prof. Davide Betto

laurea in Architettura conseguita presso la Facoltà di Architettura di Reggio Calabria; dottorato di ricerca conseguito presso la Facoltà di Napoli in Metodi di Valutazione. Si è abilitato all'insegnamento nella classe di concorso "A033 - Educazione Tecnica nella scuola media" nel 2004 e dal 2007 è diventato docente di ruolo. Insegna a Catania presso la scuola secondaria di primo grado Dante Alighieri. Appassionato di informatica che, insegna nelle classi 2.0 e 3.0, webmaster per diletto e utilizzatore avanzato di programmi C.A.D., grafica e video produzione. Autore di questo blog e vincitore del premio internazionale come miglior sito dell'anno 2016 nell'area Carriera e Formazione. Autore per casa editrice Lattes Editori di Torino per la quale cura il blog iLTECHNOlogico.it e le pubblicazioni di tecnologia.

Dic 302013
 

Docente 2.0.3

Le mie personali riflessioni sulla nuova funzione docente nella scuola: prof. Davide Betto.

La Classe 2.0 lo si voglia o no, rappresenta di per se uno momento di innovazione e sperimentazione, non solo per gli studenti, ma soprattuto per gli insegnanti costretti, loro malgrado, a mettere in discussione l’intera procedura operativa finora utilizzata basata sull’esperienza e la pratica quotidiana. Non si tratta di apprendere nuovi contenuti, ma di adattare i vecchi ad una nuova tipologia di comunicazione, di trasmettere il sapere attraverso strumenti diversi e quindi di riprogettare e rivedere l’intero modo di fare lezione. L’elettronica e l’informatica, grandemente diffusi nella società contemporanea, hanno cambiato il modo in cui i ragazzi si relazionano e interagiscono tra loro e con il sapere. L’approfondimento avveniva attraverso la consultazione di vocabolari e enciclopedie; oggi avviene sempre attraverso questi strumenti, ma in formato digitale, e soprattutto attraverso la rete, wikipedia, youtube, googlearth per citarne alcuni. La corrispondenza si invia attraverso le email, la comunicazione passa attraverso Whatsapp, Viber, Skype e i social network. Tutto è stato cambiato dalla rete e dalla sua diffusione. La banda larga, la connettività mobile diffusa, strumenti sempre più piccoli e sempre più potenti consentono di essere connessi con il mondo in ogni istante abbattendo distanze e limiti fisici. Una scuola attuale e in linea con i tempi necessita di infrastrutture che fino a qualche anno fa erano considerate irrealizzabili e impensabili. Connettività wi-fi, laboratori multimediali, lavagne interattive, sono strumenti necessari per realizzare questo percorso. Ma dall’altro lato servono anche operatori aggiornati e capaci di utilizzare questi strumenti. Il docente 2.0 deve essere in grado di padroneggiare questi strumenti, ma soprattutto non deve avere paura di sperimentare e sperimentarsi. Deve svolgere il proprio ruolo di educatore al passo con i tempi, essere in grado di anticipare i propri alunni come è sempre accaduto nel passato in merito ai contenuti e alle modalità di somministrazione. Insegnare in una Classe 2.0 significa essere un docente moderno, aggiornato e capace di trasmettere il sapere in un modo nuovo idoneo ai nuovi alunni, i cosiddetti nativi digitali.

Docente 2.0.4

Il docente 2.0 deve smettere i panni del cattedratico e assumere un nuovo ruolo. In questa nuova dinamica, assumerà le vesti del coach, del team leader, ossia dell’allenatore o della guida di questa nuova squadra di lavoro. Organizzerà, affiderà i compiti, indirizzerà nelle scelte, indicherà gli strumenti con i quali gli studenti si dovranno confrontare. Non deve più fornire i contenuti, ma deve insegnare a costruirli attraverso gli strumenti multimediali che il gruppo di lavoro possiede. Quindi, come si può intuire, un cambiamento totale nelle modalità insegnamento-apprendimento. L’alunno apprende direttamente attraverso la costruzione della lezione di cui diventa parte attiva e integrante, mentre il docente-coach lo aiuta nel difficile compito del discernere tra le informazioni raccolte e nella costruzione di un percorso apprenditivo corretto. Questa operazione può essere svolta sia in classe che a casa attraverso azioni di tutoring a distanza attraverso la condivisione di spazi e documenti sulla rete. Anzi, buona parte del lavoro va proprio svolta lontano dal luogo di lavoro (classe). A casa il discente ha maggior tranquillità e maggior tempo per selezionare le fonti e strutturare il percorso didattico. Può interagire in qualunque momento con il docente, con i compagni, può utilizzare gli strumenti che gli sono più familiari.

Docente 2.0.1A scuola si svolgerà tutto il lavoro di organizzazione e assemblaggio di quanto prodotto a casa. I contenuti raccolti da ciascun gruppo diverranno parte integrante di un documento comune che dovrà essere accessibile a tutti e condiviso sulla rete e efficacemente pubblicizzato.

Sarà come far combaciare i pezzi di un puzzle di cui solo il docente conosce l’immagine finale, facendo in modo che gli studenti giungano da soli al risultato desiderato.

LEZIONE ATTIVA

Seguendo tempo fa un corso sull’uso dell’iPad in classe e della nuova didattica ad esso legata, ho colto degli aspetti e delle informazioni che non mi sarei mai immaginato di trovare in quella sede. L’esperto chiamato a informarci, docente e autore di diversi libri sul tema, ci ha coinvolti in un gioco interattivo, con il quale ha voluto dimostrarci come le modalità di apprendimento e di interazione degli studenti è cambiata e di come questa possa essere pilotata e controllata in modo più efficace di come avviene oggi in classe. Ha definito questo modo di insegnare ATTIVO, contrapponendolo al modo tradizionale di insegnare e spiegare definito, in quella sede, PASSIVO. Ora, non volendo entrare nel merito delle definizioni, che ognuno di noi potrà considerare corrette o meno, mi hanno colpito alcune considerazioni da lui elaborate nel corso del gioco ed avevo piacere di condividere questa esperienza che, per me, è stata illuminante, con voi.

Ha avviato un video di una lezione definita “attiva” da lui tenuta in cui un gruppo di studenti seduti attorno ad un tavolo ragionavano sull’argomento assegnato loro dal docente. Ad un certo punto ha fermato l’immagine e ci ha chiesto di individuare ciò che secondo noi non andava in quel fermo immagine. Dopo qualche tentativo, uno di noi si è accorto che una ragazza del gruppo di lavoro stava scaricando un gioco. Nulla che avesse a che fare con la lezione o il compito assegnatole. 

Docente 2.0.5

L’esperto ha allora esordito con una considerazione che a mio avviso, anche se con qualche riserva, non faceva una piega. L’alunna in questione, durante una lezione tradizionale, ossia frontale, probabilmente si sarebbe distratta lo stesso, di nascosto con il cellulare, o con qualche altro oggetto nella sua cartella o sul banco. A quel punto noi potremmo non esserci accorti di questa sua distrazione (lui l’ha definita USCITA dalla lezione). Uscendo, l’alunna in questione, ha praticamente interrotto l’apprendimento dei contenuti da noi in quel momento somministrati alla classe. Ne è uscita in maniera definitiva, perché noi non spiegheremo più quella lezione o peggio ancora, per chi quel giorno è assente da scuola, perché non potrà mai avere la possibilità di partecipare alla spiegazione del docente. Nel caso di una lezione attiva, invece, l’alunno è parte della lezione, per cui la sua uscita, anche se temporanea, per giocare, scaricare un software o semplicemente per chiacchierare, è solo temporanea; infatti, essendo egli stesso parte della lezione, che dovrà costruire e realizzare, può uscire e rientrare nel processo infinite volte. In questo caso, il messaggio non arriva dal docente, ma lo deve costruire lui; è lui che dovrà completare il tassello del mosaico di cui è responsabile e che, dovrà combaciare e combinarsi con quello degli altri compagni.


