare, ad esempio un farmaco, direttamente sul luogo dell’infiammazione o dell’organo da curare. O realizzare involucri capaci di catturare particolari tipi di cellule portatrici di problemi e neutralizzarle.
L’esperimento perfettamente riuscito ha stimolato gli scienziati a spingersi oltre. Il prossimo passo sarà una ulteriore riduzione delle dimensioni di queste micro-costruzioni per giungere all’incredibile miniaturizzazione di 20*100 nanometri e a rendere questo processo completamente automatico.
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Giu 222018
 

Che la geotermia fosse una delle fonte rinnovabili più importanti e sfruttate negli ultimi anni già lo si sapeva, soprattutto in riferimento alla produzione di energia elettrica attraverso le centrali che necessitano di temperature molto elevate (alta entalpia).

Ma quello che in questi giorni si sta considerando, è lo sfruttamento del calore interno della Terra, però a basse temperature (bassa entalpia). In questo caso non si tratta di produzione di energia elettrica, bensì di sfruttare la possibilità di riscaldare e raffreddare delle abitazioni con l’altissima efficienza delle pompe di calore geotermiche.

Perché geotermia a bassa entalpia? Perché i vantaggi connessi al suo sfruttamento sono molteplici. Innanzitutto è una fonte non inquinante, inesauribile e soprattutto costante non soggetta a variazioni climatiche o ad altri fattori naturali che condizionano invece il vento, il sole o l’acqua. Non è soggetta alla variazione dei prezzi che coinvolge i combustibili fossili, è sempre estraibile, consente un risparmio di esercizio pari all’80% rispetto ad una fonte tradizionale.

Partendo da questi numerosi punti di forza, la geotermia si appresta a ridefinire i criteri energetici di molte nazioni, in primis l’Italia che sorgendo su faglie sismiche ed essendo terra di vulcani, è il luogo ideale dove poter progettare impianti di questo genere. Alcuni studiosi, hanno stimato nel 50% la capacità del geotermico a bassa entalpia di soddisfare i bisogni energetici della nostra nazione. Se a questo aggiungiamo che nell’Agenda 2030 dell’ONU, all’Obiettivo 7 si fissa come criterio fondamentale una aumento considerevole delle quote di energia prodotte con fonti alternative entro quell’anno e che con l’Accordo di Parigi del 2015 sulla riduzione dei gas serra e dell’anidride carbonica sottoscritto da ben 195 Paesi, la geotermia diventa una importantissima fonte di energia.

Lo stesso accordo raggiunto con Agenda 2030 tra i Paesi dell’Unione, stabilisce che entro quell’anno il 32% dell’energia totale prodotta nel territorio dell’Unione Europea dovrà provenire da fonti di energia rinnovabile.

A giugno 2018, giorno 28 si terrà a Roma il convegno nazionale sulla Geotermia a Bassa Entalpia organizzato dal Consiglio Nazionale dei Geologi con lo scopo di fare il punto sulle energie alternative e in particolare quella derivante dal calore della Terra in Italia.

Ma come funziona questa tecnologia? In realtà si tratta di uno scambio di calore, che si traduce in un prelievo di questo durante il periodo invernale e una sua cessione durante il periodo estivo.

Negli impianti geotermici avviene un prelievo di calore dal terreno per conduzione tramite un fluido vettore che circola in un sistema ad una temperatura inferiore a quella del terreno.

Approfondisco: per conduzione si intende il passaggio di energia termica tra sistemi solidi o al loro interno dal corpo a temperatura maggiore a quello a temperatura minore.

E’ possibile sfruttare questo sistema energetico ovunque, tranne in quelle zone dove il calore della Terra è troppo elevato per poter essere gestito in un impianto termico domestico.

Quindi, un impianto di questo tipo è costituito da un sistema di captazione del calore con una sonda geotermica inserita nel sottosuolo ad una profondità variabile dai 70 ai 100 metri, una pompa di calore, un sistema di accumulo del calore e dei sistemi di distribuzione di questo  (riscaldamento e acqua sanitaria) all’interno dell’abitazione.

