Dic 192019
 

OFFSET

Il comando OFFSET, fa parte del gruppo di strumenti di modifica e serve a creare copie di linee a distanza uniforme dall’originale.

Questo comando lo si trova sulla barra degli strumenti riconoscibile da questa icona, lo si può attivare dal menù STRUMENTI > STRUMENTO oppure semplicemente premendo la lettera F sulla tastiera.

Il suo uso è piuttosto semplice. Basterà cliccare con il mouse sopra una faccia per far si che tutte le linee che la definiscono vengano tutte duplicate contemporaneamente verso l’interno o verso l’esterno della linea originale, seguendo il movimento del cursore. E’ possibile stabilire questa distanza numericamente digitandone il valore dopo aver selezionato la faccia. Per concludere l’operazione, basterà cliccare nuovamente o premere il tasto INVIO per confermare il valore numerico inserito.

Usando contemporaneamente il tasto COMANDO, il programma eviterà di disegnare le sovrapposizioni e intersezioni delle linee.

Comando OFFSET senza tasto COMANDO a sinistra, con a destra

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Dic 142019
 

Mentre fervono i lavori di costruzione di tutte le magnifiche opere che arricchiranno l’Expo 2020 di Dubai, in altre zone della città prosegue la realizzazione di nuovi megaprogetti che renderanno la capitale dell’emirato ancora più abbagliante, lucente, eccentrica, di quanto non lo sia già oggi.Una nuova impressionante opera affidata dalla holding dell’emiro al pluripremiato studio internazionale di architettura SOM, Skidmore, Owings e Merrill, vedrà come suo fulcro iconico un nuovo super grattacielo alto 550 metri di cui già si conosce il nome, Burj Jumeirah. Farà parte di una vasta area, il distretto di Jumeirah, una delle più rinomate zone residenziali della costiera di Dubai. Si tratta di un’area che avrà un uso prevalentemente pedonale misto con alberghi di lusso, appartamenti, centri commerciali, ristoranti e negozi di fama internazionale e immensi parchi verdi. Fiore all’occhiello di questo nuovo quartiere sarà l’uso di soluzioni sostenibili d’avanguardia nella costruzione, alta tecnologia e una incredibile infrastruttura intelligente che renderà tutto connesso e accessibile.

Il progetto nasce dallo sviluppo planimetrico di, pensate un po’, l’impronta digitale di sua maestà Mohammed bin Rashid al Maktum governatore degli Emirati Arabi Uniti e reggente di Dubai. Ad inizio 2019 sono iniziati i lavori di costruzione di questo incredibile grattacielo ispirato alle dell’increspature naturali delle dune di sabbia del deserto. Un gigante di acciaio e cemento le cui facciate saranno ricoperte di display digitali che renderanno la sua intera superficie capace di proiettare immagini e suggestioni durante tutte le festività o in momenti di particolare importanza pubblica nel paese.

Con la sua incredibile altezza, 550 metri il Burj Jumeirah, diventerà un altro elemento chiave dello skyline di Dubai, dotato di diversi punti di osservazione capaci di offrire una visione completa a 360° sull’intera città. I suoi ascensori saranno dotati di display digitali che renderanno un’esperienza emozionale la risalita verso la vetta e uno sky restaurant a 450 metri garantirà un’immersione totale e un colpo d’occhio privilegiato sull’intera città L’involucro della torre avrà una forma aerodinamica ispirata, come detto, al movimento delle dune di sabbia desertiche, ma ottimizzata per resistere alle sollecitazioni laterali del vento e con un vuoto centrale quasi a simboleggiare due ali che si sfiorano, all’interno del quale sarà possibile posizionare i terrazzamenti per le vedute panoramiche sulla città.

L’intero complesso poggerà su un enorme piazza il cui disegno è proprio ispirato alla riproduzione dell’impronta digitale dello sceicco con fontane d’acqua e attrazioni di diverso tipo. Il termine per la realizzazione di questa grandiosa opera è previsto per il 2023.

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Dic 122019
 

VISUALIZZA

Ogni programma CAD, contiene al suo interno differenti modalità di visualizzazione degli oggetti in maniera da consentirne rappresentazioni diverse in base alle necessità. Ad esempio una visualizzazione a Facce Nascoste, cioè con le superfici completamente opache, rende impossibile vedere le parti nascoste dell’oggetto o di quelli posti dietro di lui, mentre una visualizzazione in trasparenza, chiamata Wireframe o a Fil di Ferro, consentirà di vedere ciò che è nascosto. Anche SketchUp, come tutti i programmi CAD, possiede più tipi di visualizzazione, tra l’altro combinabili tra di loro per ottenere viste d’effetto.

SketchUp distingue le superfici piane dei solidi chiamate Facce, dai profili di queste chiamati Bordi.

