Nov 082011
 

Le Proiezioni Ortogonali sono una tecnica di rappresentazione che consente di visualizzare un oggetto anche tridimensionale sul piano bidimensionale (il foglio da disegno). Si tratta di proiettare secondo tre punti di vista lo stesso oggetto, ortogonalmente (perpendicolarmente) a tre diversi piani, ottenendo così tre diverse viste, una dall’alto chiamata pianta, una frontale chiamata prospetto e una laterale chiamata profilo.

E’ una tecnica di disegno abbastanza antica, nasce ad opera di Gaspard Monge, studioso francese che teorizzò questo sistema rappresentativo per finalità militari tanto che inizialmente era considerato segreto.

Le proiezioni ortogonali, consentono di avere una visualizzazione chiara e intuitiva dell’oggetto da rappresentare, ma anche la sua quotatura, tracciando sul disegno le sue misure principali ossia, lunghezza, larghezza e altezza.

Per eseguire una proiezione ortogonale abbiamo, quindi, bisogno di tre elementi: l’oggetto, i piani di riferimento e il punto di vista.

Eseguire una proiezione ortogonale di un oggetto, significa in pratica, guardarlo da tre differenti punti di vista e disegnare sul foglio ciò che vediamo. Nella esecuzione di una proiezione ortogonale, l’oggetto e i piani di riferimento non dovranno mai essere modificati, ciò che cambierà ogni volta è soltanto il punto di vista da cui osserviamo l’oggetto.

Se consideriamo un oggetto, nell’esempio una barca a vela, dobbiamo fissare tre punti di vista, cioè i punti da cui lo osserveremo. Questi saranno sempre gli stessi: dall’alto, di fronte e di lato.

Scelto l’oggetto e fissati i punti di vista da cui guardarlo, rimane da capire come posizionare i piani di riferimento. Immaginiamo allora che, i tre piani di riferimento siano i tre lati di una scatola (la base e due pareti). Posizioniamo l’oggetto al centro di questa scatola, come nella figura qui a lato.

Ricordiamo che abbiamo scelto tre viste, dall’alto, di fronte e di lato e che la proiezione dovrà sempre essere perpendicolare ai tre piani. Per comprendere meglio questo procedimento, immaginiamo di illuminare l’oggetto da tre direzioni che coincidono con i punti di vista. L’oggetto, proietterà allora tre diverse ombre ognuna su un piano di riferimento.


Vista dall’alto

1 – Poniamo la sorgente luminosa in alto sopra l’oggetto. La barca proietterà la sua ombra sul piano sottostante che, per la sua posizione prenderà il nome di PIANO ORIZZONTALE. L’esempio qui a sinistra chiarisce meglio il concetto.


Vista di fronte

2 – Spostiamo la sorgente luminosa frontalmente all’oggetto; questo proietterà un’altra ombra sul piano posto alle sue spalle. Questo piano prende il nome di PIANO VERTICALE perchè disposto ortogonalmente a quello precedente.


Vista laterale

3 – Spostiamo, infine, la sorgente luminosa di fianco all’oggetto. Questo, proietterà un’ombra sul piano posto di lato che prende il nome di PIANO LATERALE.


Come detto precedentemente, l’oggetto e i piani di riferimento non debbono essere mai spostati; l’unica cosa che può cambiare la propria posizione è la sorgente luminosa che, coincide con il punto di vista dell’osservatore, cioè con il nostro occhio.

Proiezioni

Congruenza proiezioni

L’oggetto proietta sui piani di riferimento le sue tre ombre. Come si vede nel secondo schema, le tre proiezioni sono tra di loro legate (congruenti) perché riferite tutte allo stesso oggetto posizionato nella medesima posizione.

Fin qui abbiamo rappresentato un oggetto attraverso tre sue proiezioni su tre differenti piani di riferimento tra loro perpendicolari. Ora dobbiamo trasferire questa rappresentazione tridimensionale sul piano bidimensionale del foglio da disegno.

