Dic 092018
 

La bio-compatibilità oramai sta pervadendo tutti i settori commerciali, dai trasporti all’industria e sempre più spesso ci vediamo proporre soluzioni più “green” rispetto alle attuali. Sostituire la plastica con materiali meno inquinanti è oramai una priorità a livello mondiale soprattutto nei paesi più sviluppati e l’ultima trovata nel campo della moda ci arriva da Max Gavrilenko, un guru nel campo dell’ottica e delle montature per occhiali.

Si chiamano Ochis Coffee, si tratta di una montatura per occhiali basata su concetti di sostenibilità ed innovazione. La struttura è ricavata da sostanze totalmente biodegradabili, un bio-polimero ottenuto dal caffè, dal lino e dall’olio naturale di soia. Questa sostanza è in grado di decomporsi in un periodo di tempo 100 volte più rapido dei classici occhiali ottenuti in materiale plastico, potendo addirittura diventare fertilizzante per il terreno. La loro biodegradabilità non deve trarre in inganno, perché questi occhiali sono in grado di resistere tranquillamente sia all’acqua che al sudore umano.

Ovviamente ciò che viene utilizzato non è il caffè che noi prendiamo in tazzina o quello con il quale prepariamo la famosa bevanda, bensì i suoi fondi, quindi scarti che, vengono miscelati insieme alla segatura di lino ed a un olio ricavato dalla soia. Questa miscela rende questi occhiali particolarmente piacevoli al tatto oltre a conferirgli il classico aroma di caffè che, in campo fashion, fornisce un ulteriore elemento attrattivo nei riguardi di questo prodotto.

Max Gavrilenko, ha disegnato per la campagna che egli stesso ha avviato su Kickstarter, ben otto modelli differenti di montatura, così da proporre soluzioni fashion diverse e maggiori opzioni di scelta per i futuri clienti.

Queste montature si contraddistinguono per l’estrema leggerezza e la grande resistenza delle quali sono dotati, si pensi che sono stati fatti test di caduta da oltre 3 metri di altezza, e hanno una durata garantita di circa cinque anni. Il bio-polimero rende, inoltre, particolarmente elastici ed adattabili, le montature ai diversi formati di viso.

Il costo previsto al lancio di questi occhiali è compreso tra i 69 e i 120 dollari.

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Dic 052018
 

Ne abbiamo parlato un po’ di tempo fa, quando la società Liquidametal Tecnologies, divenne improvvisamente nota per l’acquisizione delle sue tecnologie da parte del colosso americano dell’informatica Apple Inc (LIQUIDMETAL il METALLO LIQUIDO DI APPLE). A distanza di qualche anno, questa tecnologia inizia ad essere matura per il mercato e per l’elettronica di consumo. La società che ha brevettato il progetto, ha finalmente portato a compimento la realizzazione di apparecchiature specializzate per lavorare questi metalli come si trattasse di polimeri plastici.

Innanzitutto vediamo di capire cos’è un metallo liquido. La definizione potrebbe trarre in inganno perché in realtà anche questi metalli, o meglio leghe metalliche ottenute miscelando zirconio, titanio, rame, nichel e berillio, si trovano allo stato solido in condizioni normali. La definizione liquido, deriva dalla loro struttura molecolare. Infatti, i metalli come molti altri materiali in natura, hanno una struttura cristallina ossia con le molecole disposte secondo uno schema ordinato. Al contrario, quando sono fusi, le molecole si dispongono in maniera casuale, disordinata, esattamente come accade nei polimeri plastici o nel vetro. Ecco perché, vengono anche chiamati metalli amorfi o metalli vetrosi. Si definisce amorfa una struttura casuale, priva di ordine. Ma come facciamo ad ottenere questa struttura disordinata visto che stiamo lavorando con dei metalli che invece hanno una struttura cristallina? Il segreto sta nel processo di produzione: in pratica, si porta il metallo a temperatura di fusione e lo si raffredda molto rapidamente con getti di acqua gelida facendo di subire uno shock termico di 1000°C in pochi minuti. In questo modo si congela la struttura casuale che il metallo possiede in quell’istante, creando un nuovo materiale con struttura molecolare disordinata come se fosse ancora liquido.

Quali i vantaggi di questa tecnologia? Enormi. Questa nuova struttura rende il metallo liquido molto più resistente, si parla del doppio di un buon acciaio, con una durezza superiore a quella del titanio e cosa straordinaria, associa a questa incredibile resistenza una elasticità cinque volte superiore a quella dell’acciaio. Inoltre, questi materiali si contraddistinguono per un peso specifico basso, grande resistenza alla corrosione, ottime capacità di saldatura e possibilità di essere lavorate per stampaggio ad iniezione, cosa assai rara se non impossibile per i normali metalli. Inoltre, questa tecnica da una perfetta finitura superficiale che non richiede ulteriori trattamenti secondari, ottenendo risparmi economici e di tempo.