All’interno del menù Visualizza, troviamo infatti 2 sottomenù chiamati rispettivamente Stile Faccia e Stile Bordo, da dove è possibile modificare l’aspetto di visualizzazione degli oggetti.

Scopriamoli entrambi di seguito.

STILE FACCIA

Sono possibili 5 differenti tipi di visualizzazione delle facce:

  • Wireframe o Fil di Ferro, in cui l’oggetto rappresentato dalle sue linee di contorno mentre le superfici sono assolutamente trasparenti così da rendere visibili le parti nascoste;
  • Linee Nascoste, in cui le superfici sono invece opache nascondendo la parte non visibile dell’oggetto e gli oggetti posti in secondo piano dietro di loro;
  • Sfumato, in questo caso le superfici sono opache e colorate in base al colore che abbiamo loro assegnato; la sfumatura dipende dal fatto che ogni superficie avrà una tonalità differente in base alla propria posizione rispetto alla fonte di luce. Per cui avremo superfici più chiare perché illuminate e altre più scure perché in ombra; anche in questo caso le superfici sono opache e non consentono di vedere attraverso;
  • Ombreggiato con Texture, in questo caso le superfici sono riempite con campire che simulano materiali reali, contenuti nella libreria del programma o scaricabili da Internet o meglio ancora fotografate da noi;
  • Monocromo, in questo caso le superfici sono rappresentate con un colore unico sfumato che prescinde dal colore o materiale che abbiamo attribuito all’oggetto.
  • Raggi X, tutte queste visualizzazioni, tranne la prima a Fil di Ferro, possono essere combinate con l’opzione Raggi X che, renderà trasparenti le superfici, qualunque sia il tipo di soluzione di visualizzazione prescelta.
TIPO DI VISUALIZZAZIONE + RAGGI X
WIREFRAME o FIL DI FERRO NON POSSIBILE
LINEE NASCOSTE LINEE NASCOSTE e RAGGI X
SFUMATO SFUMATO e RAGGI X 
TEXTURE TEXTURE e RAGGI X
MONOCROMO MONOCROMO e RAGGI X
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Ma le opzioni di visualizzazione di SketchUp non terminiamo qui; il programma, infatti, ci offre anche altre caratteristiche che possiamo combinare con quelle appena apprese.

OMBREGGIATURA e NEBBIA

Sempre dal menu Visualizza, troviamo due voci Ombreggiatura e Nebbia; nel primo caso vengono generate le ombre proprie e le ombre portate, quelle cioè che l’oggetto proietta su altre superfici in base alla posizione del sole o della fonte luminosa. La seconda, invece, crea un effetto di sfumatura ma mano che aumenta la distanza come se ci fosse la nebbia a rendere sempre più difficile la visione.

OMBREGGIATO NEBBIA
STILE BORDO

Sono possibili 5 differenti tipi di visualizzazione delle facce:

  • Bordi, con questo comando possiamo attivare o meno la visualizzazione dei bordi dell’oggetto;
  • Bordi Posteriori, in questo caso, verranno rappresentate anche le facce non viste un po’ come con Raggi X, ma tratteggiate come si conviene in un disegno tecnico;
  • Profili, marca i contorni perimetrali degli oggetti come in un fumento per evidenziare la natura tridimensionale della geometria;
  • Indicatore di Profondità, in questo caso il programma mette in evidenza le linee in primo piano rispetto a quelle in secondo piano assottigliandole progressivamente man mano che aumenta la distanza;
  • Estensione, in questo caso il programma allunga di poco le estremità delle linee conferendo al modello l’aspetto di un disegno realizzato a mano.
ORIGINALE SENZA BORDI
BORDI POSTERIORI PROFILI
INDICATORE DI PROFONDITA’ ESTENSIONE
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Dic 112019
 

SPINGI-TIRA

Il comando SPINGI/TIRA, fa parte del gruppo di strumenti di modifica e serve a creare oggetti solidi a partire da semplici superfici, oppure a modificarli allungandoli, cambiandone la forma o forandoli.

Il suo uso è piuttosto intuitivo. Basterà passare il mouse sopra una superficie fino a quando questa si evidenzierà, quindi bisognerà cliccarci sopra. A questo punto spostando il mouse la faccia selezionata si sposterà con esso, aggiungendo o sottraendo volume alla figura originaria.

usando il comando SPINGI/TIRA in combinazione con il tasto OPZIONE, non verrà aggiunto o sottratto volume al solido selezionato, bensì verranno aggiunte nuove facce a partire da quella selezionata.

Funzione del comando TIRA a sinistra e TIRA + OPZIONE a destra

Funzione del comando SPINGI

Se vogliamo sottrarre o aggiungere volume per una distanza nota, bisognerà semplicemente digitarne il valore nel campo INPUT NUMERICO in basso a destra e premere INVIO.

 

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Dic 102019
 

SPOSTA

Il comando SPOSTA, serve a muovere gli oggetti sul piano di lavoro anche se questa è solo una parte delle sue funzionalità. Rientra nel gruppo degli strumenti di modifica.

