Lug 272018
 

Sempre più spesso è possibile individuare nelle nostre città delle strane auto che circolano per le strade. Si tratta delle auto a guida autonoma, dotate di telecamere e tecnologie avanzate che consentono a queste di girare liberamente e in sicurezza nel traffico tra le persone. Si tratta di un grande passo avanti verso il quale stanno lavorando molte aziende a livello internazionale e non solo nell’ambito dell’industria dell’auto.

Circolare in città, però risulta paradossalmente più semplice perché queste sono cablate, piene zeppe di telecamere, reti cellulari e GPS avanzati, tutte infrastrutture che aiutano i produttori nei loro test. Ma che succede se portiamo queste auto all’esterno dei centri abitati? Dove le reti sono meno presenti e veloci, i segnali giungono in maniera meno precisa e forte, le mappe non sono così dettagliate e aggiornate come nei centri abitati.

Un team di ricercatori del MIT, il Massachusetts Institute of Technology di Boston, ha sviluppato una nuova tecnologia capace di consentire la mobilità della auto a guida autonoma anche fuori dei centri abitati, li dove la mappatura non esiste o è incompleta. Si chiama CSAIL (Computer Science & Artificial Intelligence Lab) ed è un sistema che consente la navigazione in sicurezza delle auto autonome utilizzando solo sensori montati su questa e il GPS.

In pratica il CSAIL acquisisce i dati dal GPS, informazioni approssimate di qualche metro, dati che poi vengono integrati e completati dalle rilevazioni dei sensori che realizzano una mappatura molto più dettagliata dell’area di alcune decine di metri intorno alla vettura. Un computer consente allora all’auto di avanzare di pochi metri, quelli conosciuti dal rilevamento consentendole così di percorrere un tragitto tra due punti, quello della posizione attuale e quello della posizione da raggiungere. Il computer continua a elaborare i dati che giungono dal GPS e dai sensori facendo spostare di pochi metri per volta la vettura lungo il percorso stabilito fino alla destinazione finale.

Nei test la vettura e il sistema CSAIL si sono comportati benissimo, consentendo al veicolo di raggiungere sempre la destinazione finale senza l’intervento umano. CSAIL è solo in fase iniziale, ma i risultati consento ai ricercatori di poter ben sperare per i successivi passaggi e per un’applicazione finale su tutte le autovetture.

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Gen 282018
 

Si chiama Primer, il piccolissimo robot multifunzione inventato dal Massachusetts Institute of Technology di Boston. E’ un piccolo sistema meccanico dalle caratteristiche assolutamente eccezionali che rivoluzionerà il concetto che abbiamo di Robot.

E’ costituito da un nucleo a forma di cubo avente lato di soli 3 millimetri capace di muoversi grazie ad un campo magnetico esterno. E’ ricoperto da fogli di poliestere quadrati di soli 2 centimetri di lato con pieghe predefinite, che cambiano forma in presenza di calore adattandosi alle necessità del momento. Può assumere fino a 4 forme diverse.

Primer si muove all’interno di questi “mantelli” di materiale plastico attraverso campi magnetici e acquisisce le differenti proprietà. Con il primo crea un esoscheletro che gli permette di muoversi, con un secondo crea un sistema di ali che gli consente di planare dolcemente quasi fosse un aliante, con un terzo può adattarsi alle superfici liquide galleggiando e navigando come fosse una barca e con il quarto rotola su se stesso spostandosi molto più rapidamente. Per liberarsi dell’abito, Primer, si getta in acqua e scendendo in profondità lascia a galla il suo mantello riconquistando la sua forma originaria.

Gli impieghi e i possibili usi pensati dai suoi creatori sono tanti. Questo piccolissimo automa, potrebbe essere utilizzato per consegnare i principi attivi di un farmaco direttamente all’organo interessato avendolo inghiottito come fosse una pillola. Potrebbe anche aiutare il chirurgo in piccoli interventi direttamente dentro il nostro corpo. Oppure, ancora, essere inviato ad osservare luoghi pericolosi non accessibili all’uomo, ad esempio perché contaminati o in momenti immediatamente successivi a eventi calamitosi.