La sonda di captazione ha la funzione di concentrare il calore disperso per consentirne lo spostamento dal sottosuolo all’impianto durante il periodo invernale e l’opposto durante i mesi estivi. In pratica, il liquido che scorre nella sonda accumula il calore scendendo nel sottosuolo e lo porta in superficie dove la pompa di calore, per evaporazione, sottrae il calore ai tubi e lo trasferisce agli impianti domestici. Nel periodo estivo accade il contrario. Nella sonda scende un fluido caldo che perde calore nel terreno raffreddandosi. Tutto questo può accadere perché nel sottosuolo la temperatura del terreno a quelle profondità è mediamente costante a circa 15°C.

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Giu 172018
 

L’effetto Emirati Arabi sta contagiando l’intera penisola arabica al punto da provocare una epocale trasformazione nel più integralista dei paesi musulmani: l’Arabia Saudita.

In realtà questo processo è stato avviato dalla visione futuristica e cosmopolita del reggente attuale, il principe Mohammed bin Salman che passo dopo passo sta aggiornando questo paese chiuso in se stesso trasformandolo in una nuova meta per gli scambi commerciali e il turismo internazionale.

Mohammed bin Salman, sta modificando l’immagine del suo paese a colpi di riforme sociali, politiche e culturali, con l’intento di attirare i grandi capitali esteri e gli investimenti. Trasformazioni che passano dalla riforma sulle limitazioni per le donne, ora libere di guidare, di partecipare agli eventi sportivi, di vestirsi in modo più occidentale e soprattutto non di nero. Politica permissiva verso le imprese estere e private, maggiore apertura al mondo e soprattutto al turismo. Riapertura dopo 35 anni di tutte le sale cinematografiche, facilitazioni per ottenere i visti turistici, cosa prima riservata solo a islamici che andavano a visitare la Mecca. Possibilità di entrare con maggiore facilità in questo Paese e di conseguenza creazione di strutture ricettive e luoghi da poter visitare per chi proviene dall’estero.

Nasce da tutto ciò NEOM, un grande progetto visionario che concretizza il sogno di questo sovrano illuminato. Di cosa si tratta? Di un enorme polo industriale e una gigantesca città sul mar Rosso le cui dimensioni saranno 33 volte quelle dell’attuale New York negli Stati Uniti. Un investimento colossale, stimato in 500 miliardi di dollari, il più grande e importante investimento nel progetto di rinnovamento dell’Arabia Saudita.

Si chiama Saudi Arabia Vision 2030, il grandioso progetto di rinnovamento. Salman ha compreso che l’enorme ricchezza accumulata per anni grazie agli sconfinati giacimenti di petrolio non possono più bastare per far si che l’Arabia Saudita resti il paese guida nella mutata realtà geopolitica del Medio Oriente.

Il primo passo è quello di un cambiamento di immagine; più aperta, più moderna, più attrattiva. Incentivi economici vengo forniti alle startup saudite in modo da favorire l’innovazione e la modernizzazione di un paese per troppi anni chiuso nel muro del proprio integralismo, indifferente a tutto ciò che accadeva fuori dai suoi confini, forti degli ottimi rapporti instaurati con gli Stati Uniti. Ora realtà come Amazon e tante altre sono pronte a espandere le proprie attività sulle terre arabiche.

L’ambiziosissimo principe ha così lanciato al forum “Future investment initiative” il suo faraonico progetto, a cui hanno aderito ben 3500 grandi uomini d’affari provenienti da ben 88 differenti nazioni. Neom, un polo industriale, una zona franca al confine tra Egitto, Giordania e Arabia Saudita nel Golfo di Aqaba, dove la tecnologia la farà da padrona. Megacity completamente alimentata da fonti alternative, strade ad esclusiva guida autonoma, ossia senza guidatori umani, smart tecnology in ambito amministrativo, medico, industriale.

Una città che sorgerà su di una superficie di 26.500 chilometri quadrati dove la faranno da padrone attività come biotecnologie, scienze digitali, bio-alimentare, produzioni avanzate. Un immenso ponte collegherà quest’area con l’Egitto attraversando il mar Rosso e puntando a diventare il centro degli scambi tra tre diversi continenti proprio in virtù della sua posizione geografica.