Il suo uso è piuttosto semplice. Basta selezionare una entità e trascinarla in una nuova posizione. Cliccando una seconda volta l’oggetto resterà nella nuova posizione. Se si vogliono spostare più oggetti, bisognerà prima selezionarli con lo strumento SELEZIONA, e poi trascinarli.

Funzione COPIA: usando il comando SPOSTA in combinazione con il tasto OPZIONE, questo si commuterà nel comando COPIA, realizzando così duplicati degli oggetti che stiamo spostando.

Comando SPOSTA a sinistra – Comando COPIA a destra

Se vogliamo spostare o copiare un oggetto in una determinata direzione, basta spostarsi in quella direzione e premere il tasto SHIFT, quello della maiuscole; il cursore resterà bloccato e potremo muovere l’oggetto solo nella direzione fissata.

Allo stesso modo, premendo i TASTI FRECCIA, obbligheremo lo spostamento nella direzione di riferimento di ogni freccia come indicato di seguito:

Premendo il tasto FRECCIA SINISTRA il cursore del mouse potrà spostarsi solo lungo la direzione dell’asse Verde.

Premendo il tasto FRECCIA DESTRA il cursore del mouse potrà spostarsi solo lungo la direzione dell’asse Rosso.

Premendo il tasto FRECCIA SU il cursore del mouse potrà spostarsi solo lungo la direzione dell’asse Blu.

Se vogliamo spostare una entità di una distanza nota, basterà semplicemente digitarne il valore nel campo INPUT NUMERICO in basso a destra e premere INVIO.

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Dic 092019
 

MANOLIBERA

Il comando MANOLIBERA consente disegnare in SketchUp come se si dipingesse sul piano di lavoro, senza alcun vincolo di direzione o strumento. Bisogna comunque ricordarsi che si tratta sempre di una spezzata i cui segmenti sono molto vicini tanto a sembrare una curva.

Il suo uso è piuttosto semplice. Basta cliccare in un punto qualunque sullo schermo e trascinare il cursore nella direzione voluta senza mai rilasciarlo fino a quando non decideremo di terminare la figura curvilinea che stiamo disegnando. Per uscire dal comando bisognerà premere il tasto ESC sulla tastiera.

In questo caso, il campo INPUT NUMERICO, come i TASTI FRECCIA, non avranno alcun effetto perché la curvilinea non è un’entità geometrica precisa.

Anche per lo strumento MANOLIBERA, l’intersezione delle sue curve genererà la creazione di superfici piane e le entità verranno spezzatini più oggetti separati.

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Dic 092019
 

LINEA

Il comando LINEA rappresenta lo strumento di disegno principale di SketchUp e rientra nel gruppo di quelli utilizzati per tracciare il disegno sull’area di lavoro.

Il suo uso è piuttosto semplice. Basta cliccare in un punto qualunque sullo schermo e una linea elastica resterà agganciata al cursore del mouse e ogni volta che si cliccherà, verrà fissato un punto sullo schermo fino a quando non si uscirà dal comando. Per farlo basterà premere il tasto ESC sulla tastiera.

E’ possibile in questo modo disegnare qualunque oggetto costituito da spezzate.

Se vogliamo disegnare una figura geometrica specifica, con lati ortogonali o paralleli agli assi di riferimento, come ad esempio un quadrato o un rettangolo, il comando LINEA dovrà essere associato a uno dei tasti freccia sulla tastiera.

Premendo il tasto FRECCIA SINISTRA il cursore del mouse potrà spostarsi solo lungo la direzione dell’asse Verde.

Premendo il tasto FRECCIA DESTRA il cursore del mouse potrà spostarsi solo lungo la direzione dell’asse Rosso.

Premendo il tasto FRECCIA SU il cursore del mouse potrà spostarsi solo lungo la direzione dell’asse Blu.

Se vogliamo creare una linea di una specifica lunghezza, a noi nota, dopo aver cliccato sul primo punto e bloccato lo spostamento secondo uno degli assi con i tasti freccia, basterà semplicemente digitare il valore di tale lunghezza nel campo INPUT NUMERICO in basso a destra nella finestra del software prima di cliccare di nuovo. E’ importante in questo caso ricordarsi l’unità di misura selezionata all’inizio in modo da poter immettere un valore coerente.

Infine, ogni volta che una linea ne interseca un’altra complanare, definirà una superficie, visibile perché verrà immediatamente riempita da una colorazione grigio scuro.

Premendo il tasto FRECCIA GIU’ sarà possibile realizzare linee parallele a qualunque altra entità. Basterà cliccare una prima volta per iniziare il tracciamento della linea, e poi, tenendo premuto il tasto FRECCIA GIU’, avvicinarsi all’entità di riferimento per costruire la parallela. Il cursore, potrà spostarsi solo lungo un asse parallelo a tale entità ed avrà un colore Viola.