Classe-2.0Riprendendo la visione del video, l’alunna, effettivamente, qualche istante dopo era di nuovo all’opera a completare il suo lavoro e la distrazione o l’interruzione non avevano minimamente influito sul suo ruolo o sulla qualità del suo elaborato.

Ora, comprendo che probabilmente l’esperto in questione si possa essere trovato in una condizione ideale, alunni corretti e partecipativi, strumenti idonei, mentre in molte nostre realtà questo non è possibile o non è addirittura pensabile, però apre parecchi spunti di discussione.

Ma,…li scopriremo insieme nel prossimo capitolo dedicato alla Classe 2.0 intitolato: CLASSE 2.0 alla DANTE ALIGHIERI.

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Dic 222013
 

09 - BMW i8E’ l’auto del futuro, un concentrato di tecnologia e design. La BMW sta investendo molto su quest’auto che dovrebbe rappresentare l’evoluzione “green” delle sue sportive e di lusso. Propulsione elettrica e emissioni zero, integrate in un design avveniristico modellato all’interno della galleria del vento. Ma la BMW non si è fermata qui; tutto dovrà essere all’insegna dell’innovazione, della tecnologia più avanzata. Struttura in carbonio e massima aerodinamicità per ridurre al minimo i consumi. Motore ibrido elettrico e a combustibile, interni in materiale riciclabile. Tutto questo per ottenere un’auto che come dice la stessa BMW “Non si tratta di un compromesso, bensì di una combinazione tra piacere di guidare e responsabilità.“.

Ed è per questo che l’autovettura sarà dodata di quelle che è sicuramente riduttivo chiamare chiavi.

01 - BMW i8

Anche se nulla è ancora definitivo, pare si tratterà di un dispositivo elettronico con schermo LCD ad alta risoluzione, in grado di riportare una serie di informazioni importanti sull’autovettura. Carica della batteria, stima autonomia rimasta, tasti programmabili e tante funzioni  innovative e semplici da utilizzare. Un device elettronico in linea con la nuova autovettura, un gadget che da solo farà comprendere cos’è la BMW i8.

Godetevi sotto la galleria fotografica e il video pomo della stessa BWM.

Galleria

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Dic 172013
 

A7_ScrollCon iPhone 5S, Apple ha introdotto una nuova architettura hardware che ha richiesto tempo per poter essere realmente compresa, ma che ha ancora una volta anticipato tutti tecnologicamente, ponendo la casa di Cupertino all’avanguardia tecnologica e punto di riferimento per tutti gli avversari Samsung compresa. L’introduzione del processore A7 affiancato dal coprocessore matematico M7 è sembrata una novità da poco all’inizio. Ma subito dopo tutti hanno compreso la reale portata dell’innovazione. L’A7, è il primo processore “mobile” a 64bit. Se questo ha poca importanza nell’immediato,  crescerà esponenzialmente nel tempo proprio perché le potenzialità non ancora espresse, lo renderanno adatto a compiti e funzioni non ancora immaginabili. Ad affermarlo è un dipendente anonimo della Qualcomm che in una sua dichiarazione riportata nel blog HubSpot, afferma testualmente: “Il chip di Apple a 64-bit ci ha colpiti allo stomaco. Non solo noi, ma tutti, davvero. Siamo rimasti a bocca aperta, storditi e impreparati”.

In questo momento, l’innovazione meno rumoreggiata, non avvantaggia di molto i devices della Mela, perché mancano applicazioni scritte appositamente per questa architettura e per sfruttare a pieno le potenzialità di questo nuovo processore. La sua introduzione, ha subito fatto realizzare che il futuro delle prossime tecnologie sta proprio li, nei 64bit; la rincorsa è nuovamente iniziata. Quale sarà la prossima sconvolgente mossa della mela morsicata?

Noi come sempre ci saremo per darne notizia e per seguire le nuove frontiere tecnologiche.

Articoli1

Dic 142013
 

Le pietre naturali sono state il primo materiale utilizzato dall’uomo per le proprie costruzione. Esistono da milioni di anni e posseggono straordinarie caratteristiche di resistenza, compattezza e durata. Tante sono le opere che testimoniano il loro utilizzo e la loro resistenza nel tempo e al tempo: le Piramidi egiziane, le strutture monolitiche di Stonehenge, il Colosseo a Roma, le tante cattedrali sparse per il pianeta. Proprio per queste caratteristiche, le pietre hanno assunto nel tempo e nelle società significati magici e proprietà uniche a ciascuna di esse. Anche il significato dei nomi stessi delle persone sono stati legati alle pietre e alle proprietà che ciascuna di esse nasconde e infonde.
Le pietre naturali sono ignifughe, igieniche, atossiche.

Le pietre naturali si possono classificare in tre grandi gruppi:

  • rocce magmatiche o ignee;
  • rocce sedimentarie;
  • rocce metamorfiche.
rocce

Ciclo di formazione delle rocce

ROCCE MAGMATICHE o IGNEE

Sono rocce formatesi in seguito alla cristallizzazione di un magma, dove il magma è una massa a temperatura elevata formata da un miscuglio di liquido, gas, cristalli. Le rocce magmatiche possono classificarsi a loro volta in: rocce Plutoniche e rocce Vulcaniche.

  1. Le rocce magmatiche Plutoniche, sono rocce formatesi all’interno della crosta terrestre e possono trovarsi in superficie per cause tettoniche e geomorfologiche;
  2. Le rocce magmatiche Vulcaniche, sono rocce formatesi sulla superficie terrestre; il magma è portato in superficie attraverso il fenomeno del vulcanismo (fuoriuscita di lava).

ROCCE SEDIMENTARIE

Sono rocce costituite da materiali (detti sedimenti) provenienti dalla disgregazione, attraverso processi di varia natura, di rocce preesistenti. La loro formazione avviene in quattro fasi, chiamate “ciclo sedimentario”:

  • I fase: alterazione delle rocce preesistenti sulla superficie terrestre con formazione di detriti solidi e di sostanze in soluzione.
  • II fase: trasporto del materiale detritico e di quello in soluzione ad opera dei fiumi, dei venti, dei ghiacciai, ecc.
  • III fase: deposizione (sedimentazione) del materiale in ambienti diversi (continentale, marino, ecc.). La sedimentazione avviene per strati successivi.
  • IV fase: formazione della roccia (litificazione dei sedimenti) dovuta alla pressione esercitata da altri sedimenti che si accumulano via via sopra di essi. I processi nel loro insieme prendono il nome di diagenesi (processi diagenetici).

ROCCE METAMORFICHE

Sono rocce che hanno subìto modificazioni nella composizione mineralogica o nella struttura e nella tessitura in seguito a mutamenti di temperatura e pressione (metamorfismo). Il metamorfismo avviene sempre in profondità nella crosta terrestre; le rocce possono venire in superficie in seguito a fenomeni orogenetici e geomorfologia. Tutte le rocce (magmatiche, sedimentarie, metamorfiche) possono essere soggette al metamorfismo.

Le pietre naturali nel passato avevano un uso prevalentemente architettonico e strutturale. Oggi con l’avvento delle pietre artificiali, hanno perso questa funzione ma hanno conservato quella decorativa e di rivestimento.


LAVORAZIONE

La realizzazione di un prodotto finito, avviene tramite diverse fasi di lavorazione che consistono nell’estrazione della roccia dalla cava d’origine, nella suddivisione in blocchi e in una seconda suddivisione in elementi di forma e dimensioni determinate. Una volta ottenuto l’elemento lapideo nel formato voluto, la fase di lavorazione finale consiste nell’applicare sul materiale il trattamento di finitura desiderato. Alcune lavorazioni superficiali, oltre a determinare il diverso aspetto e i vari gradi della colorazione, influiscono anche sulle prestazioni del prodotto, come la resistenza meccanica, la resistenza agli agenti esterni e l’isolamento acustico. Le lavorazioni che conferiscono particolari caratteristiche ai materiali esterni sono:

Levigatura – E’ una lavorazione superfiale che smorza e alleggerisce il colore conferendo al materiale un aspetto opaco ed una superficie liscia e piana. Viene utilizzata soprattutto per i rivestimenti esterni situati in zone dove le condizioni climatiche danneggerebbero la lucidatura provocando effetti a macchia.