Il progetto Neom dovrebbe vedere la luce, se tutte le profezie di Salman si avvereranno, tra circa 7 anni. Nel frattempo la gestione dell’immenso progetto è stata affidata ad un top manager di fama internazionale Klaus Kleinfeld ex amministratore delegato di Siemens.

Tanti dovranno essere i cambiamenti e le riforme che il principe dovrà varare per far si che il suo paese si tolga di dosso l’immagine ultra integralista che si è creato nel tempo. E soprattutto fatto questo dovrà trovare i fiumi di denaro da utilizzare in questi ambiziosissimi progetti. Soprattutto difficile sarà vincere la concorrenza di altre città arabe come Dubai che già sono una realtà nel panorama mondiale e che quindi godono di un cospicuo vantaggio temporale.

Solo il tempo potrà dirci se il sogno visionario di questo principe diventerà un’altra grande realtà e un altro paradiso turistico da visitare in un non lontano futuro.

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Giu 142018
 

Plastica, è sicuramente il materiale di cui maggiormente si parla in questi giorni e purtroppo non positivamente. Telegiornali, radio, internet, ovunque la si menziona a causa dei suoi effetti altamente nocivi per l’ambiente.

Tante sono le strade e le ricerche sviluppate al fine di risolvere una volta per tutte i problemi generati dalla produzione di questo utilissimo materiale e l’ultima prende il nome di Sweetwoods, ossia la realizzazione di biomateriali a partire dal legno.

Questo progetto nasce dalla collaborazione di nove società europee finanziate con 21 milioni di euro dallo strumento finanziario Bio-Based Industries nel programma Horizon 2020 dell’Unione europea.

Il processo consiste nel trasformare il legno in zuccheri e lignina in modo da poter perfezionare ulteriormente il materiale in altri prodotti capaci di poter sostituire le sostanze chimiche e le materie plastiche derivate dal petrolio.

Il progetto è molto ambizioso e apre scenari del tutto nuovi nel panorama internazionale. Lo afferma Laura Koponen, il direttore generale della finlandese Spinverse, una delle nove società coinvolte. La Koponen, spiega, che l’obiettivo è quello di implementare una nuova tecnologia produttiva su scala industriale entro i prossimi 4 anni. Si è dimostrato che dal legno e dalla sua raffinazione, è possibile produrre tantissimi nuovi prodotti che prima potevano essere realizzati solo ed esclusivamente con il petrolio e i suoi derivati.

Tramite questo processo chiamato bioraffinamento, da 80 tonnellate di legno, sono stati realizzati prodotti ad alto valore aggiunto, quali bioplastiche, carburanti, edulcoranti, materiali per isolamento ed altro.

Dalla sinergia delle nove aziende europee, capeggiate dalla estone Graanul Biotech specializzata nella lavorazione del legno, sono stati sviluppati molteplici procedimenti atti alla realizzazione dei nuovi materiali. La finlandese MetGen ha ideato un procedimento che sfrutta gli enzimi per l’estrazione dal legno dei biomateriali puri e le ulteriori trasformazioni. La tedesca Tecnaro GmbH, la Armacell, la francese Global Bioenergies e la belga Recticel N.V., utilizzano poi questi biomateriali puri prodotti dalla MetGen, per produrre rispettivamente bio-materiali-compositi, schiume in elastomero, biocarburanti e schiume poliuretaniche.

Vedremo se i tempi di realizzazione di questo nuovo processo produttivo rispetteranno quelli previsti dal finanziamento europeo.

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Giu 132018
 

Si chiama The Pad Tower ed è una delle nuove torri che si sta completando a Dubai. L’ispirazione è chiara, basta vederla e poi tutti già la chiamano iPAD Tower, ma questo ovviamente non è il suo vero nome proprio per evitare problemi legali con la Apple. Ma a parte questo, sono molti i riferimenti al piccolo player della casa della Mela morsicata.