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Nov 202019
 

Al meno una volta nella vita ci siamo trovati tutti di fronte alla necessità di realizzare una presentazione di un prodotto, di un argomento, di una lezione e subito ci siamo organizzati con fotocopie, fogli di lucido, ritagli di giornale, testi scritti, mappe concettuali per poterla effettuare. Oggi questa operazione, grazie ai media digitali è diventata molto più semplice e accattivante, attraverso l’uso di software molto intuitivi e con effetti finali di tipo professionale. Le presentazioni digitali, prendono il nome inglese di Slide Show, perché sono costituite da un insieme di elementi multimediali quali immagini, video, testo, animazioni e suoni, che scorrono sullo schermo al volere del relatore o automaticamente come fossero un film animato.

L’origine è molto antica, si parla del 1600, quando immagini dipinte a mano su vetro, venivano proiettate tramite l’uso di una candela su di un muro. La necessità di una narrazione continua, di rappresentare la sequenza di eventi oltre i limiti della carta, portarono alla nascita di complesse e costose tecniche fotografiche riservate però ad un ristretto gruppo di professionisti. La vera svolta si ebbe con la diffusione di massa dei personal computer che grazie a specifici software, resero questa tecnica alla portata di tutti. PowerPoint© di Microsoft è sicuramente il più conosciuto e utilizzato, anche se esistono molte altre soluzioni gratuite o commerciali altrettanto valide.
La diffusione di schermi digitali ad alta definizione, la copertura wi-fi degli spazi in cui viviamo, la potenza dei processori, la mobilità degli strumenti (smartphone e tablet) hanno dato la spinta finale alla diffusione e all’affermazione di questa tecnica di rappresentazione.
Ma entriamo nello specifico e vediamo quali sono i criteri da seguire per realizzare una presentazione d’effetto.

Per realizzare una slide show, il software, ci mette a disposizione una sequenza di pagine digitali chiamate template, che possiamo riempire con i contenuti che vogliamo, purché siano anch’essi in formato digitale; quindi immagini (foto o disegni), video (fatti da noi con una videocamera o scaricati dalla rete), testo (poco), grafici e tabelle, animazioni (gif o altro), link ipertestuali (collegamenti a siti internet o files sul proprio dispositivo o cloud), suoni. Tutti questi contenuti possono essere semplicemente caricati sulle pagine messe a disposizione dal software, ordinate secondo i nostri gusti e rappresentate con una precisa cronologia con scorrimento autonomo o tramite input del presentatore. Infine, tutto questo può essere o meno arricchito con effetti speciali e transazioni tra pagine e/o oggetti contenuti nel progetto.

LA SLIDE SHOW COME MAPPA CONCETTUALE

Molti, nell’uso delle presentazioni, presi dalla facilità d’uso e dall’aspetto divertente della composizione sul PC, perdono molte volte di vista l’obiettivo. Un eccesso di immagini, o soprattutto di scrittura, sfondi troppo brillanti o caratteri troppo piccoli, rendono la nostra presentazione, illeggibile, stancante, noiosa a chi la osserva o chi ci deve seguire. Una presentazione per essere realmente efficace ed accattivante per il pubblico, deve essere graficamente molto bella e strutturata alla stregua di una MAPPA CONCETTUALE DIGITALE. In pratica, essa deve riportare quasi esclusivamente immagine dell’oggetto da presentare e una stringatissima descrizione dello stesso, meglio se attraverso la sola parola chiave, proprio come in una mappa concettuale. In questo modo il presentatore segue ordinatamente un percorso logico come leggendolo da una mappa, non distraendo lo spettatore e focalizzando l’attenzione su quanto sta dicendo e non sulla slide. Storiche da questo punto di vista sono state le presentazioni che, Steve Jobs il grande creatore della Apple, faceva dai teatri americani per la presentazione dei nuovi prodotti. Una immagine e a volte una parola, su fondo nero. Massimo impatto, nessuna distrazione, focalizzazione su un prodotto specifico per volta, canalizzazione del pubblico sulla propria figura che correva da un lato all’altro del palco.Per comprendere cos’è una presentazione, bisogna sgombrare il campo da una serie di idee completamente errate. Molti scambiano un programma per presentazioni per uno per video-scrittura, ma la differenza è abissale. In quest’ultimo caso, il testo ha lo scopo di essere letto, quindi non importa quante parole inseriamo per descrivere un oggetto o un avvenimento, perché i supporti digitale o cartaceo hanno scopo di accogliere proprio le parole e in alcuni casi le immagini, ma la descrizione deve essere dettagliata e approfondita, mentre in una presentazione bisogna catturare l’attenzione dello spettatore in tempo reale, carpire il suo sguardo e trasmettergli semplici e immediati messaggi. Quanto più la nostra presentazione risulta carica di contenuti, tanto maggiore sarà la possibilità di non raggiungere l’obiettivo comunicativo.
La prima operazione da compiere, è quella di mettersi nei panni dello spettatore, di chi dovrà osservare il nostro lavoro. In questo modo, sarà più facile comprendere cosa funziona e cosa invece dovrebbe essere rivisto. Essere critici verso il proprio elaborato ed analizzarlo, è un primo ottimo esercizio per produrre una presentazione veramente efficace.
Vediamo, quindi, quali sono i piccoli trucchi che, mi sento di suggerirvi, per realizzare una presentazione particolarmente efficace.