Immaginiamo di far coincidere il Piano Verticale (P.V.) della nostra scatola tridimensionale con il nostro foglio da disegno come nell’esempio 1 qui sotto:

1 – Clicca per ingrandire

A questo punto ruotiamo di 90°, attorno all’asse che lo unisce con P.V., il Piano Laterale (P.L.) fino a farlo divenire complanare con il P.V. come in figura 2:

2 – Ribaltamento del Piano Laterale

Infine, ruotiamo il Piano Orizzontale (P.O.) di 90°, attorno all’asse che lo unisce al P.V., fino a far diventare anch’esso complanare a P.V. stesso, come in figura 3:

3 – Ribaltamento del Piano Orizzontale

Ribaltati i piani, questi, si trovano ad essere tutti complanari cioè, giacenti su di uno stesso piano, come avviene sul nostro foglio da disegno. Vediamo di seguito il risultato finale della proiezione ortogonale della nostra barca (oggetto):

Proiezione ortogonale

 

 

 

 

 


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https://www.youtube.com/watch?v=YEyGoNsT4xI
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Ott 232011
 

La gomma per cancellare è uno strumento essenziale per il disegno. E’ realizzata in gomma naturale o sintetica ed ha la funzione di rimuovere meccanicamente attraverso lo strofinio, inchiostri o tratti di grafite dal foglio da disegno o da altri supporti per scrittura.

La parola gomma deriva dal termine tardo latino gumma, che ha origine dal greco kómmi che a sua volta ha origini dalla parola egiziana kami.

UN PO’ DI STORIA

La storia della gomma naturale risale a parecchi secoli fa. La materia prima, il lattice, è ricavata da un vegetale chiamato l’albero della gomma, che secerne questo liquido spontaneamente. I primi utilizzi del lattice si devono agli indigeni del Sudamerica, che lo chiamarono cahuchu (legno piangente), da cui è stata tratta la parola comune, caucciù.

La preparazione della miscela avviene tritando e impastando a temperatura ambiente la gomma naturale. La temperatura viene aumentata gradualmente e il mescolamento viene realizzato a caldo fino al raggiungimento della consistenza desiderata. Durante la miscelazione, vengono aggiunti diversi prodotti additivi: piccole quantità di olio minerale o vegetale per favorire la miscelazione, zolfo e altri agenti vulcanizzanti, plastificanti, antiossidanti, pigmenti. La gomma è quindi colata in uno stampo oppure estrusa per assumere la forma desiderata. Viene, infine, sottoposta a temperature e pressioni elevate e, tagliata nella forma finale.

Ne esistono diversi tipi, e la classificazione viene fatta in base al tipo di tratto da rimuovere:

Gommapane

A mescola morbidissima o gommapane – è formata da un materiale plasmabile simile allo stucco. E’ generalmente di colore bianco-grigio anche se è possibile trovarla di altri colori. Lavora “assorbendo” le particelle di grafite e carboncino. A differenza delle altre gomme per cancellare, non si consuma e non perde pezzi, per cui ha una durata maggiore. La sua plasmabilità e formabilità la rende idonea a cancellature di precisione ma è inadatta per il disegno tecnico in quando assorbendo la grafite, dopo poco incapace di assorbirne altra, la rilascerà macchiando il foglio. E’ formata con oli di origine vegetali vulcanizzati, pomice in polvere, carbonato di calcio e altri componenti minori.

Gomma per matita

A mescola morbida o gomma per matita – è fatta di caucciù o di gomme sintetiche. Contiene polveri abrasive, come il carbonato di calcio e altre sostanze che servono a darle la giusta consistenza affinché, quando viene sfregata, si consumi eliminando anche la scrittura cancellata, che altrimenti rimarrebbe attaccata alla gomma stessa. In alcuni casi viene utilizzata montandola su un supporto metallico in testa alle matite detto portagomme. Si usa una miscela chiamata TPE (elastomeri termoplastici) che per l’elevata elasticità, è indicata per rimuovere tratti a matita, penna a sfera, scrittura dattilografica, inchiostro stilografico e china.

Gomma abrasiva

A mescola dura o abrasiva – serve per cancellare i segni di penna o inchiostro. E’ fatta con una mescola più dura che risulta essere maggiormente abrasiva sulla superficie su cui viene sfregata. Si aggiungono per ottenere questo effetto polvere di pomice o polvere di vetro alla miscela.

Gomma abrasiva a rondella

Estremamente abrasiva a rondella ottagonale, per macchine per scrivere –  ormai quasi in disuso, visto l’avvento del computer. Vantava una mescola molto dura che la rendeva altamente abrasiva; in pratica rimuoveva una parte del foglio insieme al tratto impresso dalla macchina per scrivere.

L’avvento del correttore a “bianchetto” e dei correttori a nastro, legati anche all’uso sempre più diffuso del computer, hanno ridotto notevolmente l’impiego di questo strumento. In ogni caso le gomma per cancellare continua a essere utilizzata assieme agli altri oggetti per la scrittura, quali la matita e il temperino, e viene riposta assieme ad essi e custodita in un astuccio.