Questa tecnica è stata messa a punto da Engel, un colosso austriaco nel campo della lavorazione dei metalli, che ha realizzato le infrastrutture e macchinari necessari alla realizzazione di questo processo, notevolmente diverso da quello utilizzato per le materie plastiche. Infatti questo macchinario non ha la classica vite-cilindro come sistema di fusione e iniezione, bensì una camera in cui viene inserito il lingotto che sarà fuso da uno speciale sistema di riscaldamento a induzione in un ambiente senza aria, per impedire la formazione dei cristalli e garantire la produzione di leghe amorfe.

Il vantaggio di questa nuova tecnologia consente l’abbassamento dei costi, trattamento superficiale del metallo particolarmente fine, miglioramento del limite elastico del metallo in allungamento, fase di processo unica, nessun ulteriore trattamento termico atto a migliorare la durezza e la resistenza meccanica, nessuno scarto di processo.

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Ott 102018
 

Se pensiamo alla NASA, ossia l’ente spaziale americano, la nostra mente ci porta subito alle navicelle, alle sonde di esplorazione spaziale, alle conquiste nella ricerca di altri mondi. Ma la NASA non si occupa solo di questo, bensì le ricerche si allargano in infiniti campi che sono in qualche modo interconnessi con le attività spaziali.

I mezzi ideati per l’esplorazione di altri pianeti, sono anch’essi costituita da infinite parti, frutto di studi e ricerche per renderli adattabili ad altri mondi o a situazioni imprevedibili. Tra le innovazioni ha sicuramente un risalto particolare il Superelastic Tire, ossia il nuovo concetto di pneumatico. L’idea che sta alla base di questa nuova grande innovazione, è lo pneumatico senza aria, non soggetto quindi ai limiti che le normali ruote hanno sulla Terra.

Sono realizzati con leghe a memoria di forma che costituiscono la struttura rigida capace di migliorare enormemente questo oggetto. Gli studi in questa direzione erano già stati avviati parecchi anni fa, quando la NASA sviluppò un nuovo concetto di pneumatico usando per i rover lunari acciaio per molle, che si dimostrò essere un buon compromesso. Questi pneumatici a molla airless, però, quando dovevano sopportare grossi carichi, erano soggetti a deformazioni permanenti. Il salto di qualità avvenne quando lo scienziato dei materiali Santo Padula fece casualmente una visita al laboratorio Simulated Lunar Operations (SLOPE) del Glenn Research Center della NASA. Egli suggerì la sostituzione della struttura in acciaio airless con quella a leghe a memoria di forma nei rinforzi radiali sullo pneumatico. La lega utilizzata, è una particolare combinazione di nichel e titanio stechiometrico che è capace di riorganizzarsi a livello atomico riacquistando la sua forma una volta che il carico viene tolto. Lo pneumatico con questa combinazioni di materiali è in grado di deformarsi fino al 30% in più rispetto ai precedenti, senza modifiche o danni permanenti sulla sua superficie.

Un tipo di soluzione del genere porta con se evidenti vantaggi. Lo pneumatico non deve essere gonfiato e conseguentemente non può esplodere, non serve un telaio interno di rinforzo il che si traduce in una riduzione del peso. In questo modo i rover possono essere regolati con carichi differenti, adattati a più tipi di terreno e resistere a gravità diverse.

Il sistema Superelastic Tire è stato evidentemente studiato per le missioni spaziali e per i rover che devono affrontare gli ambienti sconosciuti di Marte, ma il loro uso anche in ambito civile pare possa essere possibile. Il problema maggiore sarebbero la velocità ed i costi, ma per veicoli che viaggiano solo a bassa velocità o su terreni asfaltati, i vantaggi potrebbero essere diversi.

Lug 232018
 

La sostenibilità ambientale, lo sapete, è oramai una parola chiave della tecnologia sempre più spesso utilizzata sul nostro sito didattico.

Plastica è anch’essa una parola molto in voga, ma dai vantaggi enormi che ha dato a intere generazioni, siamo passati a considerarla come la causa di molti dei mali del nostro pianeta.

Uno dei prodotti più diffusi, creati attraverso il processo di vulcanizzazione delle gomme (vedi: DAL CAUCCIU’ ALLO PNEUMATICO) e dei polimeri sintetici, sono gli pneumatici. E’ un argomento che abbiamo molte volte affrontato sul nostro sito e se avete voglia potrete trovare l’elenco di queste letture alla fine dell’articolo.