TEMPLATE o TEMI

Si inizia con la scelta del tema o template. Il software ce ne offre tanti già preconfezionati per non perdere tempo e concentrarci sul lavoro, ma nulla vieta di crearne altri personalizzati. I temi sono già strutturati in base all’obiettivo o agli argomenti da trattare, ricorrenti come ad esempio business, festività, matrimoni, viaggi, in cui gli oggetti, i colori, la struttura facilita l’utente nella composizione. Tutti gli elementi sono coerenti con il tema, per cui fonts, colori, sfondi sono già coordinati e perfettamente calibrati tra di loro. Il tema include normalmente una copertina, pagine master, ultima pagina e in alcuni casi anche pagine specializzate come indici o altro.

L’IMPORTANZA DEGLI SFONDI

Volendo personalizzare il proprio lavoro, la prima cosa da scegliere è lo sfondo o background, sul quale proiettare e sovrapporre i contenuti della propria presentazione. Bisogna evitare sfondi con troppe variazioni di colore, perché risulterà difficile se non impossibile sovrapporre un font che risulti leggibile o ben in contrasto su tutta la pagina. Un fondo piatto o con lievi sfumature risulterà ideale al contrario di una fotografia o di un’immagine colorata che renderà difficile la concentrazione e/o la lettura del testo. Lo sfondo non deve mai essere prevalente rispetto al contenuto da mostrare. Colori pastello, tenui e tutti in tinta sono da preferire. Riprendendo l’esempio di prima di Steve Jobs, si può notare come il fondo sia sempre nero assoluto, così da concentrare tutta l’attenzione sull’oggetto in presentazione e non distrarre lo spettatore con altre immagini.

Leggibilità, contrasto, colori in tinta rendono una presentazione più efficace

TESTO o NON TESTO, QUESTO E’ IL PROBLEMA

Anche se poco, il testo in una presentazione è necessario e sempre presente come accompagnamento efficace per alcune immagini. I moderni sistemi operativi, utilizzano decine di font o caratteri, molto diversi tra di loro e tanti altri possono essere scaricati liberamente dalla rete o acquistati. La scelta di un font e la dimensione con cui viene rappresentato, è fondamentale per la realizzazione di una presentazione veramente efficace. Anche in questo caso bisogna avere chiaro qual è l’obiettivo. Se la lettura deve avvenire sullo schermo retroilluminato di un computer è cosa molto diversa dal doverla proiettare su di uno schermo tramite videoproiettore.
Esistono comunque delle regole universali, utilizzabili in ogni occasione.

I font sono classificati in tre grandi famiglie: con grazie, senza grazie e decorativi. Come è possibile vedere dall’esempio qui sopra, i caratteri senza grazie sono molto più essenziali, hanno uno spessore di corpo costante e risultano immediatamente leggibili a qualunque distanza, un po’ come quelli utilizzati dall’oculista durante le visite ai propri pazienti. Helvetica, Arial, Futura, Gill Sans, Optima, Avant Garde e Verdana sono tra i più diffusi font senza grazie. Da sconsigliare vivamente i font di tipo handwriting, cioè quelli che simulano la scrittura umana e i decorativi a volte difficili da comprendere anche da una lettura da PC.
Altri fattori da non trascurare sono la dimensione, utile a dare enfasi ai concetti chiave del discorso (proprio come in una mappa concettuale), lo stile (evitare se possibile il corsivo e preferire un sottolineato), l’interlinea e la giustificazione; più regolare apparirà il testo, maggiore sarà la sua leggibilità e l’attenzione che lo spettatore vi porrà.