Lucidatura - Dona alla superficie lucentezza, specularità esaltando al massimo la naturale colorazione della pietra. Conferisce inoltre un’ ottima planarità della superficie rendendo il materiale più resistente.

Bocciardatura – Lavorazione che rende la superficie della pietra molto simile a quella del materiale grezzo conferendo al materiale superficie ruvida.

Sabbiatura – Consiste in una incisione della superficie per mezzo di getto di sabbia sotto pressione. Viene utilizzata anche per la pulitura dei materiali lapidei. Il rischio consiste nel rendere il materiale più vulnerabile all’aggressione degli agenti atmosferici.

Fiammatura – Insieme alla lucidatura è la lavorazione superficiale più utilizzata. Viene impiegata per conferire un aspetto di naturalezza alla pietra. Non tutte le rocce però sopportano le alte temperature necessarie per eseguire questa lavorazione, come per esempio i graniti che sono da evitare perché contengono percentuali elevate di ferro, il quale, sotto l’azione della fiamma, fonde provocando sbavature.


PIETRE ARTIFICIALI

Dall’uso oculato delle pietre naturali, attraverso il calore e la miscelazione sapiente di particolari tipi di rocce, sono nati e si sono diffusi, nuovi materiali dalle caratteristiche eccezionali, chiamati pietre artificiali. I principali tipi di pietre artificiali utilizzati oggi regolarmente come materiali nelle costruzioni o nella realizzazione di oggetti, sono:

  • laterizi;
  • le ceramiche.

Mattoni

MATERIA PRIMA (l’ARGILLA)

ArgillaAlla base delle pietre artificiali sta l’argilla, tipo di roccia sedimentario costituita principalmente da allumino-silicati. La scoperta delle sue proprietà avvenne senz’altro per caso: un canestro di giunchi rivestito da argilla umida era stato capovolto sul terreno, sotto il sole. A causa del calore intenso l’argilla si seccò divenendo compatta e dura: quando il canestro venne alzato la forma dell’argilla rimase sul terreno. Gli uomini compresero allora che avrebbero potuto fabbricare i loro recipienti  direttamente con quel materiale, evitando la fatica di intrecciare i giunchi.


CERAMICHE

CeramicaCENNI STORICI

La parola ceramica deriva dalla parola greca kèramos che significa appunto “argilla“. Le prime ceramiche dipinte risalgono al periodo neolitico, nel quale si utilizzavano pigmenti naturali per dipingere l’argilla che decorava le pareti delle grotte. Nell’antica Grecia si dipingeva la ceramica con immagini color terracotta e nero, a disegno geometrico, che ci sono tanto familiari. Furono però gli artisti tedeschi del ‘600 e ‘700 a portare la ceramica ad altissimi livelli, realizzando opere con paesaggi e ritratti mai più uguagliati in futuro. All’incirca in questo periodo si diffuse in Europa anche la porcellana orientale (i cinesi furono i primi ad utilizzare la porcellana più fine della ceramica).

DESCRIZIONE DELLA CERAMICA

La ceramica è un materiale molto duttile allo stato naturale, rigido dopo la fase di cottura.

Il colore del materiale ceramico varia, a seconda degli ossidi contenuti nelle argille per esempio: ossidi di ferro danno una colorazione da giallo a arancio a rosso a bruno; ossidi di titanio da bianco a giallo. Può essere smaltata e decorata. La ceramica è solitamente composta da diversi materiali: argille, feldspati (di sodio, di potassio o di entrambi), sabbia silicea, ossidi di ferro, allumina e quarzo.

  • ceramiche a pasta compatta. Rientrano nel gruppo i gres e le porcellane. Hanno una bassissima porosità e buone doti di impermeabilità ai gas e ai liquidi per effetto della saldatura delle particelle, ottenuta elevando la temperatura di cottura al punto di reificazione. Non si lasciano scalfire neanche da una punta d’ acciaio.
  • ceramiche a pasta porosa. Sono tipicamente le terraglie, le maioliche e le terracotte. Hanno pasta tenera e assorbente, più facilmente scalfibile.

I MATERIALI CERAMICI

Il grès si ottiene per mescolanze argillose naturali cotte ad una tempratura compresa tra i 1200 °C e i 1350 °C. I colori variano a seconda dei composi ferrosi presenti.


Porcellane

La porcellana è stata inventata in Cina attorno al VIII secolo. Il componente principale è una particolare argilla bianca: il caolino. E’ composta anche da silice e feldspato. Il caolino conferisce le proprietà plastiche e il colore bianco alla porcellana; il quarzo è il componente inerte e svolge una funzione sgrassante; il feldspato è un fondente che abbassa la temperatura di cottura dell’impasto ceramico.


Le terracotte dopo il processo di cottura presentano una colorazione che varia dal giallo a rosso mattone, grazie alla presenza di sali o ossidi di ferro. La cottura si effettua sotto i 1000 °C. La presenza di ossido di ferro, migliora anche la resistenza meccanica della ceramica cotta.


Terraglie

Le terraglie sono tipi di ceramica a corpo bianco, impasto fine, leggero e poroso, ottenute per cottura al forno di oggetti modellati con una pasta di argilla, quarzo e feldspato, e ricoperti da una vernice trasparente a base di borosilicati.


Maioliche

Le maioliche o faenze sono tipi di ceramica a pasta colorata, porosa, rivestita con uno smalto bianco, brillante, a base di ossido di piombo e di stagno.


LAVORAZIONE

Il ciclo produttivo della ceramica prevede vari passaggi, a seconda del risultato che si vuole ottenere e a seconda del tipo di lavorazione (artigianale o industriale).

Lavorazione artigianale

  1. stagionatura – l’argilla non può essere direttamente utilizzata nel suo stato naturale, ma deve essere ripulita dalle impurità.
  2. lavatura – successivamente viene sciolta in acqua per la lavatura e una ulteriore depurazione per eliminare le residue impurità.
  3. impasto – a questo punto si procede a impastare l’argilla in modo da eliminare eventuali bolle d’aria e renderla compatta.
  4. formatura – si procede a dare una forma all’argilla. Questa può essere data con diverse tecniche: a mano libera, a colombino (si realizzano dei cilindri che si arrotolano gli uni sopra gli altri, poi si uniscono fra di loro e si lisciano), a lastre, al tornio, per mezzo di stampi.
  5. essiccazione – i manufatti in qualunque modo vengano realizzati devono essere prima essiccati all’aria aperta, in modo da fissare la forma dell’oggetto.
  6. cottura – è l’ultima fase della lavorazione dell’argilla, che avviene in appositi forni a temperature elevate (oltre i 1000°C fino ai 1500°C).
  7. decorazione – i prodotti fini possono essere decorati e smaltati.

Lavorazione industriale

I processi di lavorazione richiamano quelli artigianali e si differenziano essenzialmente per due diversi processi di cottura:

  • Monocottura;
  • Bicottura.

Nella monocottura la materia prima viene cotta una sola volta dopo che il pezzo è stato essiccato e smaltato. Nella bicottura la colorazione del prodotto avviene durante la seconda cottura.


LATERIZI

Laterizi02CENNI STORICI

Il laterizio è l’elemento principe della storia delle costruzioni edili del nostro paese. I prodotti in laterizio rappresentano di fatto uno dei materiali più antichi impiegati nel mondo delle costruzioni. L’origine di questi prodotti è legata principalmente alla necessità, particolarmente sentita nei climi umidi, di rendere impermeabili le coperture a terrazza. Viene creato con argilla depurata, pressata in forme stabilite, asciugata e cotta in forni appositi. Il processo di cottura dei mattoni può essere attribuito ai Sumeri, estendendosi poi all’intera Mesopotamia. Tale processo era complesso e costoso, facendo divenire il mattone un materiale prezioso e simbolico. Sono laterizi il mattone, pieno e forato, la pignatta, la tavella, la volterrana, il coppo, la tegola, vari ornamenti architettonici ed elementi utilizzati in edilizia.