Le grandi multinazionali che li realizzano, ma anche le innovative startup, stanno cercando una soluzione al problema generato dallo smaltimento di questi ultimi, soprattutto da quelli che vengono definiti tecnicamente PFU ossia Pneumatici Fuori Uso, quelli cioè non più utilizzabili.

Il progetto a cui mi sto riferendo prende il nome di “da Gomma a Gomma” ed ha preso avvio circa 3 anni fa grazie ad un consorzio di aziende italiane note come EcoTyre. Questo consorzio raccoglie alcune tra le più grandi realtà nazionali nel settore del riciclo dei pneumatici e altre esterne che, hanno messo a punto un processo con il quale è possibile triturare la gomma derivata degli pneumatici in disuso (FPU) per generare una nuova mescola utilizzabile per  nuovi pneumatici, con prestazioni pari a quelli precedenti.

I passaggi del processo, sono per ovvi motivi segreti, ma il procedimento si avvale di tre fasi principali: produzione di un granulato di gomma riciclata ad hoc con particolari caratteristiche. De-vulcanizzazione, ossia il processo inverso alla vulcanizzazione per far si che la gomma sia nuovamente utilizzabile una volta giunta alla sua fine vita. Creazione di una innovativa mescola capace di massimizzare e ottimizzare le caratteristiche di questa nuova miscela.

L’insieme di questi passaggi hanno consentito per la prima volta di realizzare un prodotto con caratteristiche incredibili, capaci di rivaleggiare con gli pneumatici nuovi.

Proprio per dimostrare la validità di questa innovazione, EcoTyre ha montato questi pneumatici su una flotta di 20 camion che dovrà percorrere circa un milione di chilometri per testare in modo massivo queste nuove gomme. Al termine di questo impegnativo test, la società trarrà le conclusioni del proprio lavoro e se tutto andrà come preventivato, molto probabilmente si passerà alla fase di commercializzazione con tanti ringraziamenti da parte dell’ambiente.

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Giu 142018
 

Plastica, è sicuramente il materiale di cui maggiormente si parla in questi giorni e purtroppo non positivamente. Telegiornali, radio, internet, ovunque la si menziona a causa dei suoi effetti altamente nocivi per l’ambiente.

Tante sono le strade e le ricerche sviluppate al fine di risolvere una volta per tutte i problemi generati dalla produzione di questo utilissimo materiale e l’ultima prende il nome di Sweetwoods, ossia la realizzazione di biomateriali a partire dal legno.

Questo progetto nasce dalla collaborazione di nove società europee finanziate con 21 milioni di euro dallo strumento finanziario Bio-Based Industries nel programma Horizon 2020 dell’Unione europea.

Il processo consiste nel trasformare il legno in zuccheri e lignina in modo da poter perfezionare ulteriormente il materiale in altri prodotti capaci di poter sostituire le sostanze chimiche e le materie plastiche derivate dal petrolio.

Il progetto è molto ambizioso e apre scenari del tutto nuovi nel panorama internazionale. Lo afferma Laura Koponen, il direttore generale della finlandese Spinverse, una delle nove società coinvolte. La Koponen, spiega, che l’obiettivo è quello di implementare una nuova tecnologia produttiva su scala industriale entro i prossimi 4 anni. Si è dimostrato che dal legno e dalla sua raffinazione, è possibile produrre tantissimi nuovi prodotti che prima potevano essere realizzati solo ed esclusivamente con il petrolio e i suoi derivati.

Tramite questo processo chiamato bioraffinamento, da 80 tonnellate di legno, sono stati realizzati prodotti ad alto valore aggiunto, quali bioplastiche, carburanti, edulcoranti, materiali per isolamento ed altro.

Dalla sinergia delle nove aziende europee, capeggiate dalla estone Graanul Biotech specializzata nella lavorazione del legno, sono stati sviluppati molteplici procedimenti atti alla realizzazione dei nuovi materiali. La finlandese MetGen ha ideato un procedimento che sfrutta gli enzimi per l’estrazione dal legno dei biomateriali puri e le ulteriori trasformazioni. La tedesca Tecnaro GmbH, la Armacell, la francese Global Bioenergies e la belga Recticel N.V., utilizzano poi questi biomateriali puri prodotti dalla MetGen, per produrre rispettivamente bio-materiali-compositi, schiume in elastomero, biocarburanti e schiume poliuretaniche.

Vedremo se i tempi di realizzazione di questo nuovo processo produttivo rispetteranno quelli previsti dal finanziamento europeo.

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Mag 172018
 

Da uno studio condotto da ricercatori dell’università di Leiden, nei Paesi Bassi, potrebbe essere realizzato un sistema di propulsione e movimento per robot di nuova concezione. In pratica, gli scienziati con a capo Scott Waitukaitis, hanno osservato uno strano fenomeno mostrato da alcune sfere di un gel, un poliacrilamide, nel momento in cui colpivano una superficie riscaldata.