VIDEO – FOTO – ANIMAZIONI – GRAFICI – SUONI

Le immagini sono uno dei veicoli di maggiore impatto e comunicazione in una presentazione. La scelta di queste, in combinazione con lo sfondo, rappresenta in alcuni casi la chiave del successo del messaggio che si vuole far passare. La scelta della sua posizione, la proporzione rispetto alla pagina, eventuali cornici o ombre che la staccano dallo sfondo facendola risaltare, rappresentano anch’esse ottime scelte compositive. Ma anche in questo caso è sempre meglio non eccedere. Un’immagine o al massimo due, sono la scelta ideale. Troppe confondono chi guarda, distraggono lo sguardo; differenze evidenti tra le immagini inserite, per colori o dimensioni, finisce per far prevalere l’una sull’altra vanificando parte del messaggio. Se l’immagine è poi scontornata in formato png o con canale alpha (ossia con le trasparenze) accrescerà l’enfasi comunicativa. Organizzare le immagini in sequenza logica aggiungendo brevi descrizioni, accresce il potere comunicativo, guidando lo spettatore lungo il percorso narrativo.
In generale non è una buona idea inserire dei video all’interno di una presentazione. Meglio sarebbe un’icona o un pulsante capace di richiamare un link esterno dai canali video presenti sulla rete o dal nostro computer.
Anche i grafici non debbono sfuggire a queste linee guida. L’essenzialità e la leggibilità debbono essere i criteri fondamentali da seguire durante tutta la composizione: ampi spazi tra i grafici, font ad alta leggibilità, proporzioni tra gli elementi, nessuna distrazione come gif animate, wordart, colori di fondo o altro.

In una presentazione, i suoni non sono così essenziali, ma se questa viene avviata in loop, cioè si riavvia ogni volta che giunge alla fine, come nel caso di un trailer che sponsorizza un prodotto, una colonna sonora di fondo o una voce fuori campo che commenta, sono fondamentali. Effetti sonori che accompagnano le transazioni sono superflui ma se piacciono si possono anche utilizzare per enfatizzare un’azione. In generale, bisognerà proporzionare la nostra colonna sonora alla lunghezza della presentazione. Si possono anche aggiungere dei pulsanti che avviano una riproduzione audio quando si vuol fare ascoltare qualcosa ad un certo punto della presentazione.

PASSAGGI D’EFFETTO e LE TRANSAZIONI

Sono gli elementi che più colpiscono la fantasia degli studenti o dei novizi. Ogni pagina, ogni paragrafo scorre, rimbalza, ruota, sguizza via nel più scenografico degli effetti, ma proprio per questo si commettono gli errori più gravi. Un eccesso di effetti, sposta l’attenzione dello spettatore, distraendolo e distogliendolo dall’efficacia del messaggio. Inoltre, gli effetti, richiedono un tempo per mostrarsi, rallentando la presentazione e rendendola più difficile da seguire. Penso sia capitato a tutti di assistere ad una slide show dove il testo compare come digitato da una macchina per scrivere con tanto di suono del tasto di accompagnamento, facendo apparire il messaggio in un tempo lunghissimo. In questo caso la tempistica tra chi deve guardare e chi deve narrare sono completamente disallineate.
Anche le transazioni, purtroppo, sono soggette a questo ipertrofico sviluppo. Ogni pagina scorre con un effetto diverso sempre più imprevedibile. Se da un lato questa cosa potrebbe apparire divertente, dall’altro crea una assoluta mancanza di omogeneità nella narrazione. Mi spiego; se si sta descrivendo qualcosa, sarebbe opportuno utilizzare la stessa transazione tra le slide fino a quando non si cambia argomento, in modo che anche questa sottolinei la continuità narrativa. Al cambiamento di argomento si può far corrispondere un cambiamento di transazione tra le slide.
La qualità di una presentazione non dipende da quanto sia pirotecnica, o da quanti contenuti vengono inseriti, ma al contrario dalla semplicità, dalla fluidità della narrazione, dall’impatto che nell’insieme questa è in grado di provocare sullo spettatore.

Infine, le transazioni, come gli effetti, sono legati ad un aspetto temporale. Hanno una durata. L’operatore, può stabilire in secondi quanto debba durate il passaggio tra una slide e l’altra o quanto tempo è necessario affinché l’X effetto consenta di mostrare completamente il contenuto a cui essa è associato. L’operatore, può stabilire che tutto questo avvenga autonomamente una volta avviata la presentazione senza interventi o attraverso un click del mouse per scandire a proprio piacimento la rappresentazione. Nel primo caso bisogna avere l’accortezza di stabilire tempi ben precisi che, consentano allo spettatore di osservare e leggere con comodità quanto mostrato.

DURATA E SLIDE

Il numero di slide di cui si deve comporre una presentazione va stabilito conoscendo con esattezza il tempo disponibile per la presentazione Partendo da questo dato sarà possibile, attraverso prove e tentativi, raggiungere un corretto bilanciamento tra tempi ed esposizione. In generale, è buona norma non eccedere con il numero di slide, al limite meglio creare due differenti lavori spezzando la presentazione, considerando il fatto che i tempi attentivi, da parte del nostro auditorio, non sono in genere molto lunghi.

QUALE SOFTWARE SCEGLIERE?