Bianchetto

Infine, per completezza d informazione bisogna citare anche il bianchetto che, pur non essendo una gomma, nel disegno e nella scrittura ha la stessa funzione.

Il termine di uso comune, indica vari tipi di correttore universale. La forma più comune consiste in una vernice bianca coprente che asciuga rapidamente, capace di nascondere qualsiasi segno di inchiostro, penna biro o matita su fogli di carta o altre superfici. Poiché non consente di vedere il testo precedente alla correzione, il suo uso non è consentito su documenti ufficiali.

Articoli1

Ott 122011
 

Per la serie di articoli che pian piano ci stanno facendo scoprire i tanti attrezzi che utilizzano i professionisti del disegno, oggi parleremo di quello più tecnico di tutti: il Rapidograph. Come dice il nome stesso, Rapidograph altro non è che una “penna rapida”, nel senso in cui il suo segno è sempre preciso, uniforme e continuo consentendo rapidamente di tracciare linee, curve, segmenti o quant’altro il professionista si trova a disegnare. Il Rapidograph, consente, inoltre, di creare linee a spessore sempre costante per cui ne esistono diverse misure, con punte che vanno da 0,1 a 1,5 millimetri.

Clicca per ingrandire

Per ottenere tale risultato, queste particolarissime penne sono formate da un insieme di elementi uniti tra loro. Di questi i principali sono:

  • Il pennino;
  • La fascetta;
  • L’astuccio;
  • La cartuccia ricaricabile.

Il pennino rappresenta la punta vera e propria del rapidograph; è formato a sua volta da due parti, un puntale metallico da cui scorre l’inchiostro e l’anima, un filo metallico sottilissimo che si inserisce nel puntale ed ha lo scopo di dosare l’inchiostro secondo quantità molto limitate ma costanti nel tempo.

La fascetta è la custodia di plastica che racchiude e protegge il puntale; normalmente è formata dall’astuccio, dal puntale e dall’anima di metallo.

Lo stelo è la struttura di plastica che completa la penna racchiudendo la cartuccia di inchiostro e consente la presa E’ formato da un cilindro di plastica e una fascetta colorata che riporta sul dorso impresso il numero di spessore della penna.

La cartuccia è un piccolo serbatoio sigillato che una volta inserito nel pennino si apre consentendo la fuoriuscita dell’inchiostro.

Questo tipo di penne, sono piuttosto costose, proprio perché nella punta sta la grande teknologia dell’attrezzo. L’anima metallica, un filo sottile più di un capello, funziona fintanto che la punta e mantenuta intatta. Infatti, piegandola accidentalmente, l’anima smette di assolvere alla propria funzione e l’inchiostro non scorre più con regolarità. Essendo la precisione e la continuità del segno le caratteristiche salienti di questo strumento, il venir meno di una di queste lo rende inutilizzabile. Per cui il rapidograph richiede una grande manualità e una estrema precisione che, unita al fatto di essere estremamente costoso, lo rende idoneo solo alla mano di un professionista e non di un principiante.

L’inchiostro contenuto nelle cartucce, è un altro degli elementi fondamentali di queste penne; si tratta di una miscela di pigmenti particolarmente fluidi, che difficilmente solidificano nella cartuccia. Speciali canali d’aria all’interno del pennino, favoriscono la fuoriuscita dell’inchiostro dalla punta ed evitano il formarsi di ostrusioni e coaguli che potrebbero bloccarne il deflusso. Una manutenzione attenta e continua della penna ne garantisce il funzionamento per periodi molto lunghi, per cui se si pensa di non utilizzare il rapidograph, questo va smontato e pulito per essere pronto per il suo riutilizzo.

QUALCHE CENNO STORICO

Rapidograph è il nome che è stato utilizzato ufficialmente da Rotring, una fabbrica tedesca, per una linea di prodotti realizzati per la scrittura. In seguito, Chartpak Inc. una fabbrica manifatturiera americana, ha acquistato da Rotring i diritti per commercializzare le penne sotto il marchio di Koh-I-Noor negli Stati Uniti.

E’ nel 1960 che questo tipo di penne evolve verso le attuali. Per la prima volta viene utilizzato il serbatoio di inchiostro da riempire con un contagocce, e si realizzano puntali di differente sezione anche se le parti ancora non erano tra di loro compatibili o intercambiabili.

