Le mie personali riflessioni sulla nuova funzione docente nella scuola: prof. Davide Betto.
La Classe 2.0 lo si voglia o no, rappresenta di per se uno momento di innovazione e sperimentazione, non solo per gli studenti, ma soprattuto per gli insegnanti costretti, loro malgrado, a mettere in discussione l’intera procedura operativa finora utilizzata basata sull’esperienza e la pratica quotidiana. Non si tratta di apprendere nuovi contenuti, ma di adattare i vecchi ad una nuova tipologia di comunicazione, di trasmettere il sapere attraverso strumenti diversi e quindi di riprogettare e rivedere l’intero modo di fare lezione. L’elettronica e l’informatica, grandemente diffusi nella società contemporanea, hanno cambiato il modo in cui i ragazzi si relazionano e interagiscono tra loro e con il sapere. L’approfondimento avveniva attraverso la consultazione di vocabolari e enciclopedie; oggi avviene sempre attraverso questi strumenti, ma in formato digitale, e soprattutto attraverso la rete, wikipedia, youtube, googlearth per citarne alcuni. La corrispondenza si invia attraverso le email, la comunicazione passa attraverso Whatsapp, Viber, Skype e i social network. Tutto è stato cambiato dalla rete e dalla sua diffusione. La banda larga, la connettività mobile diffusa, strumenti sempre più piccoli e sempre più potenti consentono di essere connessi con il mondo in ogni istante abbattendo distanze e limiti fisici. Una scuola attuale e in linea con i tempi necessita di infrastrutture che fino a qualche anno fa erano considerate irrealizzabili e impensabili. Connettività wi-fi, laboratori multimediali, lavagne interattive, sono strumenti necessari per realizzare questo percorso. Ma dall’altro lato servono anche operatori aggiornati e capaci di utilizzare questi strumenti. Il docente 2.0 deve essere in grado di padroneggiare questi strumenti, ma soprattutto non deve avere paura di sperimentare e sperimentarsi. Deve svolgere il proprio ruolo di educatore al passo con i tempi, essere in grado di anticipare i propri alunni come è sempre accaduto nel passato in merito ai contenuti e alle modalità di somministrazione. Insegnare in una Classe 2.0 significa essere un docente moderno, aggiornato e capace di trasmettere il sapere in un modo nuovo idoneo ai nuovi alunni, i cosiddetti nativi digitali.
Il docente 2.0 deve smettere i panni del cattedratico e assumere un nuovo ruolo. In questa nuova dinamica, assumerà le vesti del coach, del team leader, ossia dell’allenatore o della guida di questa nuova squadra di lavoro. Organizzerà, affiderà i compiti, indirizzerà nelle scelte, indicherà gli strumenti con i quali gli studenti si dovranno confrontare. Non deve più fornire i contenuti, ma deve insegnare a costruirli attraverso gli strumenti multimediali che il gruppo di lavoro possiede. Quindi, come si può intuire, un cambiamento totale nelle modalità insegnamento-apprendimento. L’alunno apprende direttamente attraverso la costruzione della lezione di cui diventa parte attiva e integrante, mentre il docente-coach lo aiuta nel difficile compito del discernere tra le informazioni raccolte e nella costruzione di un percorso apprenditivo corretto. Questa operazione può essere svolta sia in classe che a casa attraverso azioni di tutoring a distanza attraverso la condivisione di spazi e documenti sulla rete. Anzi, buona parte del lavoro va proprio svolta lontano dal luogo di lavoro (classe). A casa il discente ha maggior tranquillità e maggior tempo per selezionare le fonti e strutturare il percorso didattico. Può interagire in qualunque momento con il docente, con i compagni, può utilizzare gli strumenti che gli sono più familiari.
A scuola si svolgerà tutto il lavoro di organizzazione e assemblaggio di quanto prodotto a casa. I contenuti raccolti da ciascun gruppo diverranno parte integrante di un documento comune che dovrà essere accessibile a tutti e condiviso sulla rete e efficacemente pubblicizzato.
Sarà come far combaciare i pezzi di un puzzle di cui solo il docente conosce l’immagine finale, facendo in modo che gli studenti giungano da soli al risultato desiderato.
LEZIONE ATTIVA
Seguendo tempo fa un corso sull’uso dell’iPad in classe e della nuova didattica ad esso legata, ho colto degli aspetti e delle informazioni che non mi sarei mai immaginato di trovare in quella sede. L’esperto chiamato a informarci, docente e autore di diversi libri sul tema, ci ha coinvolti in un gioco interattivo, con il quale ha voluto dimostrarci come le modalità di apprendimento e di interazione degli studenti è cambiata e di come questa possa essere pilotata e controllata in modo più efficace di come avviene oggi in classe. Ha definito questo modo di insegnare ATTIVO, contrapponendolo al modo tradizionale di insegnare e spiegare definito, in quella sede, PASSIVO. Ora, non volendo entrare nel merito delle definizioni, che ognuno di noi potrà considerare corrette o meno, mi hanno colpito alcune considerazioni da lui elaborate nel corso del gioco ed avevo piacere di condividere questa esperienza che, per me, è stata illuminante, con voi.
Ha avviato un video di una lezione definita “attiva” da lui tenuta in cui un gruppo di studenti seduti attorno ad un tavolo ragionavano sull’argomento assegnato loro dal docente. Ad un certo punto ha fermato l’immagine e ci ha chiesto di individuare ciò che secondo noi non andava in quel fermo immagine. Dopo qualche tentativo, uno di noi si è accorto che una ragazza del gruppo di lavoro stava scaricando un gioco. Nulla che avesse a che fare con la lezione o il compito assegnatole.
L’esperto ha allora esordito con una considerazione che a mio avviso, anche se con qualche riserva, non faceva una piega. L’alunna in questione, durante una lezione tradizionale, ossia frontale, probabilmente si sarebbe distratta lo stesso, di nascosto con il cellulare, o con qualche altro oggetto nella sua cartella o sul banco. A quel punto noi potremmo non esserci accorti di questa sua distrazione (lui l’ha definita USCITA dalla lezione). Uscendo, l’alunna in questione, ha praticamente interrotto l’apprendimento dei contenuti da noi in quel momento somministrati alla classe. Ne è uscita in maniera definitiva, perché noi non spiegheremo più quella lezione o peggio ancora, per chi quel giorno è assente da scuola, perché non potrà mai avere la possibilità di partecipare alla spiegazione del docente. Nel caso di una lezione attiva, invece, l’alunno è parte della lezione, per cui la sua uscita, anche se temporanea, per giocare, scaricare un software o semplicemente per chiacchierare, è solo temporanea; infatti, essendo egli stesso parte della lezione, che dovrà costruire e realizzare, può uscire e rientrare nel processo infinite volte. In questo caso, il messaggio non arriva dal docente, ma lo deve costruire lui; è lui che dovrà completare il tassello del mosaico di cui è responsabile e che, dovrà combaciare e combinarsi con quello degli altri compagni.
Riprendendo la visione del video, l’alunna, effettivamente, qualche istante dopo era di nuovo all’opera a completare il suo lavoro e la distrazione o l’interruzione non avevano minimamente influito sul suo ruolo o sulla qualità del suo elaborato.
Ora, comprendo che probabilmente l’esperto in questione si possa essere trovato in una condizione ideale, alunni corretti e partecipativi, strumenti idonei, mentre in molte nostre realtà questo non è possibile o non è addirittura pensabile, però apre parecchi spunti di discussione.
Ma,…li scopriremo insieme nel prossimo capitolo dedicato alla Classe 2.0 intitolato: CLASSE 2.0 alla DANTE ALIGHIERI.