Infine, un cenno ai software in grado di generare presentazioni dai nostri computer. Oggi la differenza tra sistemi operativi risulta superflua perché i software sono multipiattaforma, funzionando inoltre su dispositivi diversi come computer, tablet e smartphone. La scelta, quindi, si riduce a due differenti tipologie: software commerciali, ossia a pagamento, come Microsoft Powerpoint, o software freeware ossia gratuiti scaricabili dalla rete liberamente. I leader del mercato sono il già citato Powerpoint e Keynote della Apple, ma non mancano sulla rete moltissime soluzioni gratuite di pari livello come LibreOffice o OpenOffice.
Da non dimenticare, infine, un particolare importantissimo: il formato di registrazione. Si può lavorare con qualunque software, ma bisogna sapere con quale effettueremo la presentazione e la sua versione in modo da salvare il file in un formato compatibile e comunque leggibile. E’ bene sapere che passando da un software ad un altro verranno persi o modificati buona parte degli effetti creati, quindi potrebbe essere più utile, non sapendo quale sia il programma da utilizzare, salvare il lavoro sotto forma di file video in uno dei formati più diffusi, questo per evitare spiacevoli sorprese nel momento di presentare il proprio lavoro.

I 10 ERRORI DA EVITARE

Prima di chiudere, mi farebbe piacere condividere con voi quanto trovato sulla rete in una delle mie continue navigazioni esplorative. Mi sono imbattuto in una pagina, in cui venivano enunciati i 10 errori più gravi da non commettere realizzando una presentazione digitale; alcuni li ritrovate già in questo articolo, altri mi trovano perfettamente d’accordo anche se non citati, altri un po’ meno, ma ve li condivido senza cambiamenti per stimolare una riflessione e delle considerazioni come quelle che ho fatto io:

  1. PENSARE DI SCRIVERE TUTTO QUELLO CHE SI VUOLE DIRE A VOCE
  2. RIPETERE A VOCE CIO’ CHE E’ SCRITTO SULLA SLIDE
  3. RIEMPIRE LA SLIDE DI CONCETTI E INFORMAZIONI
  4. NON DEVI PRESENTARE, MA “INTRATTENERE”
  5. NON PIANIFICARE
  6. NON AVERE BEN CHIARO COSA VUOI TRASMETTERE
  7. NON AVERE UNO STORYBOARD
  8. NON CATALOGARE IDEE, IMMAGINI E ARTICOLI IN “BOARD”
  9. SOTTOVALUTARE TITOLI E INTESTAZIONI
  10. PARLARE DI SE STESSI (NO “SELFIE”)
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Nov 152019
 

Oltre alle ricerche di nuove fonti di energia per la risoluzione dei problemi dell’umanità per gli anni avvenire, troviamo anche nuovi studi relativi allo sfruttamento e alla produzione di combustibili fossili attraverso processi naturali e meno inquinanti.

L’università canadese di Waterloo ha pubblicato il risultato di un’interessantissima ricerca sulla rivista scientifica Nature Energy. In pratica i laboratori dell’università sono riusciti a produrre una foglia artificiale che, imitando il processo della fotosintesi clorofilliana dove l’anidride carbonica viene trasformata in glucosio e ossigeno, trasforma quest’ultima in metanolo liberando anche ossigeno come nel processo naturale. Il coordinatore di questa ricerca, Yimin Wu, spiega sulla rivista i passaggi necessari che questa foglia effettua per trasformare l’anidride carbonica in metanolo.

Il segreto è racchiuso in un altro prodotto naturale noto come ossido rameoso, un ossido prodotto dalla rame conosciuto in natura come cuprite. In pratica, durante questo processo, quando l’acqua viene portata a una determinata temperatura e mescolata con l’anidride carbonica, si proietta anche una intensa luce bianca, aggiungendo immediatamente dopo, l’ossido rameoso che innesca una reazione chimica che porta alla produzione del metanolo. Questo processo genera ossigeno da un lato, come nella fotosintesi, mentre dall’altro, l’anidride carbonica si converte direttamente in metanolo che viene raccolto durante la sua evaporazione.

I ricercatori cercheranno nel prossimo futuro di intensificare questa produzione in maniera tale da poter brevettare questa soluzione e commercializzarla.

 I vantaggi non sono indifferenti, infatti questo è il prodotto di questa trasformazione, si è in realtà un carburante alternativo perché pur avendo le caratteristiche del combustibile fossile naturale, è prodotto da sostanze che non provengono più da questi ma da un processo esclusivamente naturale con un impatto ambientale praticamente minimo.

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Nov 092019
 

Le sezioni in disegno tecnico, sono quelle operazioni geometriche che consentono di tagliare un oggetto per descriverne parti non visibili poste al suo interno. Ad esempio, immaginiamo di tagliare il tronco di un albero per scoprirne i suoi anelli di accrescimento o di tagliare un’arancia per vederne gli spicchi.

Questa operazione viene fatta abitualmente dagli architetti per mostrare nei loro elaborati grafici, gli interni di un alloggio oppure da un ingegnere per descrivere le parti nascoste di un pezzo meccanico.