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Gen 302017
 
Ogni giorno che passa la scienza trova nuove incredibili utilizzazioni per il grafene, il super materiale scoperto pochi anni fa e ottenuto dalla grafite.
Grafene3D04

Un gruppo di scienziati del MIT di Boston ha assemblato fogli bidimensionali di grafene in modo da ottenerne una “maglia tridimensionale”. Il risultato? Un materiale con una resistenza meccanica 10 volte maggiore di quella dell’acciaio ma con una densità pari a solo il 5% della lega ferrosa.

Approfondisco: la densità rappresenta il rapporto in una sostanza tra la massa e il suo volume (per massa si intende la quantità di materia presente in un corpo).

Il grafene è oramai ritenuto da tutti il materiale più resistente in assoluto tra quelli finora scoperti. Il problema fino ad oggi riscontrato dai ricercatori è stato proprio quello di poter utilizzare tale materiale per applicazioni che non fossero esclusivamente bidimensionali, in quanto è noto che la sua struttura è bidimensionale perché formata da un solo strato di atomi.

Struttura atomica del grafene

Struttura atomica del grafene

Gli studiosi del MIT, hanno passato a setaccio ogni singolo atomo del grafene analizzandone anche la disposizione geometrica e sono arrivati alla conclusione che combinando fiocchi di grafene in forme particolari si potesse sfruttare questa loro resistenza anche per scopi e soluzioni diverse. Sono state prese a riferimento le particolari strutture molecolari di alcuni coralli e delle diatomee, creature microscopiche il cui volume è bassissimo rispetto alla loro superficie. Sono stati assemblati fiocchi di grafene attraverso l’uso di calore e pressione in modo da modellarlo in forme tridimensionali che ricordano una spugna.

Grafene3D01

Campione di grafene 3D

Sono state provate differenti configurazioni geometriche fino a realizzare un campione che ha presentato una resistenza meccanica 10 volte superiore a quella di un buon acciaio ma con una densità  del 5% rispetto a quest’ultimo.

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Differenti configurazioni in prova

Immaginate quali potranno essere le possibili utilizzazioni di questo nuovo super materiale soprattutto nel campo dell’edilizia.

Strutture e reticoli di grafene che avvolgono i materiali base dell’edilizia formati attraverso l’uso di calore e pressione. Una volta conformato l’oggetto, si potrebbe togliere il materiale base e lasciare la super struttura in grafene molto più leggera e resistente. Immaginate costruzioni tipo ponti o grattacieli quale beneficio potrebbero trarre da questa incredibile scoperta. Vedremo quali saranno gli sviluppi commerciali che questo nuovo prodotto sarà in grado di generare.

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Giu 122012
 

Abbiamo parlato spesso su queste pagine e a scuola di risparmio energetico, di rispetto dell’ambiente e quindi mi pareva interessante parlare di questo progetto del MIT di Boston, realizzato da un consorzio di aziende tutto europeo, di cui ho letto su di una rivista scientifica. Sto parlando di HIRIKO nome che ricorda il Sol Levante ma che in realtà in spagnolo significa “centro urbano”. Si tratta di una piccola city car, grande come una Smart che, però, nel momento di dover parcheggiare, si piega riducendo le proprie dimensioni di circa il 30% facilitando in questo modo la sosta. La Hiriko, inoltre, è completamente elettrica e fornisce un’autonomia di 150km a emissioni zero. E’ dotata di un volante ultra-tecnologico come quello delle formula 1 in grado di gestire tutte le fasi di funzionamento attraverso un sistema drive-by-wire. Ha, inoltre, un sistema di 4 ruote robotizzate in grado di ruotare ognuna di 360° e ogni ruota può essere controllata autonomamente consentendo all’auto di girare su se stessa. Un sistema di controllo elettronico consente all’auto di piegarsi su se stessa nel momento di dover parcheggiare avendo un ingombro complessivo di circa 1,50m, manovra consentita dalla posizione centrale del motore elettrico.

