Ott 122016
 

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Dalla fantasia e dalla creatività dello studio Pininfarina, dal nome del grande designer italiano, nasce il concept di una nuova matita capace di superarne i limiti.

Aero02Innovazione, tecnologia, nuovi materiali, design, sono condensati in un oggetto che innova a partire dalla forma. Una commistione tra il vecchio design della matita e le forme più complesse di una penna stilografica.

La matita, si sa, fatta di grafite, lascia un segno più o meno netto in base alla mescola di cui è composta la sua mina, mentre la penna è soggetta, nel migliore dei casi, a continue sostituzioni delle cartucce o dell’inchiostro, o come la vecchia, ma immortale BIC, ad essere gettata nel cestino dei rifiuti una volta esaurito l’inchiostro.

Il concept prende il nome di AERO ed è una via di mezzo tra matita e penna. Scolpita con le classiche linee curve del famosissimo brand, AERO è realizzata in Ethergraf, una lega di metalli tutta italiana; infatti è della Napkin questa miscela metallica capace di lasciare un segno sul foglio di carta, morbido come quello di una matita e indelebile come quello di una penna senza doversi preoccupare di ricariche o di dover temperare.

Aero05

L’idea è quella di poter scrivere all’infinito senza dover preoccuparsi di nulla se non del segno. La forma stessa della penna-matita, forgiata con alluminio aerospaziale con profili affusolati e ritorti su se stessi, disegna già il simbolo dell’infinito.

Completa questo capolavoro di design, il supporto realizzato in cemento, capace di evocare incredibili contrasti materici tra la sua semplicità e la complessa geometria della penna-matita.

Il costo non è indifferente, ma facendo riferimento a penne stilografiche o matite d’autore, la cifra di 120 euro la si può ritenere congrua pensando che questo strumento ci accompagnerà graficamente per sempre.

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Apr 242012
 

L’uomo ha sempre cercato di comunicare, escogitando sempre nuovi metodi e trovato soluzioni che rendessero questo processo, più rapido, meno costoso e più duraturo. Il mezzo individuato è quello che oggi chiamiamo con il termine scrittura. Il primo segno tangibile di questo processo, lo troviamo nelle scene incise sulle rocce; rappresentazioni di vita quotidiana o scene di caccia, un primordiale metodo basato sull’abrasione attraverso punta a scalpello di una roccia più tenera. Ma l’esigenza di comunicare era intrinseca nell’uomo, per cui gli studiosi sono d’accordo sul fatto che la scrittura si sviluppò contemporaneamente in più parti del mondo, dalla Mesopotamia all’antico Egitto. E’, infatti, da attribuire a loro il primo vero linguaggio di comunicazione scritto, attraverso quelli che oggi conosciamo come geroglifici, ossia complessi ideogrammi che racchiudono in se non solo una parola ma anche un’intera scena. Ed è sempre a loro che si attribuisce il primo strumento atto a scrivere, cioè la penna. Si trattava essenzialmente di una cannuccia o una penna di volatile (penna d’oca) inzuppata in inchiostro di origine animale (inchiostro di seppia) o vegetale (inchiostro ferrogallico e inchiostro cinese, noto come inchiostro di china). Questa cannuccia, intinta in questa sostanza gommosa permetteva agli scribi egizi di tracciare i geroglifici sui fogli di papiro. Il suo nome era calamo e veniva incisa obliquamente per consentire all’inchiostro di scorrere in modo uniforme.

Gli scolari romani, per evitare di sprecare la costosissima pergamena, scrivevano incidendo con uno stilo appuntito tavolette di legno spalmate di cera. Già nel mondo antico romano erano in uso tiralinee in metallo, con estremità appuntita e ripiegata a V, nella quale si poneva l’inchiostro; la maggiore resistenza del metallo garantiva stabilità allo spessore della linea tracciata. I loro lunghi esercizi di scrittura potevano essere cancellati rinnovando la cera della tavoletta, maneggevole quanto quanto una piccola lavagna.