DESCRIZIONE DEI LATERIZI

Laterizi04Il laterizio è un prodotto in materiale ceramico a pasta porosa. Viene creato con argilla depurata, pressata in forme stabilite, asciugata e cotta in forni appositi. I laterizi si suddividono in:

  • pieni;
  • forati;
  • per coperture.
Filiera

Una filiera per Mattoni forati

LAVORAZIONE

L’argilla subisce, dopo l’estrazione dalle cave, diversi trattamenti, quali, per es., l’ibernazione o l’estivazione. L’eliminazione delle impurità (di solito inclusioni calcaree) viene fatta tramite macinazione, dopo pre-essiccamento. La foggiatura dei laterizi può essere eseguita a mano, usando argilla in pasta costipata entro forme adatte, per lavorazioni speciali e comunque per piccole partite; oppure modellata a macchina (con argilla umida spinta da propulsori elicoidali attraverso filiere). Il materiale, foggiato nel modo voluto, si pone a essiccare all’aria (protetto però dall’azione del sole, della pioggia, del vento ecc.) o in essiccatoio ad aria calda, in modo da eliminare lentamente l’acqua d’impasto presente senza che si producano deformazioni. Dopo l’essiccazione i prodotti vengono inviati alla cottura (a temperature non inferiori a 900 °C), eseguita in forni intermittenti o continui. I forni intermittenti sono adottati per piccole o saltuarie produzioni. I forni continui capaci di grandi potenzialità, sono prevalentemente del tipo a tunnel.

Forno a tunnel

Forno a tunnel per la cottura dei mattoni

TIPOLOGIE DI LATERIZI

Laterizi03 I mattoni comuni hanno forma parallelepipeda con dimensioni variabili da regione a regione, ma che ora si tende a far corrispondere a quelle unificate di 25×12×5,5 cm.

Sono impiegati per murature portanti o anche per le pareti divisorie di edifici con struttura portante in cemento armato o metallica. Per opere in vista si usano mattoni cosiddetti per paramento, formati da mattoni pieni della migliore scelta, dotati di scarsa porosità (assorbono solo l’8-10% di acqua contro il 15-25% degli altri tipi), di elevata resistenza. Per muri divisori sono più spesso impiegati mattoni forati, di cui esistono tipi diversi per il numero dei fori e le dimensioni. Alla categoria dei laterizi forati appartengono anche le tavelle, impiegate soprattutto per controsoffitti, e i tavelloni, le volterrane (o pignatte) sono usate, in misura sempre crescente, nei solai misti in cemento armato ordinario.

PROPRIETA’

I laterizi impiegati nelle costruzioni devono possedere buone qualità di resistenza, di durezza, scarsa penetrabilità all’acqua e facile aderenza alle malte. Devono presentare, di norma, colore rosso vivo e grana compatta, priva di pori e di materiali estranei.

Peso di volume – Il peso del laterizio dipende dal modo di produzione e dalla qualità dell’argilla, se il laterizio è confezionato a mano, si avrà una massa più porosa e di conseguenza un peso minore. Per i laterizi pressati o estrusi sotto vuoto la massa è molto più compatta ed il peso maggiore.

Porosità e imbibizione – Il laterizio è un materiale poroso, questo è vantaggioso per le proprietà termiche, per lo scambio igrometrico e per l’areazione dei muri però una porosità eccessiva può essere pericolosa in caso di gelo. L’imbibizione è in relazione con la porosità ed è anch’essa elevata, la prova viene effettuata per saturazione dei pori dei campioni immersi nell’acqua. La capillarità del laterizio provoca un’aspirazione dell’acqua, che può provenire dal terreno, dall’aria o dalla malta.

Impermeabilità – E’ la capacità di non lasciarsi attraversare dall’acqua. La prova viene effettuata fissando un telaio di lamiera, bagnarlo in modo che si formi uno strato di 5cm e vedere che nelle successive 24 ore non passi l’acqua.

Gelività – Il laterizio può presentare fenomeni di gelività avendo una porosità elevata, se è saturo di acqua gelando provoca la rottura. La prova viene eseguita mediante cicli ripetuti imbevendolo d’acqua e mettendolo in frigorifero alle T di -10° C per tre ore poi portato a +35°C per altre tre ore. I laterizi prodotti con argille che hanno una elevata temperatura di cottura risultano poco o affatto gelivi.

Resistenza a compressione – E’ la caratteristica fondamentale dei laterizi per strutture portanti, un buon mattone pieno deve dare carico di rottura intorno ai 25 N/mm2. Per il mattone pieno e semipieno si prepara un campione tagliandolo a metà, si sovrappongono le due metà che si fissano con la pasta cemento, si lasciano così per sette giorni. Infine si sottopone allo schiacciamento, la prova si effettua su 4 provini secchi e 4 provini imbibiti di acqua.

Resistenza a flessione – Per i mattoni e le tegole la prova consiste nel sottoporre a flessione a campioni appoggiati agli estremi su due coltelli arrotondati e il carico, al quale si sottopone, è dato da un terzo coltello arrotondato posto sulla mezzeria. Per le tegole il carico minimo di rottura è di 135 kg per quelle curve, e di 140 kg per le marsigliesi.

Prova d’urto – I laterizi in genere hanno un comportamento di tipo fragile, cioè sono soggetti a rottura per urto o sollecitazioni concentrate. Per le tegole la prova si effettua sul campione appoggiato agli estremi lasciando cadere una sfera di ghisa del peso di 1Kg partendo da un’altezza di 10 cm e aumentando di 5 alla volta fino ad ottenere la rottura. Per i laterizi da pavimentazione si fa cadere una sfera d’acciaio del peso di 1 Kg su un campione disposto nella sabbia, si comincia da 5 cm.

Prova di usura – Si usa il tribometro, una macchina a disco rotante con abrasivo su cui vengono premuti i campioni. Lo spessore di materiale che è eliminato dall’abrasione, per un numero di giri pari a 1000 m, si indica come coefficiente di abrasione.

Prova di durezza – E’ effettuata con il metodo Brinell impiegando un penetratore di acciaio a sfera, del diametro di 5mm. Il carico applicato gradualmente raggiunge i 32,5 Kg e dura 30 secondi. La durezza viene calcolata in base alla profondità dell’impronta, si calcola il valore medio su 20 prove.


BIBLIOGRAFIA – LINK

  • //www.assomarmistilombardia.it/pietrenaturali/
  • //www.icvbc.cnr.it/didattica/petrografia/lezioni_petrografia.htm
  • //www.treccani.it/
  • //www.larapedia.com/ingegneria_delle_costruzioni/laterizi.html
  • //appuntone.xoom.it/appuntone/AA/tecnologia_meccanica.htm
Dic 082013
 
Alunni Articolo scritto da: MATTEO MAZZA
Classe: 2H – Anno: 2012-13

Prefazione a cura del prof. BETTO

E’ l’edificio contemporaneo più famoso al mondo; è l’hotel più incredibile e più alto del pianeta; è il simbolo di Dubai e della ricchezza sfacciata di questo Emirato. Saranno forse questi gli aspetti che hanno ispirato Matteo a narrarci le meraviglie del Burj Al-Arab? Torre degli Arabi, questa è la traduzione del suo nome. Un capolavoro di ingegneria e di visione architettonica. Ispirato al vento e alle vele degli Abra arabi, questo edifico è diventato una icona architettonica, un immagine a cui ispirarsi nella progettazione. Leggiamo insieme quanto descrittoci da Matteo e sogniamo con lui in questo viaggio nel Mar dei Pirati.