Non è una torre paragonabile alle altre costruite nella megalopoli emiratina, che competono per svettare nel cielo sempre più alte. Qui l’idea che sta alla base del progetto è diversa. Una architettura tecnologica che vuole avviare una tipologia nuova di edificio, spinto all’estremo in connettività e digitalizzazione.

The Pad è una palazzina di soli 26 piani nel verticale skyline di Dubai che riprende nelle forme il player musicale di Apple. Non è dritto, ma risulta inclinato di 6,5 gradi, scelta stilistica ancora una volta in riferimento al piccolo device. Infatti questa posizione inclinata, richiama quella che assume l’iPod quando è posizionato su un dock di sostegno.

La costruzione è iniziata nel 2006, ma i lavori si sono dovuti fermare nel 2010 a causa della crisi economica che ha colpito l’intero pianeta. Nel 2013 sono ripresi e si presume che The Pad possa vedere il suo completamento proprio quest’anno.

The Pad sorge sulla Business Bay di Dubai ed è opera dell’architetto di Hong Kong, James Law dello studio James Law Cybertecture. Il progetto è il risultato di un concorso per idee in cui James Law ha vinto contro mostri sacri quali Foster & Partner e Zaha Hadid Architects.

Nella visione del progettista, l’edificio nasce non per superare records come per molti altri edifici in città, ma per rappresentare un nuovo tipo di architettura, quella che Law chiama Cybertecture. Ossia un’architettura connessa, fusa con elementi tecnologici di grande innovazione, quasi futuristici. Il ritardo nella costruzione ha richiesto anche l’aggiornamento di questo aspetto, per cui molte idee iniziali sono state adattate alle nuove tecnologie resesi disponibili sul mercato dal 2010 in poi. The Pad ha così chiusure biometriche, pareti visore per simulare la vista su località differenti, luci con sensori, dispositivi che analizzano la salute delle persone e restituiscono questi dati sullo specchio del bagno con avvisi e promemoria, un po’ alla Mission Impossible.

L’edificio, ovviamente è completamente cablato e già predisposto per le tecnologie del futuro, dal controllo vocale ai sensori di posizione per luci e musica.

Insomma, un edifico completamente digitale che, nella visione del suo progettista, sia come i nostri amati dispositivi mobili e da questi controllabile. L’obiettivo dichiarato è quello di costruire un palazzo in grado di aggiornarsi digitalmente come oggi facciamo con il nostro cellulare, scaricando un’app e utilizzando nuove caratteristiche e funzioni.

Ovviamente la sua costruzione a Dubai è garanzia di tutto ciò e la scelta di Law non sarà stata sicuramente casuale.

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Giu 072018
 

L’aviazione civile sperimenta ogni giorno soluzioni nuove per rendere i viaggi sempre più comodi, sicuri ed economici. Si va da aeri di grandissime dimensioni come l’Airbus A380 (leggi: IL GIGANTE DEI CIELI – AIRBUS A380) ad aerei velocissimi (leggi: BOOM IL VOLO SUPERSONICO E’ QUI) a nuove soluzioni di spostamento in aria (leggi: POP.UP IL FUTURO DEL TRASPORTO).

Da General Electric arriva oggi un’altra novità; si chiama GeneralElectric 9X ed è un nuovissimo propulsore in fase di sperimentazione che attualmente è il più grande mai realizzato. GE9X ha un diametro di 3,40 metri quasi quanto una fusoliera di un aereo di medie dimensioni e secondo le previsioni della compagnia, dovrebbe equipaggiare i prossimi Boeing 777X che già detengono il record di aereo bi-motore più grande mai costruito.

Boeing ha effettuato il test del nuovo motore utilizzando un 747 appositamente modificato. Dei 4 motori, solo uno era il GE9X, mentre gli altri erano i motori standard lasciati appositamente perché se durante il test qualcosa non avesse funzionato sul nuovo propulsore, l’aereo avrebbe potuto continuare il suo volo.