Dal XVII secolo si iniziarono a vedere sulle penne d’oca i primi pennini, dato che a lungo andare l’asta della penna d’oca si consumava e bisognava tagliarla e poi cambiare penna, si incominciò a inserire sulla punta della penna una copertura in metallo con un taglietto centrale verticale, il pennino appunto.
Le prime ad utilizzarli furono le religiose di Port Royal, alla fine del 1600, che usavano pennini di rame che fabbricavano da sé. Si svilupparono poco all’inizio perchè erano molto costosi e fatti a mano. Essi erano montanti su cannucce di legno che sostituivano le penne d’oca.
Con la rivoluzione industriale nacquero i pennini fatti in serie. L’inglese Gillot, che aveva studiato presso il coltellinaio Skinner, intorno al 1820, apprendendo l’arte della fusione, della tempra e della laminazione dei metalli, trovò un modo per produrre questi pennini con prezzi di molto inferiori e con una elevata qualità tecnica. Questo avvio di produzione industriale, favorì la diffusione su larga scala dapprima in Europa e poi nel resto del mondo. Il pennino, montato su di una cannula in legno o su una penna d’oca, doveva essere intinta in un calamaio contenente inchiostro. Per cui la produzione di pennini sarà, almeno in questa fase iniziale, accompagnata dalla produzione di contenitori realizzati in metallo o altro materiale, impreziosite da serigrafie, intarsi, colori e disegni.
Dalla penna e calamaio alla stilografica il passo è breve. A fine ‘800, nasce appunto la penna stilografica, che ricalca la tecnica del pennino, ma include in se stessa dentro l’astuccio, l’inchiostro necessario alla scrittura eliminando di fatto il supporto esterno del calamaio.

Dal 1930, l’evoluzione tecnica della stilografica fa la sua comparsa sul panorama mondiale. Il graphos con pennini intercambiabili e corpo con serbatoio d’inchiostro. Ma la difficoltà a tenere puliti i pennini, fa in modo che si cerchi una soluzione: questa è il rapidograph (nel 1952, prima a serbatoio e poi con cartuccia rimovibile) a cui seguiranno altre evoluzioni di penne tecniche specifiche. Ancora oggi, il rapidograph rappresenta un’eccellenza nel campo della grafica. Questo strumento si è evoluto pur mantenendo le stesse caratteristiche di base della sua comparsa. E oggi, nell’era dei computer, si evolve diventando uno strumento in grado di scrivere ad altissima velocità, con enorme precisione e autopulente. Ma come ogni strumento tecnico, nasce, si sviluppa lungo un arco tempo più o meno lungo, ed è soggetto ad un inevitabile declino, superato da altri strumenti tecnicamente più avanzati. Il rapidograph, sta lasciando il campo alle testine di stampanti e plotter che depositando migliaia di microgocce di inchiostro liquido sulla carta tracciando segni di assoluta precisione in tempi decisamente inferiori.

BIC, QUANDO SI PARLA DI PENNA

In quest’epoca, in cui il digitale la fa da padrona, in cui cellulari e tablets hanno sostituito la penna per scrivere e a volte la parola per dialogare, ancora delle vecchie penne qualcosa resiste. E non parlo di prestigiose stilografiche o penne d’oca con tanto di calamaio, ma di un semplice, trasparente, insignificante contenitore di plastica. Sto parlando ovviamente della penna BIC, compagna di tutti almeno una volta nella vita, strumento di scrittura sempre disponibile in ogni astuccio scolastico che si rispetti. La penna BIC ha attraversato le epoche, fatto moda, partecipato al nostro modo di vivere e ancor oggi, strumento di scrittura più utilizzato. Ma perché la penna “biro” si chiama BIC? Tutti l’abbiamo utilizzata, ma solo pochi conoscono il significato del suo nome. Forse proprio perché il suo nome si deve al suo scopritore come sempre capita per ogni invenzione? Scopriamolo.

La storia inizia dall’ungherese László József Bíró (1899-1985) a cui si deve l’invenzione della prima penna sfera chiamata appunto biro. Bíró, non sopportando più le macchie di inchiostro lasciate dalle penne stilografiche molto in uso a quell’epoca, osservando un gruppo di bambini che giocava a biglie, ebbe un’illuminazione: usare l’inchiostro delle rotative per la stampa dei giornali e inserire una piccola sfera metallica nella punta della penna per renderlo più fluido. Nel 1943 esce il suo brevetto e intorno agli anni ’50 ad opera del francese Marcel Bich (1914-1994) si riuscì a perfezionare tale invenzione. Bich, nel 1950 lancia Cristal, la prima penna a sfera frutto del suo lavoro. Il brand per pubblicizzarla, nasce togliendo al cognome di Bich la “h”, da cui BIC. La penna si diffonde molto rapidamente, prima in Francia e poi negli Stati Uniti (1958). Dagli anni ’70 in poi, il brand si arricchirà di altri oggetti, quali accendini, lamette ed altri accessori. In questi anni la produzione non si è mai fermata ed oggi sono state commercializzate oltre 100 miliardi di penne BIC, per un successo globale senza precedenti. La BIC, infatti, con il suo carattere temporaneo, usa e getta, ha in qualche modo anticipato e incarnato la nostra epoca, ha fatto proprio quel concetto di obsolescenza percepita che contraddistingue questi nostri tempi di consumismo.

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http://www.youtube.com/watch?v=cMddklZEJ5g&w=480&h=360&rel=0

 

Articoli1

Feb 012012
 

Con il termine Curvilineo, si intende uno strumento di forma irregolare adatto a tracciare curve ellittiche, paraboliche o libere.