BURJ AL-ARAB

Burj-Al-Arab

Burj-Al-Arab-logoIl Burj al-Arab con la sua inusuale forma “a vela” è il successo di una equipe di architetti che aveva il compito di progettare uno dei migliori alberghi del mondo per lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum. L‘albergo è situato su un isola artificiale collegata da un ponte di 280 metri, la sua altezza di 320 metri lo rende il 2° albergo più alto al mondo dopo la Rose Tower anch’essa a Dubai. L’hotel è provvisto di eliporto dove nel 2005 per l’occasione fu allestito un campo da tennis all’altezza di 211 metri sul mare per una partita di esibizione tra i due campioni Roger Federer e Andrè Agassi. Tutte le camere sono suite e hanno superfici variabili tra i 170mq e i 780mq producendo una rendita annuale di circa 100 milioni di euro; le stanze vengono a costare da un minimo di 600 euro a notte fino ai 9.000 euro per la royal suite.

Burj Al-Arab

La facciata principale del Burj Al-Arab è fatta in materiale tessile rivestito di teflon, inoltre il Burj Al-Arab è l’unico edificio che vanta le sette stelle. Oro 22 carati, stoffe preziose e marmi di Carrara e brasiliani, rivestono ogni angolo di questo meraviglioso edificio.

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La notte, a intervalli di 15 minuti, l’albergo cambia colore attraverso un sofisticatissimo sistema di illuminazione studiato per creare un effetto scenico ma in modo da non infastidire gli ospiti che soggiornano all’interno. L’albergo è dotato anche di un ristorante al livello del mare circondato da un acquario immenso. Oltre ai vari record il Burj Al-Arab vanta anche quello dell’atrio più alto del mondo, ben 181 metri. Una curiosità: 90 delle 200 suite dell’hotel furono prenotate dalla modella Naomi Campbell per ospitare gli invitati al suo compleanno.

GENESI PROGETTUALE:

La sua costruzione iniziò nel 1994 e finì nel 1999 e la sua realizzazione non fu libera da difficoltà realizzative e progettuali.

20 - Burj Al-Arab

Blocchi di pietra cavi dell’isola artificiale

I primi problemi nella costruzione dell’hotel sorgono nel momento della realizzazione dell’isola artificiale. Inizialmente si volevano fare i margini in roccia, un materiale facilmente reperibile, però l’altezza delle onde avrebbe facilmente superato la barriera; allora gli ingegneri risolsero il problema sostituendo alle rocce, blocchi in pietra cavi. Quando arrivava un onda, questi la facevano filtrare attraverso i buchi creando dei mulinelli; nella sua forma finale, l’isola arrivò a misurare un’altezza di 7 metri.

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Burj Al-Arab in costruzione

Il successivo passo attuato dagli ingegneri fu quello di mettere delle travi d’acciaio a 20 metri di profondità in modo da creare una base triangolare che, grazie a degli scavatori che rimuovendo la sabbia in eccesso, hanno creato una fossa che successivamente è diventata una parte delle fondamenta. Nonostante i blocchi di pietra cavi gli addetti alla sicurezza temevano che l’acqua spinta dalla pressione potesse comunque passare attraverso la sabbia allagando la struttura dal basso. Il problema venne risolto grazie a una parete di cemento che fu posta sotto la struttura.

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Burj Al-Arab prospetti

Ulteriori problemi sono comparsi quando cercando i fondali rocciosi si scoprì che questi si trovavano a circa 180 m di profondità, perciò si sarebbe dovuto costruire l’edificio sulla sabbia dunque l’hotel sarebbe stato soggetto ai pericoli causati dalle intemperie ma soprattutto dai terremoti. Per risolvere questi problemi gli architetti sono ricorsi all’attrito di superficie cioè, una volta accertato che la sabbia nel fondale fosse stata decalcificata, hanno impiantato 250 pali per una lunghezza totale di 10 chilometri fino a che la forza di spinta sul palo, per farlo entrare nel terreno, e la forza di resistenza della sabbia non fossero stati uguali.

21 - Burj Al-Arab

Esoscheletro e travi in acciaio

Le fragili pareti però non avrebbero potuto resistere agli elementi perciò gli architetti risolsero il problema ricoprendo tutto con un esoscheletro d’acciaio. Ma i problemi non finirono li: la struttura era costituita da 3 grandi pilastri portanti che rendevano l’edificio ancora più instabile; per rinforzare tutta la struttura i pilastri furono legati tra di loro con delle travi.

Anche il posizionamento delle travi risultò un ulteriore ostacolo perché queste dovevano essere inserite con molta precisione e a Dubai gli sbalzi di temperatura possono essere anche di 14 gradi tra giorno e notte. Questo faceva dilatare il ferro fino a 5 centimetri. Ancora una volta fu richiesta un’innovazione tecnologica per sopperire a questo nuovo intoppo. Uno dei progettisti lo risolse modo ingegnoso, realizzando dei fori “mobili”, cioè capaci di spostare la propria posizione in modo da far combaciare il perno d’acciaio e lasciarlo libero di scorrere durante le dilatazioni naturali del metallo, stabilizzando comunque la struttura.

Copertura in Teflon

Nonostante tutto la parte superiore dell’edificio risultava ancora fragile e facilmente attaccabile dai feroci venti di Dubai. Non si potevano usare altre travi perché avrebbero ulteriormente appesantito la facciata dell’edificio rovinandone l’eleganza e la leggerezza. Per salvaguardare la struttura vengono montati 11 ammortizzatori di massa cosi che il peso di 5 tonnellate oscillasse insieme al palazzo riportando le oscillazioni nella norma.

23 - Burj Al-Arab

Ristorante sospeso

Ma per gli ingegneri non finì qui. Lo sceicco pose una nuova sfida al team; quella di realizzare un ristorante posto di fianco all’hotel tale da dare l’impressione a chi vi sta all’interno di stare in cielo. Un ristorante in quella posizione è destinato a cadere a causa della forza di gravita; però grazie all’idea di un membro della squadra il ristorante fu costruito in modo da avere la struttura portante principale integrata, così da nasconderla, e sporgersi nel vuoto per tutta la sua estensione.

Per lavorare con materiali sensibili al calore venne posto un enorme telo bianco rivestito di teflon il cui colore fu scelto proprio perché lo respingeva. Quasi arrivati alla fine del progetto il team assunse una nuova dipendente per arredare gli interni perché lo sceicco trovò i precedenti poco sfarzosi. Inoltre, chiese di dotare le stanze di ogni gadget tecnologico possibile e questo richiese una quantità di energia elettrica pari a 14 kilobyte di potenza per camera. Le frequenze emesse dai fili, avrebbero potuto sciogliere il rivestimento in teflon e causare un incendio. La soluzione fu quella di generare un’onda con frequenza opposta a quella creata dal sistema elettrico in modo da annullare la precedente e scongiurare il pericolo di incendio.

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Finalmente nel 1999 il Burj Al-Arab venne completato diventando il simbolo che noi oggi tutti conosciamo. Durante la sua costruzione ha totalizzato ben 3 record: il primo è quello dell’edificio con il più grande atrio del mondo, poi quello dell’edificio ricoperto dalla tela più grande al mondo mentre il terzo record è quello dell’unico hotel a poter vantare ben sette stelle.

PROGETTISTA:

Tom WrightL’architetto che ha realizzato il Burj Al-Arab è Tom Wright, britannico, nato il 18 settembre 1957. Tom è nato a Croydon una cittadina vicino Londra ed ha studiato alla Royal Russel School e alla Kingston University dove si è laureato in architettura. Abilitato nel 1983, diventò architetto svolgendo questa professione dal 1991 fino ad oggi.

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https://www.youtube.com/watch?v=647fNem490k

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Dic 082013
 
Alunni Articolo scritto da: MARTINA ALICATA
Classe: 2D – Anno: 2012-13

Prefazione a cura del prof. BETTO

E’ la volta di Martina che ha sviluppato il tema a lei assegnato, all’interno di quello che abbiamo chiamato “PROGETTO INFORMATICO” approfondendolo e ricercando informazioni sulla rete. Ho trovato la sua ricerca molto ben narrata e sufficientemente approfondita e, sottolineando ancora una volta come questi ragazzi riescano a realizzare lavori pregevoli e molto ben curati, invito anche voi alla lettura. Si tratta di un grandioso progetto architettonico in via di realizzazione nella periferia di Shanghai, famosissima metropoli cinese. Un albergo a 5 stelle costruito su di una cava, un capolavoro di bio-architettura e creatività. Scopritelo anche voi insieme a Martina Alicata. Buona lettura.