Il 747 è decollato per il test da Victorville, in California e com’è possibile vedere il prototipo di GE9X è agganciato alla sua ala sinistra. Il test è durato 4 ore come stabilito e tutto è andato secondo le previsioni. Dall’ufficio stampa della Boeing si manifesta tanta soddisfazione per il successo della prova che con tanta cura era stata preparata per quel giorno.

Si tratta solo del primo di tanti test cui sarà sottoposto il gigantesco motore prima di poter essere utilizzato nei normali voli di linea e sostituire gli attuali propulsori. Ted Ingling, direttore generale della General Electric Aviation, la società che produce il motore, è entusiasta per il successo della prova e fa sapere di aver già ricevuto 700 prenotazioni, per un importo totale di 29 milioni di dollari.

Ma quali sono le caratteristiche di questo incredibile motore?

Innanzitutto è realizzato in fibra di carbonio e ceramiche di ultima generazione, capaci di resiste a enormi sollecitazioni e a temperature di oltre 1300°C. Questo per il responsabile della General Electric, Rick Kennedy, rappresenta un punto di enorme vantaggio perché più caldo è un motore a reazion,e maggiore è la sua efficienza in termini di consumo.

Le palette mobili saranno in fibra di carbonio, molto resistenti ma al tempo stesso molto leggere. Sulle altre caratteristiche e materiali impiegati vige il massimo riserbo sia da parte di General Electric che di Boeing.

Inoltre, la General Electric, con il GE9X supera il primato della concorrente Rolls Royce che lo deteneva avendo costruito il propulsore più grande dal diametro di 3,04 metri. Questo incredibile motore equipaggerà il nuovissimo Boeing 777X in preparazione da parte dell’azienda americana, aereo dall’incredibile apertura alare (oltre 71 metri), per la prima volta ripiegabile in modo da garantirgli la compatibilità con tutti gli aeroporti mondiali.

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Mag 252018
 

Ogni tanto parlo anche di Educazionetecnica.dantect.it, ossia parlo di noi, e di quali incredibili risultati questo sito sta raggiungendo. Seguo sempre con grande attenzione i dati statistici sul pubblico, sulle visualizzazioni e sulla fidelizzazione degli utenti. Questo perché possa rendermi conto di come voi che usufruite di queste pagine possiate gradire o meno le informazioni e le divulgazioni che costantemente pubblico. Ogni mese, salvo rare eccezioni, questo sguardo, mi riserva sempre gradite sorprese. Gli indici che misurano il gradimento delle pagine del sito risultano costantemente in crescita e aprendo l’ultimo articolo nel quale parlavo dei risultati di Educazionetecnica, scritto il 6 giugno della scorso anno (vedi EDUCAZIONETECNICA ANCORA RECORDS), mi è venuto da sorridere, perché non avevo ancora realizzato la portata di questo miglioramento.

Estratto da EDUCAZIONETECNICA ANCORA RECORDS con i dati statistici relativi al 2017

L’immagine sopra è un estratto dell’articolo di un anno fa e come si può leggere avevamo raggiunto i 1.656 visitatori unici in una giornata e 70.134 nel miglior mese di tutti. Ho sorriso quando li ho letti a confronto con gli attuali:

Clicca per ingrandire – Record utenti in una giornata (martedì 22 maggio 2018)

Clicca per ingrandire – Record visualizzazioni in una giornata (martedì 22 maggio 2018)

Clicca per ingrandire – Media visualizzazioni di pagina dal 6 ottobre ad oggi

Dalle schermate qui sopra è facile constatare come la situazione sia ulteriormente migliorata avendo superato spesso i 2.500 utenti unici giornalieri e raggiungendo le oltre 4.500 visualizzazioni quotidiane. Inoltre, le visualizzazioni per pagina hanno raggiunto le 100.000 nel mese tranne che a dicembre e aprile perché coincidenti con i periodi di vacanza.

Che dire a fronte di ciò? Posso solo ringraziare tutti per l’ennesima volta, per aver permesso al sogno di questo docente italiano di realizzarsi e per aver contribuito al successo di queste pagine nell’immenso spazio della rete.