Diverse erano le fabbriche che producevano negli Stati Uniti questo tipo di penne:  WRICO, Leroy, e Koh-I-Noor. Ognuna di esse utilizzava una specifica sequenza e numerazione, per cui le penne non erano standardizzate. Inoltre, queste prime penne avevano una misurazione in pollici e non in frazioni di metro come oggi. L’International Organization for Standardization (ISO) ha chiesto di standardizzare quattro larghezze penna e di impostare un codice colore per ognuna di esse: 0,25 (bianco), 0,35 (giallo), 0,5 (marrone), 0,7 (blu). Altre misure sono realizzate a partire da queste.

I produttori più conosciuti nel mondo oggi sono Staedtler, Rotring, Faber-Castell e Koh-I-Noor.

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Ott 102011
 

Il tecnigrafo è il piano da disegno utilizzato da architetti, geometri e studi di progettazione prima dell’avvento della computer grafica. Il tecnigrafo è un grande piano di lavoro assolutamente privo di asperità su cui sono montate una coppia di squadre, fissate tra di loro perpendicolarmente e montate su di un goniometro meccanico che ne consente la rotazione. La coppia di squadre, assiste il disegnatore consentendogli di tracciare rette parallele in qualunque direzione; infatti, queste sono fissate ad un braccio mobile che scorre orizzontalmente sul piano di lavoro (il tavolo) e possono a loro volta scorrere verticalmente tramite un binario presente sul braccio a cui sono fissate. Potendo, inoltre grazie al goniometro cui sono fissate, ruotare sia in senso orario che antiorario, la loro possibilità di movimento sul piano è praticamente illimitata.

Tecnigrafo

I tecnigrafi più antichi, avevano un sistema di molle e tiranti con contrappesi che consentivano lo spostamento controllato del gruppo squadre sul piano. Quelli più moderni hanno sostituito molle e tiranti con sofisticati sistemi olio-pneumatici. Pare che il primo esempio di tecnigrafo in Italia sia da datare 1913 proprio in virtù del rinvenimento di un annuncio pubblicitario per la sua vendita.

Paralleligrafo

Il tecnigrafo consente di eseguire tutta una serie di operazioni di disegno complesse che richiederebbero uso di molteplici strumenti come righe, squadre e goniometri. Con il tecnigrafo si possono tracciare linee parallele, ortogonali, inclinate secondo qualunque angolo, misurazione di angoli.

Infine, derivano direttamente dal tecnigrafo altri strumenti di supporto al disegno quali il paralleligrafo e la riga a T.

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Ott 092011
 
Squadretta 30-60°

Squadretta 30-60°

Squadretta 45°

Squadretta 45°

Hanno forma triangolare e vengono utilizzate normalmente in coppia. Abbiamo così:

▪   Una squadretta detta scalena, nella quale l’ipotenusa forma con i cateti angoli di 30° e 60°;

▪   Una squadretta isoscele, nella quale l’ipotenusa forma con i cateti due angoli uguali di 45°.

Il materiale utilizzato è normalmente plastica (acrilico proprio per le sue caratteristiche di trasparenza), ma se ne possono trovare anche in metallo o legno. Su uno dei cateti, chiamato ala, è sovrimpressa una striscia graduata per la misurazione dei tratti che si realizzano. Le squadrette, vengono utilizzate normalmente assieme alla riga per poter tracciare segmenti perpendicolari o incidenti oppure utilizzando gli angoli di uso comune.

UN PO DI STORIA

La prima comparsa delle squadrette per uso tecnico si può far risalire al periodo greco e romano. Si trattava di due bracci fissati tra loro usati in modo diffuso nelle officine e nei cantieri. Solo dal ‘600 acquisì una forma a triangolo pieno con tre asticelle unite come nelle attuali, inclinate con angoli da 30°, 45° e 60°. Dal 1930, l’uso della squadra, lasciò il posto ad uno strumento che entrò a far parte di tutti gli studi di progettazione e disegno tecnico: il TECNIGRAFO.

All’attuale acrilico, come materiale da costruzione, si arrivò attraverso l’uso di differenti materiali, tra cui per primi il legno, il metallo (ferro o bronzo), l’avorio e l’osso. Dall’800 si impiegò anche la celluloide e successivamente l’alluminio per la sua leggerezza e lavorabilità. Solo nel ‘900 si approdò all’attuale acrilico (sostanza sintetica e trasparente) come materiale da costruzione.

squadretta zoppa2

Squadretta zoppa

Esistono anche altre versioni di squadrette tecniche utilizzate in officina dette squadre zoppe. In queste, un lato è assente (normalmente l’ipotenusa) ed il cateto più corto è utilizzato a martello in modo da poter essere appoggiato ad un bordo come guida per tracciare linee parallele o perpendicolari.