INTERCONTINENTAL SHIMAO WONDERLAND

Wonderland_ScrollViaggio al centro della Terra a sette stelle. Nei piani dei suoi progettisti l’Intercontinental Shimao Wonderland sarà l’hotel sotterraneo più invidiato al mondo, abbarbicato a una parete dell’ex cava di Tianmashan, profonda oltre 100 metri. Un albergo verticale nell’oasi a 30 chilometri da Shanghai, pensato per chi non soffre di vertigini. Si svilupperà su 19 piani di cui solo tre a livello strada e tutti affacciati sul lago smeraldo incastonato sul fondo della gola. Un paradiso nel cuore della roccia. Tutto l’opposto dei grattacieli che fino a oggi hanno attratto i capitali del settore ricettivo internazionale.

18 - Wonderland ShimaoQuesto progetto è il vincitore di un concorso internazionale di design. Hotel a 7 stelle, ha una collocazione insolita all’interno di una cava di acqua di grandi dimensioni nel quartiere Songjiang vicino a Shanghai.

Questa zona di Songjiang è di particolare bellezza naturale e questo progetto prevede una struttura volta ad armonizzarsi con un ambiente di alta qualità vicino a Shanghai. I committenti hanno chiesto una soluzione unica al problema dell’ubicazione dell’hotel, in modo tale che solo 2 livelli fossero proiettati al di sopra della parete di roccia della cava di 90m di profondità.

WONDERLAND SHIMAO: vista del sito dall'alto

La particolare richiesta di collocare le aree comuni e le stanze sotto il livello dell’acqua e’ stato inserito nel progetto. É stata realizzata l’immagine di una verde collina a cascata lungo la parete di roccia, come una serie di terrazze a giardini pensili. L’atrio centrale, che collega la base cava con il livello del suolo, ha la forma di una ‘cascata’ in vetro trasparente. Le ali curve del corpo principale delle camere conterranno atri interni, la cui peculiarità sarà l’utilizzazione dell’esistente e robusta facciata rocciosa.

WONDERLAND SHIMAO: sezione

Il design scelto sfrutta il tema dell’acqua sia visivamente che nelle sue molteplici funzionalità. Il piano più basso della struttura conterrà un’area per lo sport ed il tempo libero ed un complesso termale con piscina. Un livello subacqueo ospiterà un ristorante e delle camere che si affacceranno su un acquario tematizzato.
Sopra il piano terra ci sarà la hall d’ingresso principale, spazi per conferenze per 1000 persone ed una serie di ristoranti con vista sulla cava, sul paesaggio circostante e sulle cascate.
Un centro per sport estremi, come arrampicata su roccia e bungee jumping, sarà costruito a sbalzo sopra la cava ed avrà accesso da ascensori posti al livello dell’acqua della struttura.

WONDERLAND SHIMAO: bozze progettuali planimetria

La sostenibilità ambientale è alla base del progetto, a partire dall’utilizzazione del tetto verde posto a livello del terreno per la realizzazione di strutture per l’estrazione dell’energia geotermica. Esso è inoltre destinato all’uso di pannelli solari fotovoltaici ed all’utilizzazione dell’energia solare termica prodotta all’interno dell’alto atrio a forma di cascata.
Il progetto è attualmente in fase di progettazione esecutiva e la costruzione delle infrastrutture è già stata avviata; il completamento è previsto entro il 2013. L’hotel sarà gestito dal gruppo Intercontinental Hotels e sarà uno dei loro alberghi di punta in cina.

WONDERLAND SHIMAO: planimetria

PROGETTISTI

La squadra vincente  comprende Paul Rice, Hu Yali, Zhang Jian e Ding Fang da Atkins Shanghai guidato da Martin Jochman. Si tratta di una multinazionale composta da 650 architetti che condividono la passione per l’eccellenza. A differenza di molte aziende di design, sono convinti che le soluzioni progettuali devono essere aderenti al momento, al luogo e alla cultura in cui si trovano. Non hanno un unico “stile” ma un’architettura e un design di ispirazione urbana che riflette la loro diversità.
Atkins è una delle aziende più grandi del mondo dell’architettura.
Ma l’architettura è solo una parte della sua storia. Con studi di design di tutto il mondo – in luoghi come Londra, Dubai, Shanghai e Bangalore – fa parte di una società di consulenza leader multidisciplinare che impiega 18.000 professionisti. Architetti e urbanisti lavorano senza problemi a fianco di ingegneri strutturali e civili, ambientalisti, audioprotesisti, idrologi e molti esperti di ambiente più costruiti. Con questa ampiezza e la profondità delle competenze all’interno della rete di multinazionali, sono in grado di realizzare soluzioni di design davvero sorprendenti.

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Dic 052013
 

wi-fiForse è giunto il momento nel quale potremo finalmente dire addio agli scomodissimi fili, perlomeno quelli dei carica-batteria dei cellulari. Perché direte voi? Perché Apple (sempre lei!) ha depositato presso l’United States Patent and Trademark Office (USPTO), l’organismo che rilascia i brevetti e i marchi depositati negli Stati Uniti, un nuovo brevetto che presenta una tecnologia di questo genere. Si tratta di un sistema in grado di ricaricare i dispositivi via wireless senza bisogno di ulteriori apparecchiature. Da quanto è possibile comprendere dallo schema tecnico presentato, pare che l’arcano sia possibile attraverso l’uso di una tecnologia denominata NFMR (near field magnetic resonance). In pratica, il sistema sfrutterebbe le onde magnetiche sviluppate da un dispositivo posto all’interno di un futuro iMac o MacPro.

Qualche anno fa, già il MIT di Boston (USA) aveva sviluppato una tecnologia simile denominata Witricity. Con questa tecnologia era possibile trasferire elettricità, attraverso un fenomeno già dimostrato da Nikola Tesla nell’83, tra apparecchiature elettriche poste a breve distanza tra di loro sfruttando il principio della risonanza reciproca. In pratica, un computer acceso sarebbe in grado di ricaricare elettricamente dispositivi diversi quali: mouse, tastiere, trackpad senza usare pile o altri sistemi da scollegare e ricaricare ogni volta.

RicaricaWireless

Alcuni si son chiesti come mai Apple non avesse già nel passato adottato tale tecnologia già esistente, ma la risposta è semplice; questa richiedeva l’uso di un ulteriore dispositivo da collegare alle prese di corrente, rendendo tutto il sistema poco innovativo e poco utile alla bisogna. Quella presentata adesso, è invece una tecnologia matura, che risolve il problema di dover acquistare e utilizzare più dispositivi contemporaneamente.

Staremo, comunque, a vedere cosa succederà, se Apple implementerà questa nuova tecnologia nei suoi prossimi dispositivi o se finirà nel dimenticatoio come tante altre innovazioni e brevetti, depositati e mai utilizzati.

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Dic 032013
 
TIPOLOGIE DI MURI E I MATTONI
Indice Argomenti
1 INTRODUZIONE
2 CLASSIFICAZIONE
3 IL MATTONE E I MURI
4 I MURI INVISIBILI: LE FINESTRE
M MAPPA CONCETTUALE DELL’ARGOMENTO
V APPROFONDISCI CON I VIDEO
Argomenti precedenti
#1 STATICA DELLE STRUTTURE
#2 STRUTTURE ELEMENTARI
#3 STRUTTURE DI FONDAZIONE
#4 SCOMPOSIZIONE TECNICA DELL’EDIFICIO
INTRODUZIONE

Siamo abituati a vederli (senza notarli) tutti i giorni; dividono le stanze di casa nostra, le aule della nostra scuola o gli spazi dei nostri edifici dall’esterno. Si tratta dei muri, elementi architettonici a sviluppo verticale con spessore ridotto rispetto alla lunghezza e all’altezza. Possono avere un andamento rettilineo o curvo. Possono essere costituiti da un unico materiale (a getto) o con la sovrapposizione di tanti piccoli elementi, ad esempio mattoni o pietre.