Il poliacrilamide, è un gel molto utilizzato in cosmetica e l’esperimento condotto su di esso, ha messo in evidenza come questo, impregnato d’acqua, nel momento in cui cadeva su di una superficie incandescente, iniziava a rimbalzare in maniera sempre più veloce. La stranezza stava nell’altezza dei salti. Infatti, le palline che venivano rilasciate da molto vicino alla superficie incandescente, iniziavano ad aumentare l’altezza di rimbalzo fino ad un certo punto, mentre quelle rilasciate da più in alto perdevano progressivamente spinta fino ad attestarsi alla stessa altezza di rimbalzo.

Questo fenomeno ha incuriosito e non poco gli scienziati che hanno voluto capire con maggiore precisione quale fenomeno stesse alla base di questo comportamento.

L’esperimento condotto dal gruppo di ricercatori, ha utilizzato una padella riscaldata alla temperatura di 215°C sulla quale da differenti altezze sono state fatte cadere alcune di queste palline di gel impregnate d’acqua. Il risultato è stato quello che le palline hanno iniziato a rimbalzare freneticamente fino a quando tutte si sono stabilizzate ad una precisa altezza pari a circa 4 centimetri.

Fotografando il fenomeno con una camera ad alta velocità, si è potuto comprendere il mistero che stava dietro ai curiosi salti dell’idrogel. La macchina da presa ha infatti rivelato che ogni qual volta la pallina colpiva la superficie rovente, si aprivano sul punto di impatto dei microscopici fori fino a 3.000 volte al secondo. L’elasticità del materiale faceva si che si aprissero dai 10 ai 15 fori per rimbalzo, che poi si richiudevano per effetto della stessa elasticità. Da questi, fuoriusciva una microscopica quantità di vapore prodotto dall’istantanea evaporazione dell’acqua dalla superficie della sfera. Questa in pratica fungeva da propulsore spingendo la pallina verso l’alto perché la quantità di energia cinetica prodotta dal getto di vapore era pari a quella dissipata nell’impatto. Questo spiegherebbe la regolarità nell’altezza del rimbalzo. Quindi, variando la temperatura della superficie di impatto si potrebbe variare anche l’altezza del rimbalzo.

Il fenomeno è anche accompagnato da una notevole rumorosità; infatti, questi micro-getti di vapore, fanno vibrare in aria le palline che risuonano come un piccolo speaker.

Tra le possibili applicazioni di questo fenomeno, gli scienziati hanno individuato quella di un utilizzo in soft robot, cioè robot privi di parti rigide, capaci di muoversi liberamente grazie al passaggio di acqua o di una corrente.

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Mar 012018
 

La prevenzione in campo medico è la prima arma per affrontare le malattie di ogni genere e le persone e i medici lo sanno bene. Trovare, quindi, un modo per monitorare tutte le attività corporee importanti, necessarie a stabilire il nostro grado di salute, risulta essere un tassello fondamentale, se non il più importante, in questa battaglia. Smartwatch, indossabili, fasce fit, iniziano ad essere sempre più diffuse e sempre più utilizzate dalle persone, proprio in virtù della loro funzione ed efficacia.

Arriva dal Giappone, l’ultima innovazione in tal senso, dalla collaborazione tra l’Università di Tokyo e alcune aziende, quali la Dai Nippon Printing.

Si tratta di un circuito stampato, impresso su un lattice di gomma ideato e realizzato dal ricercatore giapponese Takao Someya. All’interno di un sottilissimo strato di materiale sintetico, deformabile e capace di allungarsi fino al 45% della sua superficie, Takao ha inserito un display che mostra ogni tipo di informazione biometrica dell’individuo, dei nano-sensori e un modulo di comunicazione.

Lo schermo, creato dalla Dai Nippon Printing, è una matrice di microLed rettangolare da 16*24 elementi annegati nella gomma attraverso una tecnologia proprietaria della Dai Nippon. Allo stesso modo sono annegati anche i micro-collegamenti necessari a rendere operativo il dispositivo.

Inoltre, una unità di elaborazione, un micro-chip, è anch’esso annegato all’interno del film sintetico con le stesse identiche tecniche utilizzate per i Led e per i collegamenti.

Si tratta in pratica di una pellicola, quasi una seconda pelle, indossabile da qualunque paziente, sportivo o persona che necessita la registrazione dei parametri vitali, assolutamente non invasiva, priva di qualunque controindicazione e indossabile anche per parecchi giorni consecutivamente. Questo è un grande vantaggio se pensiamo a particolari pazienti come possono esserlo i bambini o alcuni soggetti particolarmente critici.