USO DELLE SQUADRETTE

Di seguito illustro brevemente alcuni possibili usi delle squadrate per tracciare linee perpendicolari e parallele, ortogonali e inclinate.

 

 

Uso delle squadrette per realizzare linee parallele.

Articoli1

Ott 032011
 

matita_bnUna matita è lo strumento base per il disegno. Il termine deriva dal latino lapis haematitas che significa pietra di ematite: infatti, prima della scoperta della grafite, venivano utilizzati con funzioni analoghe, bastoncini di ematite (ossido di ferro).

Grafite

Nella seconda metà del XVI secolo, in Inghilterra furono scoperte miniere di grafite pura e solida che venne inizialmente utilizzata per segnare il bestiame. Questa, in seguito, venne inserita in un profilo di legno esagonale, normalmente pioppo. Il profilo esagonale fu scelto per garantire una solida e corretta impugnatura. All’interno veniva custodita l’anima di grafite che prese il nome di mina. Un’estremità della matita si appuntisce attraverso l’uso del temperino, un apposito strumento a lama, in maniera da rimuovere il rivestimento di legno e far emergere la punta della mina per poter così tracciare il colore. Se la mina sarà composta prevalentemente di grafite, il tratto sarà dunque grigio scuro. Se l’anima della matita sarà, invece, colorata il tratto sarà del colore specifico e la matita prenderà il nome di pastello. La matita può o meno portare su uno degli estremi una piccola gomma montata su supporto metallico che ha la funzione di consentire cancellature rapide.

La mina si realizza utilizzando speciali macchine che, creano una miscela impastando tre materie prime naturali: argilla, grafite e acqua. Più argilla si usa e più la mina sarà dura. Proprio per questo motivo, si possono produrre molti tipi di matite, a seconda delle caratteristiche di durezza e di composizione della mina. Le matite da disegno si differenziano in 19 tipologie: EE (morbidissima), EB, 9B, 8B, 7B, 6B, 5B, 4B, 3B, 2B, B (morbide) HB (media), F, H, 2H, 3H, 4H, 5H, 6H, 7H, 8H, 9H (durissima).

Scala di durezza delle mine

Le matite più morbide permettono di ottenere un nero intenso e un tratto meno deciso (disegno artistico), mentre quelle più dure vengono prevalentemente utilizzate nel disegno tecnico perché lasciano un segno netto e preciso.

La matita viene utilizzata per scrivere quasi esclusivamente su carta e il suo tratto lascia una traccia relativamente debole che può essere facilmente rimossa con strumenti come la gomma. Per questo la matita è adatta soprattutto per il disegno, sia artistico che tecnico, e come mezzo veloce e cancellabile di scrittura.

La matita oltre agli evidenti vantaggi, presenta anche alcuni limiti. Utilizzandola costantemente, saremo costretti a temperarla per averla sempre appuntita e idonea al disegno. Ma questa operazione non può essere effettuata all’infinito, perché ad incerto punto questa sarà inutilizzabile.

Per venire incontro ai disegnatori e fare in modo che questi fossero dotati di matite sempre uguali, sono stati creati nuovi strumenti derivati direttamente da essa. I più diffusi sono: il portamine e il porta micromine.

PORTA-MINE

Porta mine

Come dice il nome, il porta-mine è un contenitore, plastico o metallico che riprende la forma della matita ma è cavo all’interno e può accogliervi le mine di grafite, la anime nere custodite all’interno della matita. Premendo il pulsante all’estremità, viene fatta fuoriuscire una mina. La mina non cade dal portamine, perché è dotata ad un estremo di “strettoio”, un anello metallico che ne aumenta lo spessore e ne impedisce la fuoriuscita. Con il porta-mine, tempereremo la mina utilizzando uno strumento chiamato temperamine,  ma non avremo più l’inconveniente di veder ridurre la matita gradualmente perché il contenitore resterà intatto. In questo modo la presa sarà sempre corretta e ideale.