Allora non mi resta che ringraziare i 2.500 di voi che ogni giorno leggono, si informano e curiosano tra le righe tecnologiche di questo sito e sperare che la prossima volta che scriverò di noi saremo diventati, chi lo sa, 3.000?

Buona lettura a tutti e infinite grazie dal prof. Betto

ALTRE IMMAGINI:

Utenti e nuovi utenti dal 6 ottobre 2017

Percentuale visitatori nuovi e fidelizzati

Visitatori per città

Browser utilizzato per accedere al sito

Sistema operativo utilizzato da chi si collega

Mag 232018
 

La miniaturizzazione non conosce confini e l’ultimo ritrovato in questa direzione viene dal colosso informatico dell’IBM. Di cosa si tratta? Del più piccolo chip mai realizzato. Se volessimo trovare un termine di paragone per far capire qual’è la sua dimensione bisognerebbe confrontarlo con un granello di sale come mostrato nell’immagine sotto.

Ma nonostante le ridottissime dimensioni, questo prodigio della tecnologia ha una discreta potenza, paragonabile ai chip degli anni ’90, gli X86 come possiamo ricordare. Certo non potrà fare concorrenza ai processori adottati oggi nei computer di uso quotidiano, ma sicuramente è in grado di svolgere egregiamente parecchi compiti. Inoltre, a dispetto della sua dimensione, contiene migliaia di transistor.

I vantaggi di questo minuscolo componente elettronico sono tanti. A partire dal prezzo: per IBM il chip costerà solo 10 centesimi di dollaro; sarà inseribile in ogni oggetto grazie alle sue ridottissime dimensioni, in modo da poter analizzare, monitorare e comunicare dati e informazioni su questo quando necessario. In questo modo sarà possibile monitorare ad esempio le spedizioni, come potrebbe essere possibile evitare le frodi o addirittura i furti proprio in virtù della tracciabilità. Senza dimenticare la possibilità di svolgere compiti quali ordinare dati, effettuare calcoli, svolgere specifiche operazioni.

Il chip è stato presentato da IBM alla conferenza annualeIBM Think 2018 sotto forma di prototipo, ma l’azienda è sicura che nel giro di pochi anni, potremo inserire questi ausili digitali in ogni oggetto che caratterizza la nostra vita quotidiana e chissà che la versione definitiva non sia addirittura più piccola.

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Mag 172018
 

Da uno studio condotto da ricercatori dell’università di Leiden, nei Paesi Bassi, potrebbe essere realizzato un sistema di propulsione e movimento per robot di nuova concezione. In pratica, gli scienziati con a capo Scott Waitukaitis, hanno osservato uno strano fenomeno mostrato da alcune sfere di un gel, un poliacrilamide, nel momento in cui colpivano una superficie riscaldata.

Il poliacrilamide, è un gel molto utilizzato in cosmetica e l’esperimento condotto su di esso, ha messo in evidenza come questo, impregnato d’acqua, nel momento in cui cadeva su di una superficie incandescente, iniziava a rimbalzare in maniera sempre più veloce. La stranezza stava nell’altezza dei salti. Infatti, le palline che venivano rilasciate da molto vicino alla superficie incandescente, iniziavano ad aumentare l’altezza di rimbalzo fino ad un certo punto, mentre quelle rilasciate da più in alto perdevano progressivamente spinta fino ad attestarsi alla stessa altezza di rimbalzo.

Questo fenomeno ha incuriosito e non poco gli scienziati che hanno voluto capire con maggiore precisione quale fenomeno stesse alla base di questo comportamento.

L’esperimento condotto dal gruppo di ricercatori, ha utilizzato una padella riscaldata alla temperatura di 215°C sulla quale da differenti altezze sono state fatte cadere alcune di queste palline di gel impregnate d’acqua. Il risultato è stato quello che le palline hanno iniziato a rimbalzare freneticamente fino a quando tutte si sono stabilizzate ad una precisa altezza pari a circa 4 centimetri.

