L’uomo, è dotato di un sistema di visione detto stereoscopico. In pratica si tratta di una visione binoculare, ossia da due differenti punti di vista. Quando noi guardiamo un oggetto, non solo ne vediamo chiaramente i contorni e la forma, ma in più ne cogliamo immediatamente la distanza essendo così in grado di dirigere correttamente il nostro corpo per afferrarlo o evitarlo. Ciò è dovuto al fatto che guardiamo un oggetto con due occhi differenti che forniscono al nostro cervello contemporaneamente la sua descrizione da due punti di vista diversi. E’ proprio il nostro cervello che interpreta queste due immagini, le sovrappone, le raddrizza e ne restituisce una, corretta e dotata anche di profondità per come percepiamo la realtà. Se chiudiamo un occhio, l’immagine che giunge al cervello è una sola, per cui questo la riconosce e la descrive, ma non è in grado di stabilirne la distanza perché non ha la seconda immagine da rapportare alla prima con la quale fornirci il campo, ossia lo spazio nel quale gli oggetti stazionano.
L’idea di trasferire questa possibilità anche al cinema non è recente, rivalutata soprattutto nel momento di profonda crisi del grande schermo nel momento in cui la televisione e le sue grandi produzioni la facevano da padrona.
I primi esperimenti di 3D cinematografico sono, però, molto più antichi risalendo all’inizio del secolo scorso ma alti costi e l’immaturità di questa tecnologia la fecero naufragare. Un nuovo tentativo lo si intravede proprio nel momento di crisi del cinema, ma ancora una volta ne il mercato ne la tecnologia erano pronti per il grande salto. L’avvento del digitale e nuove tecnologie di ripresa, alla soglia del 2000, lanciano finalmente e definitivamente il 3D nel mondo di celluloide prima e della tv dopo.
Nel cinema, la visione tridimensionale, è prodotta attraverso l’uso di una particolare videocamera (o due) che riprende una scena contemporaneamente da due punti di vista posti tra di loro a una distanza pari a quella degli occhi umani. In sala il miracolo avviene perché la scena è proiettata contemporaneamente da due diversi proiettori sincronizzati. L’immagine che perviene allo spettatore è come quella dello schema illustrativo sopra, infatti se proviamo a guardare la scena la vedremo come sovrapposizione di due immagini leggermente sfalsate tra di loro. E’ come se, in questo caso, il cervello non stesse facendo la sua operazione di correzione e sovrapposizione. Ne verrà fuori una immagine come quella qui sotto:
La correzione di questo leggero sfalsamento avviene attraverso degli appositi occhialini, che compensano questo disallineamento; le immagini vengono filtrate in modo che l’occhio sinistro veda soltanto l’immagine girata dalla cinepresa sinistra e l’occhio destro quella girata dalla cinepresa destra. In questo modo il nostro cervello interpreta la visione come effettuata con i nostri occhi e ci fornisce la percezione di profondità tridimensionale della realtà.
GLI OCCHIALINI 3D |
Inizialmente questa correzione veniva effettuata con uno stratagemma e la tridimensionalità realizzata attraverso i colori. Il proiettore cinematografico, mandava contemporaneamente 2 immagini, una colorata di blu per l’occhio sinistro e una di rosso per l’occhio destro. Gli occhialini a lenti colorate o anaglifi (ossia con filtri colore), bloccavano una delle due immagini per lasciar giungere agli occhi solo quella giusta. Questo artefatto, consentiva di creare immagini con effetto 3D, ma di qualità molto bassa e con colori sfasati e poco brillanti.
I limiti della tecnologia a anaglifi è stata superata con la creazione delle lenti polarizzate o passive.
Normalmente le onde luminose oscillano in tutte le direzioni, ma con appositi accorgimenti tecnici si possono costringere a oscillare nelle direzioni che vogliamo. Per esempio in verticale e in orizzontale. Questo tipo di luce si chiama luce polarizzata. Appositi filtri di cui sono dotati gli occhialini, consentono il passaggio di un solo di questi tipi di onda luminosa. Per cui, in base al filtro, l’occhio destro vede solo le onde di luce polarizzate verticalmente, mentre quello sinistro solo quelle polarizzate orizzontalmente. Questo tipo di tecnologia, richiede due proiettori sincronizzati capaci di proiettare separatamente, sullo schermo, le immagini per l’uno e per l’altro occhio. Anche in questo sistema, passa una sola immagine che interpretata dal cervello permette la visione della profondità. Molta luce viene trattenuta dagli occhiali, per cui lo schermo deve essere particolarmente luminoso per compensare questo assorbimento. Con questa tecnologia i colori sono molto brillanti e realistici e l’effetto 3D molto più efficace.