Storicamente la loro nascita si può far risalire al momento in cui l’uomo ebbe necessità di proteggersi dai pericoli esterni come le condizioni atmosferiche o gli animali feroci. In epoca preistorica, le pareti delle grotte in cui si rifugiava, ma in seguito dagli schermi delle costruzioni che realizzava come le capanne o le case a tetto. Per i greci la parete (isodoma) aveva un’importante funzione portante, mentre, per i romani che, inventarono tecniche più rapide e economiche, alcune divennero dei semplici divisori interni tra gli ambienti.

Osservandoli si nota subito che non sono tutti uguali, infatti, se guardiamo un muro esterno notiamo subito che esso ha uno spessore diverso da uno interno. Tecnicamente sono molto diversi uno dall’altro e in base alle loro caratteristiche funzionali, strutturali, estetiche o di altro tipo possono essere classificati in tanti modi.

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CLASSIFICAZIONE

I modi più comuni di classificare i muri sono i seguenti:

CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA FUNZIONE:

Muri portanti. Sono quei muri detti anche maestri che, hanno il compito di sostenere i carichi dell’edificio e scaricarli sulle fondamenta. Nel passato, prima dell’avvento delle costruzioni in c.a. e acciaio, i muri perimetrali erano tutti portanti. Per questo motivo, tali muri, hanno sempre un aspetto massiccio.

Muri tramezzi. Sono quelli che dividono le stanze di una casa e hanno spessore molto ridotto perché non sostengono pesi e lasciano libero il massimo spazio possibile.

Muri di tamponamento. Sono tipici delle costruzioni a telaio e riempiono gli spazi tra i pilastri e le travi. Hanno uno spessore inferiore a quello dei muri portanti perché non svolgono questa funzione, ma sempre importante perché devono isolare termo-acusticamente per lo spazio che racchiudono.

Muri di contenimento, detti anche di sostegno. Sono murature massicce che hanno lo scopo di sostenere grandi quantità di terreno su superfici scoscese o di acqua raccolta in invasi, come nel caso delle dighe.

CLASSIFICAZIONE IN BASE AL MATERIALE:

Muri in pietra. Sono muri realizzati con pietrame di differente tipologia assemblato con perizia per mantenere spessore e solidità del manufatto. In base al tipo di lavorazione potremo avere muri in pietra squadrata nei quali le pietre vengono lavorate e squadrate in modo da formare parallelepipedi regolari oppure muri in pietrame a faccia vista in cui le pietre vengono solo grossolanamente regolarizzate e poi assemblate.

Muri in blocchi di laterizio. Sono realizzati con mattoni pieni o forati di laterizio, facili da assemblare.

Muri in calcestruzzo. Sono realizzati con blocchi pieni o forati di calcestruzzo e sono ottimi per l’isolamento termo-acustico.

Muri di cartongesso. Sono composti da lastre sottili dello spessore di circa 12 mm, larghe 1,20 m e lunghe dai 2 ai 3 metri, ottenuti impastando polvere di gesso, leganti, rinforzi e acqua tra due fogli di carta. Sono facili da montare ed economiche.

CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA POSIZIONE:

Muri in elevazione. Sono quelli che partono dal livello del terreno e si sviluppano verso l’alto.

Muri di fondamenta. Sono quelli che dal livello del terreno si sviluppano verso il basso nel sottosuolo, avendo la funzione di scaricare i carichi della struttura sulla fondazioni e proteggere i piani interrati dall’umidità.

CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA TECNICA COSTRUTTIVA:

Muri a secco. Sono quelli realizzati senza l’uso di alcun legante (malta, cemento, ecc.) sovrapponendo pietre prelevate in loco senza alcuna squadratura delle stesse. Il muro si regge per effetto della gravità e delle forze di attrito tra le pietre.

Muri legati con malta. Sono quelli realizzati unendo gli elementi, anche irregolari, con un legante spesso malta, disposta in sottili strati tra le pietre o i mattoni.

Muri a getto. Sono quelli realizzati effettuando delle colate di calcestruzzo all’interno di apposite casseforme (come per i pilastri) o in apposite trincee scavate nel terreno.

CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA SCOMPOSIZIONE TECNICA:

Chiusure e Partizioni. (vedi: SCOMPOSIZIONE TECNICA  di un EDIFICIO)

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IL MATTONE E I MURI

Gli spessori dei muri in laterizio sono ottenuti e misurati come multipli della larghezza o “testa” del mattone. La “testa” è perciò il modulo base di riferimento. Per cui avremo:

muri il cui spessore è uguale alla larghezza di un mattone chiamati “a una testa“;

muri il cui spessore è uguale alla lunghezza (o a due volte la larghezza) di un mattone chiamati “a due teste“.

muri il cui spessore è uguale ad una lunghezza e mezzo (o a tre volte la larghezza) di un mattone si definisce “a tre teste” e così via.

Normalmente il mattone pieno (quello unificato) misura 5,5 cm x 12 cm (la testa) x 25 cm, per cui le misure delle murature corrisponderanno alle seguenti misure:

muro ad “una testa” = 12 cm;

queste pareti vengono di solito utilizzate come partizioni interne verticali per dividere gli spazi funzionali dell’edificio. Possono essere in mattoni pieni o forati o in altro materiale (cartongesso). Non sono progettate per assolvere a funzioni protettive e isolanti, per cui lo spessore è contenuto al massimo. Disponendo i mattoni di “taglio” (5,5cm) è possibile ridurre ulteriormente il loro spessore (8cm totali). Sono sconsigliati tali spessori perché questo rende difficile il passaggio degli impianti all’interno della parete.

muro a “due teste” = 25 cm (un mattone in lunghezza oppure due mattoni di testa ed 1 cm di malta di separazione);

servono normalmente a separare due ambienti funzionalmente diversi (ad esempio due appartamenti). E’ richiesto isolamento acustico, da qui lo spessore maggiorato. Non hanno funzioni portanti, ma possono includere elementi portanti quali pilastri di cemento armato. Vengono utilizzate anche nelle pareti dei bagni che devono contenere le condutture di scarico o sostenere i sanitari sospesi. Questo tipo di pareti si chiamano tecnicamente pareti bagnate perché al loro interno accolgono l’impianto idrico e fognario.

muro a “tre teste” = 38 cm (un mattone in lunghezza separato da 1 cm di malta da un mattone di testa oppure tre mattoni di testa separati da due spessori da 1 cm di malta).

Queste pareti vengono usate come chiusure esterne perché realizzano una difesa efficace contro gli agenti atmosferici e il rumore proveniente dall’esterno.

Muro intercapedinemuri misti con “intercapedine” = 44 cm

Normalmente queste pareti sono realizzate con una intercapedine interna vuota (aria) o riempita di materiale isolante, che ha lo scopo di ridurre il ponte termico ossia la dispersione di calore tra esterno ed interno.

Approfondisco: ponte termico – può essere definito come quella parte della struttura di un edificio con caratteristiche termiche diverse dalle altre con cui è a contatto. In corrispondenza del ponte termico la temperatura superficiale è inferiore rispetto al resto della struttura; vi si può formare condensa e, quindi, la muffa (come nell’immagine a fianco).

Il mattone può anche essere ridotto quando necessario secondo uno degli schemi illustrati qui sotto, solitamente per spacco o taglio:

Bernardino o Quartino Mezzo Tre quarti Tozzetto

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I MURI INVISIBILI: LE FINESTRE

Muri09Dove le pareti vengono interrotte per necessità di veduta, illuminazione e aerazione con le finestre, queste vengono progettate con accorgimenti  tali da garantire almeno una parte della protezione realizzata dal muro. I moderni infissi, prevedono diversi strati di vetro (2 o più) separati da intercapedini d’aria che fanno da isolante termo-acustico riducendo così la differenza con il resto della parete in muratura.