Fotografando il fenomeno con una camera ad alta velocità, si è potuto comprendere il mistero che stava dietro ai curiosi salti dell’idrogel. La macchina da presa ha infatti rivelato che ogni qual volta la pallina colpiva la superficie rovente, si aprivano sul punto di impatto dei microscopici fori fino a 3.000 volte al secondo. L’elasticità del materiale faceva si che si aprissero dai 10 ai 15 fori per rimbalzo, che poi si richiudevano per effetto della stessa elasticità. Da questi, fuoriusciva una microscopica quantità di vapore prodotto dall’istantanea evaporazione dell’acqua dalla superficie della sfera. Questa in pratica fungeva da propulsore spingendo la pallina verso l’alto perché la quantità di energia cinetica prodotta dal getto di vapore era pari a quella dissipata nell’impatto. Questo spiegherebbe la regolarità nell’altezza del rimbalzo. Quindi, variando la temperatura della superficie di impatto si potrebbe variare anche l’altezza del rimbalzo.

Il fenomeno è anche accompagnato da una notevole rumorosità; infatti, questi micro-getti di vapore, fanno vibrare in aria le palline che risuonano come un piccolo speaker.

Tra le possibili applicazioni di questo fenomeno, gli scienziati hanno individuato quella di un utilizzo in soft robot, cioè robot privi di parti rigide, capaci di muoversi liberamente grazie al passaggio di acqua o di una corrente.

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Mag 152018
 

Ancora un esempio di architettura dinamica, un’architettura che cambia continuamente rendendo l’oggetto architettonico sempre diverso e capace di adattarsi a differenti momenti. Sto parlando del Fosun Foundation che sorge a Shanghai in Cina ed è opera dello studio londinese di Foster and Partners e nasce dalla collaborazione con lo studio design di Thomas Heatherwick.

La particolarità di questa magnifica opera contemporanea, è la sua facciata, progettata come una grande tenda che circonda l’intero edificio. E’ composta da 3 strati sovrapposti composti da grossi tubi di bronzo che hanno la forma di canne di bambù. Queste tre membrane, asimmetriche e di lunghezza variabile, muovendosi, fanno assumere all’edificio aspetti sempre diversi e addirittura in una delle possibili configurazioni, aprono l’intero edificio mostrando gli spazi interni, le grandi vetrate e la sala principale. Anche la grande balconata del primo piano è in bronzo e nonostante siano stati utilizzati materiali e forme massicce nel loro insieme queste  conferiscono all’edificio leggerezza e ariosità.

Il Fosun Foundation sorge al termine del quartiere finanziario di Shanghai, il Bund Finance Center, progettato dall’Est China Architectural Design & Research Institute ed è posto tra il lungomare The Bund e la città antica. Quest’area si estende per circa 420.000 metri quadrati ed è composta da 8 differenti uffici poli-funzionali, con altezze diverse. Gli edifici bassi sono disegnati in modo che le pesanti e massicce basi granitiche, si assottigliano salendo verso l’alto dando così l’impressione di forte radicamento al suolo, ma al tempo stesso grande leggerezza. Ciò che lega il Fosun Foundation con gli altri edifici del complesso, sono i materiali utilizzati. Vetro, acciaio, granito e soprattutto bronzo con il suo particolarissimo colore creano un collante, un elemento di unione tra le differenti anime del progetto. Il Fosun Foundation ne è la conclusione e in qualche modo il completamento. La sua differenza formale e materica lo staccano dal resto quasi fosse un corpo estraneo che volesse in qualche modo sganciarsi, scardinare il blocco rigido del quartiere, ma ne resta imprigionato per i colori e gli elementi compositivi.

Prospetti senza e con facciata mobile

L’edificio consta di 4 piani fuori terra e di altri 4 sotterranei dove sono disposte sale culturali, auditorium, spazi attrezzati e sistemi di collegamento con gli altri edifici. La superficie complessiva è di circa 4.000 metri quadrati; il piano di ingresso è costituito da una grande hall che si fonde con un patio esterno attraverso un pavimento continuo in pietra. Al secondo piano si trova la grande sala multifunzionale con la balconata. Spazi all’aperto come nella tradizione cinese, consentono rappresentazioni tradizionali e la facciata mobile, cuore e icona di questo edificio accolgono lo spettatore e lo fanno partecipare alla mutevolezza di questo spazio. Proprio le balconate esterne consentono al pubblico all’interno di interagire con questa quinta mobile che in particolari assetti può rivelare completamente la grande hall e la balconata superiore. L’ultimo livello è caratterizzato da una grande sala espositiva.