Un’altra tecnologia, alternativa alle lenti polarizzate, è quella che utilizza lenti chiamate shutter glass o occhiali a lenti attive. Il nome shutter deriva dal fatto che funzionano come l’otturatore (shutter) della macchina fotografica.
Il principio è abbastanza semplice: questi occhiali sono dotati di lenti a cristalli liquidi che si scuriscono prima in un occhio e poi nell’altro con una repentinità incredibile, fino a circa 300 volte al secondo in base al tipo di schermo. E’ fondamentale, in questo caso, la sincronizzazione tra il proiettore e l’otturatore della lente. Le immagini per l’occhio destro e sinistro, vengono proiettate sullo schermo in sincronia con la velocità di otturamento della lente. In questo modo è come se vedessimo la scena aprendo solo l’occhio sinistro o solo quello destro alternativamente, così velocemente da sovrapporre otticamente le due immagini.
Queste nuove tecnologie di lenti e l’avvento del digitale, hanno di fatto quasi eliminato i problemi di sfasamento dei colori e quanto metteva sotto stress l’occhio dell’osservatore a causa della differente profondità di ogni sequenza. Oggi la tecnologia chiamata 3ality consente di far transitare la profondità di scena tra una sequenza e l’altra senza disturbare l’esperienza filmica per lo spettatore.
Questo nuovo livello del 3D ha rilanciato il cinema, e lo spettatore è disposto anche a pagare di più per vedere un film in 3D rispetto ad uno classico in 2D, perché l’esperienza è notevolmente realistica e coinvolgente. E’ ovvio che anche le sale cinematografiche hanno dovuto aggiornarsi per rendere l’esperienza veramente accattivante. Audio, poltrone, dimensione dello schermo, tutto è cambiato per poter immergere lo spettatore nello spazio virtuale ricreato dalle immagini.
LA TV 3D |
Il successo cinematografico, non ha però avuto l’effetto volano sulla TV. Dopo un inizio promettente, l’esperienza TV del 3D sta pian piano naufragando a vantaggio di altre tecnologie (UltraHD, schermi curvi, ecc.).
Le tecnologie utilizzate per la TV sono essenzialmente due: il 3D attivo e il 3D passivo.
Nel 3D Attivo, esiste una forte interazione tra gli occhialini di tipo polarizzato e il televisore. In pratica, l’occhialino, più costoso che necessita di batterie per l’alimentazione e ricarica dopo ogni spettacolo, mostrano l’immagine alternativamente nella lente destra e in quella sinistra circa 60 volte al secondo.
Nel 3D Passivo, invece, si possono utilizzare degli occhialini non ricaricabili, anche in plastica e dal costo molto ridotto. Il lavoro per la tridimensionalità è svolto dal televisore; questo possiede un filtro al suo interno che polarizza ogni riga dell’immagine mostrando le righe diaspari ad un occhio e quelle pari all’altro.
Volendo fare una valutazione, nessuno dei due sistemi supera prepotentemente l’altro, per cui non esiste un sistema migliore da scegliere. Nel caso del 3D Attivo la risoluzione delle immagini e maggiore, nel caso del 3D Passivo le immagini sono più luminose e i neri più netti. La differenza la potrebbero fare i costi dei due dispositivi di visione (occhialini).
I VISORI 3D |
Il mondo delle consolle e dei video giochi, al contrario, stanno attingendo a piene mani da questa tecnologia, creando nuovi dispositivi in grado di rendere assolutamente realistica e coinvolgente l’esperienza di gioco. Tutte le maggiori case di produzione di consolle e videogame, si sono lanciate in questo vastissimo e innovativo mercato proponendo o annunciando incredibili dispositivi.
Le esperienze sono simili, ma un aspetto che bisogna tenere presente pensando ad un visore 3D è il suo utilizzo per la realtà virtuale o la realtà aumentata.
Nella realtà virtuale, l’esperienza di coinvolgimento è totale. Lo spettatore è immerso in un mondo virtuale in cui ogni oggetto è parte della realtà e con esso si può interagire.
Nella realtà aumentata, l’approccio è leggermente diverso. Il mondo reale viene potenziato arricchendolo di informazioni che possono migliorare l’esperienza, come ad esempio sovrapporre nomi di strade o informazioni di percorso direttamente sull’immagine in base al luogo in cui vi trovate, oppure ricreando oggetti perfettamente funzionanti e utilizzabili nella realtà ricreata come ad esempio una tastiera.
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