A Bruxelles, il presidente della Commissione Europea, Barroso, ha illustrato il progetto e lo ha definito un esempio di innovazione sociale europea. Infatti, le città o gli stati che decideranno di adottare l’auto, saranno autorizzati dal MIT e dalla Comunità Europea a costruire in loco la vettura creando nuovi posti di lavoro. Barroso l’ha inoltre definita una risposta alla crisi e molte città non solo europee hanno deciso di adottarla da subito, per esempio in tratte tra gli aeroporti e il centro città.

Nel 2013 dovrebbe essere messa in vendita anche ai privati ad un prezzo orientativo di 12,500€. Non è certo un prezzo basso, ma la Hiriko porta con se tanti vantaggi che derivano dalla facilità di parcheggio al consumo ridottissimo; quest’ultimo aspetto ci può far capire come l’investimento possa essere ammortizzato in pochissimo tempo.

Vedremo se in un periodo di crisi come questo la Hiriko diverrà un best-seller nella vendita di autovetture e se questo progetto favorirà la diffusione di auto simili.

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Mag 102012
 

I ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology a Cambridge negli Stati Uniti), hanno sviluppato un nuovo tipo di vetro caratterizzato da una superficie nanotextured capace di essere anti-appannamento, anti-riflesso e autopulente.

Immagine al microscopio

Questo prodigio si basa su un nuovo modello di fabbricazione; in pratica, la superficie del vetro è realizzata sovrapponendo diversi strati sottili, compreso uno strato di photoresist (usato in elettronica e nel campo delle nanotecnologie per la produzione di microchip) che viene inciso con un reticolo illuminato; le incisioni successive producono le forme coniche. Questo tipo di vetro è stato realizzato con una tessitura superficiale in grado di eliminare qualunque tipo di riflesso sulla sua superficie con il risultato che le gocce d’acqua rimbalzano, come piccole palle di gomma. La speranza dei ricercato, ora, è quella di riuscire a realizzare un processo produttivo a basso costo al fine di poterlo utilizzare nei prossimi dispositivi digitali, quali smartphone, televisori, dispositivi ottici, pannelli solari, vetri di automobili e anche come vetri per gli edifici.

Come le nanostrutture eliminano la riflessione della luce

Questa immagine mostra come le nanotexture eliminano i riflessi di luce. A sinistra un raggio di luce viene parzialmente riflesso da un  vetro normale (circa il 6 % della luce viene riflessa). A destra, si vede come un raggio di luce interagisce con una superficie di vetro nanotextured. Ad ogni riflessione del raggio tra le nanotexture si riduce l’intensità del raggio riflesso di circa il 6%; per cui, ogni rimbalzo vedrà ridotta drasticamente la quantità di luce riflessa. Il risultato è che la luce praticamente non viene riflessa dalle nanotexture.

Come le nanostrutture eliminano la gocce d’acqua

La figura a sinistra mostra come una goccia d’acqua si diffonda su una superficie di vetro normale. Quella a destra, invece, mostra come quando una goccia d’acqua colpisce i coni delle nanotextures, solo una minima parte del vetro viene ricoperta dall’acqua. Le nanotextures, riducono la diffusione superficiale dell’acqua di circa dieci volte. La goccia diventa sferica e viene respinta dalla superficie. Dal contatto con la superficie, l’acqua raccoglie anche la polvere sospesa in prossimità o sopra le parti superiori dei coni perché non può penetrare gli spazi molto piccoli che separano i coni uno dall’altro.

Pare che uno dei produttori interessati al progetto del MIT, sia proprio la Apple Computer, la quale potrebbe utilizzarlo nell’iPad, nell’iPhone e nell’iPod Touch, tutti dispositivi touch-screen. L’idea è quella di realizzare dispositivi che non solo annullano i riflessi rendendo perfetta la visone delle immagini in qualunque condizione di luce, ma anche di resistere alla contaminazione del sudore. Da tempo, infatti, si vocifera che Apple si appresti a lanciare un iMac di nuova generazione con display anti-riflesso.

Apple iMAC

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