Il sistema mobile di ancoraggio della facciata

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Mag 142018
 

I circuiti stampati, con i quali realizziamo i nostri processori, le schede madri, e gli altri dispositivi elettronici che riempiono i nostri gingilli elettronici, vengono ogni giorno potenziati e migliorati, ma uno dei fattori chiave di questo successo sono le dimensioni. Infatti, la tecnologia, sta tentando di ridurre il più possibile le dimensioni di questi elementi ma sta trovando sempre maggiore difficoltà nel miniaturizzarli, perché i processi con cui ciò avviene hanno quasi raggiunto il limite scientifico. Per cui gli scienziati, stanno cercando vie alternative ai normali processi di produzione. Inoltre, gli attuali chip, sono costosi e difficili da smaltire rendendo questo processo anche negativo per l’ambiente.

Sono tante le strade che si stanno sperimentando, ma una nuova idea giunge in questo campo dagli studiosi del dipartimento di ingegneria dell’Università di Pisa. Infatti, secondo il loro progetto, sarebbe possibile stampare su di un semplice foglio di carta utilizzando una comune stampante a getto di inchiostro, anziché lettere, circuiti stampati.

Questo prodigio è dovuto soprattutto all’uso di materiali definiti bidimensionali, come e soprattutto, il grafene.

Questo progetto, finanziato dalla Comunità Europea e realizzato con la collaborazione dell’Università di Manchester in Inghilterra, è appunto finalizzato ad indagare i possibili impieghi di questi materiali bidimensionali nel campo dell’elettronica.

L’idea è quella di stampare direttamente su supporti flessibili come la carta, circuiti elettronici in modo da renderli assolutamente bio-degradabili, smaltitili con facilità e di conseguenza rispettosi dell’ambiente.

Tante potrebbero essere la applicazioni di questa nuova tecnologia. Ad esempio per la realizzazione di etichette intelligenti, impossibili da contraffare o per specifici dispositivi bio-medicali.

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Mag 082018
 

La mobilità sostenibile oramai è un tema che sentiamo ripetere ovunque, dai tg alle trasmissioni radiofoniche e ancor di più su internet. E sempre più i produttori si stanno impegnando nella realizzazione di mezzi in grado di affrontare queste nuove sfide.

Su GearBest è possibile acquistare questo innovativo mezzo, che presenta un design completamente diverso da quelli visti fino ad ora e delle funzionalità non indifferenti. Si chiama Ninebot One C+, e si tratta di uno speciale mono-ruota dalla configurazione avveniristica.

Dotato di uno pneumatico da 16 pollici gonfiabile, inserito in un telaio in lega di magnesio in grado di sopportare agevolmente pesi fino a 100 chilogrammi, quindi bambini ma anche adulti, il Ninebot One C+ rappresenta una grande novità nel panorama del trasporto sostenibile.

Sul telaio in magnesio, sono inseriti lungo un anello esterno dei LED che creano grande effetto, ma che hanno anche una funzione precisa; ci indicano infatti lo stato della batteria. Una batteria da 4,1Ah capace di sviluppare fino a 450 watt di potenza è in grado di spingere il veicolo fino alla velocità di 20 km/h in base al peso e al percorso intrapreso dal passeggero e di percorrere la ragguardevole distanza compresa tra i 18 e i 22 km/h sempre in base ai parametri detti prima.

Un sistema di sicurezza consente al Ninebot One C+ di arrestare la corsa se qualcosa va storto, ma anche la configurazione smart non è da poco. Un’App consente il controllo da smartphone e i dati biometrici e di percorso possono essere gestiti e memorizzati con grande facilità.

Questo incredibile strumento futuristico capace di superare traffico e congestionamento cittadino in modo molto agevole, è già in vendita ed ha un prezzo consigliato di circa 300 euro.

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