Curvilinei in legno Stanley

La loro comparsa è da far risalire al ‘600 come accessorio da disegno ed erano realizzati in legno duro o avorio. Solo nell‘800 i curvilinei acquisirono un carattere industriale; i primi furono realizzati dalla Stanley nel 1860 in legno, in alluminio e poi in celluloide. Solo nel secolo scorso, i curvilinei furono realizzati in acrilico, materiale plastico avente la caratteristica quella di essere trasparente. L’industria, per venire incontro alle esigenze del mercato, ha prodotto anche curvilinei flessibili un tempo ottenuti da un sottilissimo listello di legno e dal 1925 in poi realizzati con una striscia di gomma con anima di piombo. Con il tempo, la famiglia dei curvilinei si è arricchita sempre più di strumenti complessi con i quali era possibile realizzare curve regolari come ellissi, parabole, iperboli, spirali, ecc.

Curvilineo flessibile

Compasso di Leonardo

Fanno parte di questa famiglia strumenti antichi per la realizzazione di curve regolari utilizzate soprattutto in campo nautico. Tra questi troviamo gli ellissografi, consistenti in una cordicella fissata in due punti, messa in tensione da una punta tracciante, normalmente una matita che, muovendosi sul piano da disegno tracciava un’ellissi (metodo del giardiniere). Evolvendo, la tecnica ha consentito di realizzare strumenti sempre più sofisticati e complessi, ma la tempo stesso precisi ed affidabili. Il tramaglio ellittico risalente al 1540 consisteva in due aste perpendicolari sulle quali si muove una terza asta poggiata su due punti liberamente scelti sulle prime due; l’asta mobile porta in una sua estremità la punta tracciante. Ellissografi in metallo sostituirono quelli in legno e furono commercializzati nel XIX secolo. Tra gli altri meccanismi che meritano mensione possiamo citare, il compasso parabolico di Leonardo del 1514.

Curvilinei

Oggi, nonostante l’avvento dei computer che, con la loro assoluta precisione hanno soppiantato molti di questi strumenti,  i curvilinei continuano ad esercitare un fascino particolare e vengono tuttora prodotti e venduti.

Cerchiografo

Ellissografo

 

 

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Gen 222012
 

La riga è uno strumento antico, utilizzato sin dall’albore dei tempi per la tracciatura di linee rette e per la misurazione. Fu proprio in Mesopotamia che, per la prima volta la superficie della riga fu dotata di divisioni regolari per la misura di lunghezze. E’ diventato lo strumento basilare nel disegno tecnico utilizzato da professionisti quali architetti, designer e progettisti. La riga poteva essere libera o fissata al supporto da disegno, ma in ogni caso era lo strumento di riferimento per l’allineamento del foglio e delle squadrette.

UN PO DI STORIA

Riga a T

Già dal ‘500 apparvero le prime righe provviste di una battuta ad angolo retto, le cosiddette righe a T; la finalità era quella di poter poggiare una parte della riga sul bordo del tavolo, per ottenere uno scorrevole sul quale far scivolare la riga; in questo modo è possibile tracciare linee parallele con estrema precisione.

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Nel ‘600 le righe a T furono dotate di articolazione, cioè le due parti che prima erano fisse a 90° divennero ruotabili attraverso un meccanismo a vite. Un goniometro fissato su una delle due parti, consentiva di ruotare l’altra secondo un angolo preciso. In questo modo era possibile realizzare linee parallele anche non perpendicolari al supporto. Data la loro versatilità, le righe a T divennero presto un prezioso strumento di lavoro per disegnatori e architetti. La loro conseguente evoluzione si ebbe intorno alla metà del ‘900 quando il Tecnigrafo, soppiantò definitivamente la riga snodabile. Il tecnigrafo ha continuato ad essere lo strumento fondamentale per ogni studio di progettazione, fino a quando i computer hanno reso assolutamente inutile il loro utilizzo. Oggi infatti, li troviamo fieramente esposti come testimonianza del passato e come elementi di arredo data la loro scenica presenza.

I materiali più impiegati per tutti i tipi di riga nel mondo antico erano il legno, il metallo (ferro o bronzo), l’avorio e l’osso; dalla fine dell’800 si impiegarono anche la celluloide, successivamente l’alluminio e, dalla metà del ‘900, l’acrilico (sostanza sintetica e trasparente).

Sono state prodotte diverse varianti della riga, sempre in funzione delle necessità o del tipo di impiego. Passiamo così dalla classica riga da 50 o 60 cm, al righello che di centimetri ne misura non più di 30, alla riga che monta sopra la sua superficie una piccola calcolatrice per agevolare il progettista nei calcoli durante il lavoro senza interrompere il tracciamento. Esiste anche una riga detta “con scale di misura“, la quale riporta sulle sue superfici differenti sistemi di misurazione, utili per chi lavorando si trovava a dover convertire dimensioni provenienti da differenti sistemi di misurazione.