Il sistema di nano-sensori registra gli impulsi che vengono elaborati dall’unità centrale e tramite lo schermo mostrati all’utente e attraverso il modulo di comunicazione, inviati ad un dispositivo portatile o sul cloud in modo da poter essere trasferiti direttamente ad una banca dati per le ulteriori elaborazioni o direttamente sul terminale del medico curante.

I sensori permettono di registrare parametri quali: pressione arteriosa, temperatura corporea, battito cardiaco e il potenziale bio-elettrico sviluppato dai muscoli.

Come è facile immaginare, un tale dispositivo potrebbe essere molto utile in campo medico e sportivo e se a questo aggiungiamo che la sua realizzazione non è particolarmente costosa, la possibilità di una sua rapida e importante diffusione potrebbe essere una logica conseguenza nei prossimi anni. La società che lo sviluppa conta di immetterlo sul mercato entro i prossimi 3 anni.

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Feb 202018
 
URANIO
DATI CONFIGURAZIONE
URANINITE ASPETTO

L’Uranio è un metallo altamente tossico ed ha numero atomico più alto di tutti: 92. Il suo simbolo chimico è U. Fonde a una temperatura di 1132°C. Si trova in natura in minerali chiamati pechblenda e uraninite. Il concentrato di Uranio si chiama Yellowcake.

Risalendo a degli scavi fatti a Napoli risulta che l’Uranio sia stato usato nel 79 a.C. per colorare le ceramiche. Però l’Uranio è stato realmente scoperto nel 1789 dallo scienziato tedesco Martin Heinrich Klaproth che trovò l’Uraninite. Prende il suo nome dal pianeta Urano che era stato scoperto poco prima. La consacrazione della sua scoperta avvenne, però, definitivamente nel 1841 da Eugène-Melchior Pèligot e nel 1850 fu usato per la prima volta.

Miniera di uranio

PROPRIETA’

Le principali proprietà dell’Uranio sono:

  • Conduttore termoelettrico;
  • Tossico;
  • Fusibile;
  • Duttile.
LEGHE

Miscelando l’uranio con altri metalli si ottengono numerose leghe. Le più importanti sono:

  • Acetano di Uranile;
  • Nitrato di Uranio;
  • Esafluoruro di Uranio;
  • Diuranato di Ammonio;
  • Diossido di Uranio.
IMPIEGHI

L’uranio ha due usi principali: uno militare e uno civile.

Si sfruttano in ambito militare le sue proprietà tossiche e radioattive, infatti si usa per:

  • Proiettili;
  • Bombe atomiche;
  • Propulsori di sottomarini e aerei militari.

In ambito civile, invece le sue applicazioni sono:

  • Centrali elettronucleari;
  • Per la fotografia;
  • Bussole giroscopiche.
Proiettile Bomba all’uranio Giroscopio
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Alunno/i autore/i dell’articolo:
NICOLE BETTO
Classe e Anno: Argomento di Riferimento:
Prima I – 2017/18 METALLI
Feb 202018
 
PLATINO
DATI CONFIGURAZIONE
PEPITA DI PLATINO ASPETTO

Il platino è un metallo di colore bianco-grigio, lucente e resiste alla corrosione. Il suo nome deriva dallo spagnolo “platina”, che significa “piccolo argento”. Ha simbolo chimico Pt e numero atomico 78.

Si trova sia allo stato nativo che, associato ad altri metalli del suo gruppo (rutenio, rodio, palladio, osmio e iridio), al ferro e al rame e, qualche volta, a piccole quantità di oro, nichel, manganese, piombo, mercurio.

Il platino fu studiato da C. Wood, da W. Watson e da molti altri, che ne indicarono le proprietà. W.H. Wollaston fu uno dei primi a ottenere oggetti di platino praticamente puro pressando e sintetizzando il metallo.

Miniera di Platino in Sud Africa

PROPRIETA’

Le principali proprietà del Platino sono:

  • Malleabile;
  • Duttile;
  • Resiste alla corrosione;
  • Resiste all’ossidazione;
  • Capacità catalitiche;
  • Buone proprietà reologiche alle alte temperature;
  • Conduttore elettrico;
  • Conduttore termico.
LEGHE

Le leghe a base di platino possono essere utilizzate a temperature superiori ai 2000K e, nonostante i costi elevati, sono di grande interesse per applicazioni strutturali.

Il platino puro ha bassa resistenza meccanica ad alte temperature; per questo viene generalmente legato con iridio (fino al 20%) o rodio (fino al 30%) che ne aumentano considerevolmente la resistenza a rottura.

Nell’oreficeria il platino è impiegato in lega col rame (10%) o col rutenio (5%) oppure con l’iridio (10%).

In elettrotecnica vengono impiegate leghe platino-rodio (10%) per i contatti, per i resistori dei forni a resistenza e per le termocoppie.