PORTA MICROMINE

Porta micro-mine

Esiste, inoltre, un ulteriore evoluzione della matita e della mina come strumento di precisione del disegno, chiamato porta-micromina. Rappresenta la matita tecnologicamente più avanzata tanto da essere definita la matita sempre appuntita. Fu realizzata allo scopo di evitare di dover temperare continuamente. Le prime micromine avevano un diametro di 2mm troppo grosse per evitare questa necessità. Pian piano si cercò di ridurre sempre più lo spessore, ma fu solo negli anni ’50, grazie alla tecnologia di polimerizzazione introdotta dalla Faber-Castell, che si cominciarono a produrre le mine da 0,7mm, 0,5mm e da 0,3mm, che non avevano più bisogno di essere temperate. Oggi si sono prodotte mine ancora più sottili fino a 0,2mm.

Matita, porta mine, porta micromine. Ma qual’è quelle giusta da dover utilizzare? Sicuramente la matita, ma lo strumento ideale per lo studente delle scuole medie è sicuramente il porta mine, perché il porta micromine è uno strumento troppo avanzato per ragazzi che per la prima volta si dedicano al disegno tecnico e la matita ha l’inconveniente di ridursi con l’uso.

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Il normografo è un particolare strumento tecnico, utilizzato dai disegnatori, soprattutto geometri e architetti, per la realizzazione di speciali caratteri tipografici e non.

In special modo, il normografo veniva utilizzato, insieme alle squadrette e al righello, per la realizzazione di caratteri uniformi. Si tratta di un righello di plastica o di altro materiale su cui sono intagliate le lettere dell’alfabeto o altri caratteri speciali ad esempio cerchi (cerchiografo), quadrati (quadrografo), ecc., che in epoca pre-computer aiutavano i disegnatori a realizzare simboli e caratteri con una certa precisione. Particolari pennini a inchiostro o sottilissime micromine, consentivano di seguire tali forme per ottenere sul foglio, in modo preciso, il segno corrispondente. L’uso più diffuso era quello relativo alla quotatura di un disegno, ma si usava anche per l’apprendimento della lingua o nel design industriale. Il computer ha oggi soppiantato definitivamente tale strumento rendendolo idoneo per un uso esclusivamente didattico.

Normografo da 0.5mm

I normografi possono presentare incisi sulla loro superficie tutti i caratteri dell’alfabeto o solo alcuni di essi, essendo altri realizzabili a partire da quelli rappresentati (es. la F maiuscola si può realizzare a partire dalla E non tracciando il trattino inferiore). Normalmente il normografo presenta profili tirachina, cioè bordi rialzati per facilitare lo scorrimento dell’inchiostro senza che lo strumento lo faccia sbavare. Infine, possiamo trovare in commercio, normografi di diversa dimensione per realizzare caratteri più o meno grandi.

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compass

Il compasso è uno strumento geometrico da disegno antichissimo. E’ lo strumento più adoperato assieme al righello e alle squadre, utile a realizzare circonferenze e archi.

Il compasso è formato da due aste, solitamente di uguale lunghezza, articolate nella parte alta tramite un semplice sistema a vite. Alla base delle due aste, qualche volta allungabili, sono fissati strumenti tecnici diversi in funzione di quello che bisogna realizzare. Le parti, comunque, sempre presenti sono:

  • sistema fissante (ago o ventosa);
  • sistema scrivente (mina di grafite, gessetto, pennino di china).

In alcuni compassi, specie in quelli professionali, esiste la possibilità di mutare l’attrezzo scrivente a seconda del materiale di supporto scelto. ]

TIPI DI COMPASSO

Nel tempo, i compassi si sono evoluti sempre più, adeguandosi alle richieste e alle necessità dei tecnici sia in campo progettuale che, navale, militare e aeronautico. A seconda delle caratteristiche avremo, quindi:

  • Compasso da disegno con ago fissante, aste regolabili o no, sistema scrivente con mina o pennino e strumenti aggiuntivi sostituibili;
  • Balaustroni, se hanno un ago come attrezzo fissante, una mina o un pennino come sistema scrivente ed una rotellina nel centro per la regolazione dell’apertura;
  • Balaustrini, quando presentano le stesse peculiarità dei balaustroni ma mancano di rotellina regolatrice (il compasso è mantenuto nell’angolazione prescelta unicamente grazie alla durezza degli ingranaggi di giunzione tra le aste, che vanno dunque regolarmente stretti);
  • Compassi da lavagna, se posseggono come attrezzo fissante una ventosa e come sistema scrivente un gessetto o un pennarello da lavagna; tipicamente, essi sono fatti di legno o leghe metalliche a base di alluminio (onde renderli più leggeri viste le grandi dimensioni).
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