Righello quadrato

Righello con calcolatrice

 

 

 

 

Righello con scale di misura

 

 

 

 

 

 

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Ott 122011
 

Per la serie di articoli che pian piano ci stanno facendo scoprire i tanti attrezzi che utilizzano i professionisti del disegno, oggi parleremo di quello più tecnico di tutti: il Rapidograph. Come dice il nome stesso, Rapidograph altro non è che una “penna rapida”, nel senso in cui il suo segno è sempre preciso, uniforme e continuo consentendo rapidamente di tracciare linee, curve, segmenti o quant’altro il professionista si trova a disegnare. Il Rapidograph, consente, inoltre, di creare linee a spessore sempre costante per cui ne esistono diverse misure, con punte che vanno da 0,1 a 1,5 millimetri.

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Per ottenere tale risultato, queste particolarissime penne sono formate da un insieme di elementi uniti tra loro. Di questi i principali sono:

  • Il pennino;
  • La fascetta;
  • L’astuccio;
  • La cartuccia ricaricabile.

Il pennino rappresenta la punta vera e propria del rapidograph; è formato a sua volta da due parti, un puntale metallico da cui scorre l’inchiostro e l’anima, un filo metallico sottilissimo che si inserisce nel puntale ed ha lo scopo di dosare l’inchiostro secondo quantità molto limitate ma costanti nel tempo.

La fascetta è la custodia di plastica che racchiude e protegge il puntale; normalmente è formata dall’astuccio, dal puntale e dall’anima di metallo.

Lo stelo è la struttura di plastica che completa la penna racchiudendo la cartuccia di inchiostro e consente la presa E’ formato da un cilindro di plastica e una fascetta colorata che riporta sul dorso impresso il numero di spessore della penna.

La cartuccia è un piccolo serbatoio sigillato che una volta inserito nel pennino si apre consentendo la fuoriuscita dell’inchiostro.

Questo tipo di penne, sono piuttosto costose, proprio perché nella punta sta la grande teknologia dell’attrezzo. L’anima metallica, un filo sottile più di un capello, funziona fintanto che la punta e mantenuta intatta. Infatti, piegandola accidentalmente, l’anima smette di assolvere alla propria funzione e l’inchiostro non scorre più con regolarità. Essendo la precisione e la continuità del segno le caratteristiche salienti di questo strumento, il venir meno di una di queste lo rende inutilizzabile. Per cui il rapidograph richiede una grande manualità e una estrema precisione che, unita al fatto di essere estremamente costoso, lo rende idoneo solo alla mano di un professionista e non di un principiante.

L’inchiostro contenuto nelle cartucce, è un altro degli elementi fondamentali di queste penne; si tratta di una miscela di pigmenti particolarmente fluidi, che difficilmente solidificano nella cartuccia. Speciali canali d’aria all’interno del pennino, favoriscono la fuoriuscita dell’inchiostro dalla punta ed evitano il formarsi di ostrusioni e coaguli che potrebbero bloccarne il deflusso. Una manutenzione attenta e continua della penna ne garantisce il funzionamento per periodi molto lunghi, per cui se si pensa di non utilizzare il rapidograph, questo va smontato e pulito per essere pronto per il suo riutilizzo.

QUALCHE CENNO STORICO

Rapidograph è il nome che è stato utilizzato ufficialmente da Rotring, una fabbrica tedesca, per una linea di prodotti realizzati per la scrittura. In seguito, Chartpak Inc. una fabbrica manifatturiera americana, ha acquistato da Rotring i diritti per commercializzare le penne sotto il marchio di Koh-I-Noor negli Stati Uniti.

E’ nel 1960 che questo tipo di penne evolve verso le attuali. Per la prima volta viene utilizzato il serbatoio di inchiostro da riempire con un contagocce, e si realizzano puntali di differente sezione anche se le parti ancora non erano tra di loro compatibili o intercambiabili.

Diverse erano le fabbriche che producevano negli Stati Uniti questo tipo di penne:  WRICO, Leroy, e Koh-I-Noor. Ognuna di esse utilizzava una specifica sequenza e numerazione, per cui le penne non erano standardizzate. Inoltre, queste prime penne avevano una misurazione in pollici e non in frazioni di metro come oggi. L’International Organization for Standardization (ISO) ha chiesto di standardizzare quattro larghezze penna e di impostare un codice colore per ognuna di esse: 0,25 (bianco), 0,35 (giallo), 0,5 (marrone), 0,7 (blu). Altre misure sono realizzate a partire da queste.

I produttori più conosciuti nel mondo oggi sono Staedtler, Rotring, Faber-Castell e Koh-I-Noor.

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