Per i contatti elettrici vengono preferite leghe di platino-iridio (20%) o di platino-rutenio (10%).

IMPIEGHI

In gioielleria era già usato dagli Inca e indossato dai faraoni, dopo però non fu più utilizzato. Nel 1895 il gioielliere Cartier lanciò una collezione che ebbe un’enorme successo e fu imitato da altri gioiellieri famosi. Il primo mercato sono gli Stati Uniti (ma quasi il 50% della gioielleria è di produzione italiana), seguiti dall’Europa e dal Giappone. I più grandi gioielli al mondo, come il celebre diamante Koh-i-Noor, sono montati su platino.

In orologeria per la fabbricazione degli orologi, il platino crea maggiori difficoltà di lavorazione di uno in oro, per questo, quelli in platino costano di più di quelli in oro.

Nell’industria viene utilizzato per le sue straordinarie proprietà per la fabbricazione di apparecchi di laboratorio e attrezzature dell’industria chimica (crogioli, termocoppie, termometri a resistenza, ecc.). Nell’industria chimica viene utilizzato perché è resistente alla maggior parte degli agenti chimici. Per la resistenza alle alte temperature è utilizzato in campo aeronautico. Per eliminare i gas di scarico viene utilizzato nelle marmitte catalitiche delle auto. In medicina trova impiego nei pace-maker ad esempio, mentre è molto usato in odontoiatria.

Gioielleria Strumenti odontoiatrici Orologi
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SALVATORE LANZAFAME
Classe e Anno: Argomento di Riferimento:
Prima D – 2017/18 METALLI
Feb 182018
 
NICHEL
DATI CONFIGURAZIONE
PENTLANTIDE ASPETTO

Il nichel è un elemento relativamente abbondante costituendo circa lo 0,01% della crosta terrestre. Ha simbolo chimico Ni e numero atomico 28.

Impiegato già da alcuni millenni in lega con il ferro e il rame, fu isolato per la prima volta come un nuovo elemento dallo svedese A.F. Cronstedt in un minerale di rame chiamato volgarmente kupfer-nickel.

Il nichel si ritrova in forma elementare soltanto nelle meteoriti ma, combinato con altri elementi, è piuttosto diffuso sulla crosta terrestre in minerali come la garnierite, la millerite, la niccolite, la pentlandite e la pirrotite.

Impianto di estrazione di minerali nicheliferi

I minerali solfurici, come la pentlandite e la pirrotite nichelifera, vengono generalmente fusi in un altoforno e trasportati in forma di lingotti di solfuro di rame e nichel alle raffinerie, dove il nichel viene estratto.

La maggior parte del nichel viene estratto in Canada, in particolare nella regione del Québec dove nel 1957 fu scoperto un ricchissimo deposito. Cuba, i paesi dell’ex Unione Sovietica, la Cina e l’Australia restano comunque importanti produttori.

PROPRIETA’

Le principali proprietà del Nichel sono:

  • colore grigio chiaro, assai lucente dopo lucidatura;
  • ottima resistenza agli agenti atmosferici (passivazione) e alle soluzioni alcaline;
  • buona resistenza alla trazione;
  • buona saldabilità;
  • buona estrudibilità;
  • ferro-magnetico;
  • duttile;
  • malleabile;
  • lucidabile.
LEGHE

Miscelando il nichel con altri metalli, è possibile realizzare numerose leghe. Le più importanti sono:

  • acciaio inox austenico (acciaio contenente nichel e cromo);
  • acciaio duplex (acciaio con cromo, nichel e molibdeno);
  • alnico (lega ferromagnetica di ferro, alluminio, nichel e cobalto);
  • cupronichel (rame e nichel);
  • superleghe base nichel (nichel e agenti leganti);
  • leghe a memoria di forma (nichel, titanio).
IMPIEGHI

Il nichel è usato principalmente nella preparazione delle leghe. Le proprieta’ principali delle leghe del nichel sono resistenza meccanica, duttilità, resistenza alla corrosione ed al calore.

Acciao Inox austenico:

  • pentole e servizi domestici;
  • finiture architettoniche.

Acciaio duplex:

  • scambiatori di calore;
  • macchine per movimentazione dei materiali.

Alnico:

  • Magneti permanenti.

Cupronichel:

  • impianti di dissalazione e condensatori marini;
  • chiglie delle navi;
  • piattaforme petrolifere.

Superleghe:

  • turbine a reazione.

Leghe a memoria di forma:

  • fili e molle (Flexinol), pistoni per uso meccanico o antenne paraboliche;
  • montature per occhiali;
  • ambito spaziale (azionamenti per le parti movibili dei satelliti);
  • ambito medicale (cateteri, apparecchi ortodontici, protesi);
  • automobilistico (valvole, impianti di condizionamento);
  • idraulico (regolazione automatica dell’acqua).