Muri10L’immagine a destra mostra una foto-termografica della facciata di un edificio. In rosso sono evidenziate le parti calde, cioè quelle dalle quali avviene la dispersione del calore, in blu-azzurro le parti fredde, cioè quelle che assicurano maggiormente la tenuta del calore. Evidentemente le parti con maggiore dispersione sono quelle a spessore ridotto, cioè porte e finestre, elementi per i quali un tecnico deve, quindi, prestare la massima attenzione nella loro progettazione o scelta.

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MAPPA CONCETTUALE DELL’ARGOMENTO


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Durata: 7:23 Durata: 00:00
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PROSSIMA LEZIONE SULLE COSTRUZIONI

LA PROGETTAZIONE DI UN ALLOGGIO

Dic 012013
 

GOLF01SUCCEDE che in una magnifica giornata di sole, si decida di recarsi presso il “CAMPO PRATICA GOLF DRIVING RANGE” in via San Giuseppe La Rena a Catania.

SUCCEDE che si tratta di un momento didattico-sportivo organizzato dalla nostra scuola a cui partecipano gli alunni delle classi 1H e 2I.

SUCCEDE che la giornata è una magnifica giornata di sole e che la temperatura sia mite e ideale per le attività all’aperto. Accompagnati dai docenti prof.ssa Foresta Angela e prof. Betto Davide gli alunni, dopo un goliardico spostamento con i bus della AMT cittadina, raggiungono il verdissimo campo di addestramento per il golf, sport meno fisico, ma pieno di charme e eleganza tecnica. SUCCEDE, quindi, che gli alunni divisi in tre gruppi, si cimentino con gli istruttori federali nei tre colpi fondamentali di questo sport al fine di provarsi in questa pratica. E SUCCEDE che, complice la giornata, ci si diverta anche parecchio.

GOLF_ScrollPurtroppo sono le 12:30 e puntuali come gli aerei che vediamo decollare continuamente dal vicino aeroporto Bellini, torniamo a scuola per riprendere la nostra consueta giornata.

Per maggiori informazioni su Golf Katane clicca sul seguente link: GOLF

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Nov 262013
 

batteria_autorigeneranteSmartphone, tablets, computer portatili, ecc., tutti strumenti che fanno della portabilità la chiave del loro successo e diffusione. Ma al pari delle caratteristiche software e hardware, il successo di questi dispositivi passa proprio per la loro autonomia, cioè per la capacità di durare il più a lungo possibile senza una fonte di energia in grado di ricaricarli. Fino ad ora ci si è affidati al silicio, materiale in  grado di trattenere l’energia durante le ricariche. Ma il silicio, presenta anche un inconveniente non da poco. Accumulando energia, tende a dilatarsi, provocando delle spaccature sulla sua superficie. Questo ne ha sempre in qualche modo limitato l’uso. Oggi, gli studiosi del laboratorio SLAC di Stanford, stanno lavorando su di un polimero a base di silicio che a causa dei deboli legami che lo caratterizzano, è in grado di indirizzare la particelle a riparare automaticamente queste microfratture, il tutto in poche ore di ricarica.

L’idea è venuta dalle recenti scoperte in tema di pelle robotica, simile per certi versi, alla pelle umana ossia in grado di autorigenerarsi. Il polimero di silicio utilizzato ha dimostrato di essere in grado durante la ricarica di autoriparare le crepe che si generano durante la ricarica e questo è avvenuto circa 100 volte, quindi per 100 ricariche. L’obiettivo ovviamente è molto più ambizioso e il risultato auspicato è quello di riuscire nell’impresa di oltre 3.000 cicli di ricarica.

batteria autorigenerante

Insomma, la capacità di riparare i danni spontaneamente, che in natura è semplicemente conosciuto come il processo di auto guarigione, prerogativa del corpo umano, potrebbe presto raggiungere anche le batterie di smartphone o, più in generale, di diverse apparecchiature elettriche.

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Nov 212013
 

Moga-630x324L’aspetto video ludico del melafonino, sta diventando sempre più importante a livello internazionale proprio in virtù della qualità dei prodotti che vengono sviluppati per questo smartphone. Molte delle strategie della Apple, lasciano intendere una scelta di questo genere. L’impegno costante verso gli sviluppatori di videogiochi, il supporto continuo alla AppleTV, fanno capire che il prossimo campo del contendere si sposterà nel salotto digitale. I dati raccolti dalle società di indagini, dimostrano chiaramente come gli smartphone (vedi iPhone o Samsung Galaxy), stiano erodendo grosse fette di mercato alle console classiche quali PlayStation e Xbox. Ragion per cui molte società specializzate nel settore video ludico, stanno iniziando a realizzare accessori per rendere l’esperienza di gioco con questi dispositivi la più realistica e comoda da vivere.

MogaIn questo settore si inserisce un nuovo dispositivo chiamato MOGA, prodotto da Ace Power, che altro non è che è il primo controller di gioco autorizzato per iPhone ad arrivare sul mercato. Bisogna anche dire che fino ad oggi questo non era stato possibile perché il supporto per i controller dedicati e stato introdotto a settembre con la nascita del nuovo sistema operativo iOS 7.

MOGA è compatibile con tutti i dispositivi Apple che hanno la connessione Lightning da 4 pollici, ossia l’iPhone 5, iPhone 5S e la quinta generazione di iPod touch ed è dotato di una batteria da 1800 mAh in modo da poterlo ricaricare ovunque.

MOGA comprende nella dotazione standard due joystick e un D-pad con pulsanti frontali A, B, X, Y e pulsanti dorsali L1, R1, L2 e R2.

Moga chiuso

MOGA è flessibile e pieghevole quindi facilmente portabile anche in viaggio, estendendolo si può inserire al centro l’iPhone o iPod e trasferire i controlli fisici a destra e a sinistra del dispositivo.

MOGA backMOGA costerà 99$ ed attualmente è disponibile solo negli Stati Uniti. I giochi per sfruttare MOGA devono essere aggiornati per supportare controller di terza parte e attualmente quelli compatibili sono piuttosto pochi ma aumenteranno sicuramente in brevissimo tempo grazie all’introduzione di strumenti di questo genere.

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Nov 202013
 

Astronave01

In dirittura d’arrivo il nuovo Campus numero 2 della Apple. Il progetto dell’architetto Norman Foster, contattato da Steve Jobs prima della sua morte e presentato alla municipalità della città di Cupertino, ha ottenuto il benestare definitivo dalla commissione esaminatrice e dalla popolazione.

Si tratta di un immenso edificio circolare, che proprio per questa forma è stato soprannominato l’astronave. Un anello che copre ben 70 ettari di terreno, soprattutto adibito a zone verdi, giardini e parchi. L’edificio di forma circolare e appiattita, sarà collocato all’interno di questa grande area verde e sarà collegato ad altre strutture di supporto e ai parcheggi (in maggior parte interrati). All’interno il Campus potrà ospitare fino a 12.000 dipendenti e funzionerà in maniera quasi autonoma, perché progettato per funzionare con fonti di energia rinnovabili, essere ad impatto zero e presentare un alto profilo di eco-sostenibilità.

Il progetto ha ovviamente fatto molto discutere, sia gli addetti ai lavori che non. Pareri positivi e negativi, si sono levati da più parti, ma pian piano, eliminate alcune stravaganze, ha finito per essere accettato dalla collettività e dalla municipalità.

Molti esperti del campo dell’architettura lo hanno definito troppo faraonico, o poco innovativo, simbolo di una società che realizza la sua icona per poi spegnersi inesorabilmente come hanno fatto altre grandi multinazionali.

Al contrario altri hanno visto nel futuro edificio simbolo della casa della Mela mordicchiata, un esempio di incredibile capacità innovativa, di tecnologia e di cura nei dettagli paragonabile a quella che la Apple dedica ai suoi computer e dispositivi mobili.

Dal mio punto di vista trovo l’edificio molto interessante, eccessivo forse ma innovativo; mi richiama alla memoria il pentagono, con le sue forme assolute e regolari, l’altezza contenuta e le dimensioni dirompenti. Resta comunque un fatto, che nel bene e nel male anche quest’opera diventerà un’icona dell’architettura contemporanea.

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