Oltre all’utilizzo nelle leghe il nichel trova importante impiego come rivestimento (nichelatura) capace di conferire notevoli proprietà al manufatto finale:

  • resistenza alla corrosione;
  • miglioramento dell’attrito;
  • resistenza all’usura;
  • aumento della durezza superficiale;
  • brasatura con leghe stagno-piombo;
  • ulteriori rivestimenti con metalli preziosi.
Monete Pentole Pile
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LARA PASTORINA
Classe e Anno: Argomento di Riferimento:
Prima I – 2017/18 METALLI
Dic 142017
 

Abbiamo parlato poco tempo fa di grandi innovazioni nel campo degli pneumatici (vedi: AIRFREE – LO PNEUMATICO SENZ’ARIA e DAL POMODORO ALLO PNEUMATICO). Lo abbiamo fatto perché questo è un settore in forte evoluzione, dovuto al fatto che gli pneumatici, oggi sono un grande problema ambientale e trovare una soluzione a questo oltre che renderli tecnologicamente e scientificamente avanzati, è diventata una priorità.

Il primo problema è sicuramente quello dello smaltimento, essendo formati da idrocarburi ed altre sostanze altamente tossiche e non biodegradabili. Inoltre, la ricerca mira a trovare soluzioni tecniche che rendano lo pneumatico più resistente, capace di adattarsi a superfici e usi diversi e di essere in qualche modo maggiormente smart.

Il secondo problema da affrontare è quello per cui gli attuali copertoni delle autovetture sono soggetti a foratura in quanto costituiti da un guscio esterno che trattiene all’interno aria.

Michelin, la grande azienda francese specializzata nella realizzazione di pneumatici usati nel quotidiano, ma anche nella Formula 1, forte della grande esperienza nel settore, sta sperimentando con successo una nuova formula di pneumatico concentrando in questo tutto il know how e le conoscenze bio-chimiche acquisite.

La ricerca della Michelin, è partita dal concetto di economia circolare, ossia della realizzazione di un prodotto eco-compatibile, riciclabile, reinseritile all’interno di un ciclo produttivo come per altri materiali quali il vetro e l’alluminio in modo da preservare l’ambiente dai catastrofici effetti prodotti dagli attuali copertoni.

La sezione che si occupa di questa sperimentazione si chiama Michelin Corporate Innovation Board (CIB) e il nome di questo progetto è Vision. Si tratta di un nuovo concept di pneumatico, realizzato con prodotti naturali e biodegradabili, prodotto utilizzando esclusivamente fonti rinnovabili, leggerissimo, senza aria e connesso.

Vision non contiene aria, per cui non può esplodere e non può sgonfiare, ha una struttura interna sufficientemente solida da sostenere il veicolo e una superficie esterna in grado di adattarsi ad ogni tipo di superficie, rendendo l’esperienza di guida confortevole e sicura.

L’altra innovazione sta nel fatto che Vision è l’unico pneumatico che si può ricaricare; infatti, grazie a speciali stampanti 3D è possibile usare l’esatta quantità di gomma finalizzata all’uso e alla durata dell’attività prevista. Il suo battistrada organico, lo rende adattabile ad ogni tipo di superficie facendo si che risulti assai piacevole la guida e molto alto il livello di sicurezza.

Lo pneumatico è dotato di speciali sensori che ne monitorano la superficie indicando immediatamente eventuali problemi su di essa, inoltre grazie ad un’apposita app, è possibile configurare la conformazione del battistrada in funzione delle necessità (ad esempio in caso di neve o di pioggia).

Secondo la Michelin, gestire questo tipo di pneumatico sarà semplicissimo come svolgere qualunque altra azione quotidiana. Lo pneumatico nascerà con l’autovettura e resterà per sempre con essa, dando al guidatore l’opportunità, tramite stampanti 3D, di ricaricarlo o conformarlo in ogni momento rispetto alle reali necessità. Questa operazione di ricarica, sarà effettuabile in qualunque centro specializzato (ad esempio i gommisti) dotati della particolare stampante 3D e l’operazione non durerà che qualche minuto facendo si che il proprietario dell’auto possa ripartire dopo pochi minuti con i propri nuovi-vecchi pneumatici.

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Apr 202017
 

Dagli studi di una ricercatrice della Ohio State University, arriva una probabile nuova soluzione al grave problema dell’inquinamento dovuto ai prodotti utilizzati per la realizzazione gli pneumatici. Fino ad oggi è stato utilizzato un prodotto chiamato nero di carbonio, derivato dal petrolio che costituisce circa il 30% del materiale usato per realizzazione delle ruote per auto.

Katrina Cornish, la bio-ricercatrice universitaria che sta portando avanti lo studio per la sostituzione di questo materiale altamente inquinante e cancerogeno, ha compreso come l’uso di alcuni materiali biodegradabili e naturali, destinati altrimenti alla discarica, possano essere impiegati in maniera proficua per sostituire prodotti non biodegradabili e inquinanti come quelli in uso.

Pomodoro02

La sua idea è nata dall’osservazione della particolare resistenza che hanno agli sforzi meccanici i gusci d’uovo e le bucce di pomodoro. Da qui l’idea di realizzare una miscela da integrare, per il momento con il nero di carbonio, per aumentare la resistenza degli pneumatici e renderli in qualche modo più eco-sostenibili.

Dall’analisi e dallo studio di questi due prodotti naturali il team della Cornish, ha scoperto che la polvere ottenuta dall’essiccazione e macinazione del guscio delle uova e della buccia del pomodoro può essere utilizzata come elemento di rinforzo nella mescola degli pneumatici.

Questo ingegnoso mix di prodotti naturali ha consentito di rendere lo pneumatico resistente e al tempo stesso flessibile, operazione quasi impossibile con altri additivi.

Questo risultato è spiegato dalla capacità delle fibre delle bucce di pomodoro di essere stabili alle alte temperature e molto resistenti e dalla microstruttura porosa delle particelle ottenute dai gusci d’uovo. Utilizzare questa miscela come riempitivo, ha permesso di superare i limiti dei normali filler che rendono la gomma più forte ma al tempo stesso meno flessibile.

Questa soluzione, anche se non sostituisce del tutto il nero di carbonio, raggiungere diversi obiettivi fondamentali: un resto alimentare destinato altresì alla discarica diventa una risorsa, si rende l’industria dello pneumatico meno dipendente dal petrolio e si abbassano i costi del prodotto finale utilizzando un materiale evidentemente economicissimo.

La nuova gomma prodotta non ha un colore nero a causa della presenza più o meno alta di gusci d’uovo ma soprattutto delle bucce di pomodoro.

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Il team della dottoressa Cornish, sta lavorando alla ricerca della soluzione che potrà consentire in futuro la sostituzione totale del nero di carbonio con una miscela di scarti alimentari. L’università ha concesso in licenza questa tecnologia alla società EnergyEne per ulteriori studi.

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Mar 182017
 

Spugna02

Il problema dell’inquinamento del mare dovuto allo sversamento del petrolio è sempre di attualità e molto sentito dall’opinione pubblica. Incidenti sulle piattaforme o occorsi alle petroliere rischiano spesso di compromettere in maniera permanente enormi zone di mare anche particolarmente importanti dal punto di vista della biologia marina.

Diversi studi sono in corso da parte di molte università al fine di trovare una soluzione definitiva a questo problema.

L’ultimo ritrovato è stato realizzato dall’Argonne National Laboratory dell’Illinois. Si tratta di una schiuma polimerica capace di assorbire il petrolio in quantità pari a 90 volte il proprio peso ma capace di restituire il greggio, in una seconda fase, strizzandola come se fosse una spugna.

Questo consente non solo di ripulire il mare ma di riottenere il greggio perduto con un doppio evidente vantaggio.

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La peculiarità che rende unica questa schiuma polimerica, che possiamo definire spugna polimerica, è il fatto che consente di trattenere al suo interno gli idrocarburi e di poterli appunto restituire una volta completata la fase di assorbimento. Si tratta di una combinazione di sostanze plastiche, poliuretani e poliimmidi, rivestiti da un composto chimico, il silano, che è capace di attirare a sé una quantità di greggio ben specifica. Quest’ultimo concetto è molto importante perché il comportamento della spugna è simile a quello di altri prodotti ma questa caratteristica ne fa la differenza; la carta assorbente usata in cucina, ad esempio, una volta utilizzata non può essere riutilizzata perché completamente inzuppata è incapace di restituire il prodotto assorbito.

Il silano contenuto all’interno della spugna consente di fissare in maniera precisa la quantità di greggio che essa può e deve assorbire, in modo da non essere mai né al di sotto ne al di sopra dei valori che la rendono speciale.

Diversi test sono stati fatti sul campo proprio per verificare e individuare questa precisa quantità in modo da ottenere il prodotto perfetto. All’interno di apposite piscine utilizzate per simulare gli sversamenti di greggio, sono stati stesi dei teli di 6 metri quadrati di questo prodotto che ha dimostrato di assorbire molto meglio rispetto a prodotti simili.

Al termine dei test all’interno di apposite presse, la spugna è stata strizzata restituendo il carico di greggio.

Resta adesso soltanto da effettuare i test in mare aperto per verificarne il comportamento nelle grandi profondità marine alle condizioni di pressione e temperatura specifiche.

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