Sezione architettonica di un appartamento

Sezioni tecniche di un pezzo meccanico

Nel disegno tecnico le sezioni si usano per tagliare solidi geometrici e descriverli in proiezioni ortogonali o in assonometria.

Sezione geometrica di solidi

Sezionare, quindi, vuol dire letteralmente tagliare e geometricamente questo taglio, viene fatto non con una lama, bensì con un piano chiamato piano di sezione immaginario che divide l’oggetto nella direzione in cui desideriamo tagliarlo.

Piano di Sezione

Potremo per cui avere sezioni parallele ad uno degli assi ortogonali:

  • sezione orizzontale se questo è posto orizzontalmente;
  • sezione verticale se invece taglia l’oggetto verticalmente ed in base alla sua posizione potrebbe anche essere chiamata sezione laterale.

Oppure sezioni oblique rispetto ai piani di proiezione:

  • sezione obliqua, quando non è parallela a nessuno dei 3 assi.
Oggetto da sezionare
Sezione con piano orizzontale Sezione con piano verticale
Sezione con piano laterale Sezione con piano obliquo

Le parti dell’oggetto sezionate, secondo le definizioni del sistema internazionale ISO 128-40, debbono essere disegnate con tratto più spesso e campite con un tratteggio di linee sottili inclinate a 45° oppure con un riempimento compatto come quello mostrato nelle sezioni sopra.

E’ chiaro, quindi, che in base a come disponiamo il piano di taglio si otterranno sezioni diverse dell’oggetto. Ovviamente la scelta del piano di taglio non deve essere casuale ma legata alla necessità di evidenziare particolari dettagli o elementi che non sono normalmente visibili in una vista in proiezione ortogonale o in assonometria.

Se immaginiamo un cono, questa sarà diversa a seconda di come sarà posizionato il piano di taglio. Se il piano è orizzontale, la sezione sarà un cerchio perfetto, mentre se sarà messo in verticale la sua sezione sarà una parabola se lo taglia parzialmente o un triangolo quando questa passa per la mezzeria. Se invece il piano dovesse essere inclinato, la sezione sarà una ellisse.

CONO
Sezione orizzontale = cerchio Sezione verticale = parabola
Sezione verticale su asse = triangolo Sezione obliqua = ellisse

Nel caso specifico del cono, le figure geometriche che ne risultano, vengono chiamate coniche e sono la circonferenza, l’ellisse, la parabola e l’iperbole.

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Ott 312019
 

Tutto quello che noi disegniamo è basato su semplici segni grafici, ma se li osserviamo attentamente ci renderemo subito conto che si tratta di soli due simboli: la retta e il cerchio. E’ proprio grazie a questi due “segni” che, è nata e si è sviluppata una disciplina chiamata geometria, il cui nome deriva dalle parole del greco antico “geo = terra” e “metria = misura“. Si trattava della disciplina che si occupava della misurazione dei terreni, oggi divenuta una scienza scienza matematica che studia le forme nel piano e nello spazio.
I primi geometri, erano gli agrimensori dell’antico Egitto, coloro che si occupavano materialmente di effettuare queste misurazioni. In pratica, tendendo delle funi, riuscivano a tracciare sul terreno rette e cerchi e questa pratica rimase per molti secoli inalterata oltre che l’unico sistema conosciuto.

Agrimensore e misurazione di un campo

Gli agrimensori, effettuavano operazioni definite in gergo come “tirare una retta” o “descrivere un cerchio”, ma restavano comunque delle azioni empiriche. La scientificità di queste procedure divenne tale grazie ad Euclide che riuscì a trasferire queste conoscenze sui fogli di carta o sui libri utilizzando strumenti di disegno come la riga e il compasso.
A questi strumenti se ne aggiunsero poi altri più complessi che consentirono di realizzare e disegnare curve ben più complesse delle rette o dei cerchi. La cosa interessante, nell’uso di questi strumenti non era tanto il risultato rappresentato sul supporto da disegno, bensì quello che consentivano lo spostamento di un punto lungo una direzione specifica, senza che il profilo di quest’ultima fosse materialmente presente.

Le curve possono giacere su un piano o muoversi nello spazio, avendo quindi caratteristiche molto diverse. Quelle di cui ci occuperemo in questo articolo, vengono chiamate sezioni coniche perché derivano tutte dall’intersezione tra un piano e un cono e sono di conseguenza curve piane.

Per comprendere quali curve è possibile ottenere, basta immaginare una parete di fronte a noi (il piano) colpita dal cono di luce prodotto da una torcia elettrica.

In base all’inclinazione della torcia rispetto alla parete, è facile dimostrare e sperimentare che è possibile ottenere 4 differenti tipi di curva: circonferenza, ellissi, parabola e iperbole. Scopriamole insieme e vediamo quali sono le loro caratteristiche.

Indice Argomenti
1 CIRCONFERENZA
2 ELLISSE
3 PARABOLA
4 IPERBOLE

CIRCONFERENZA

Se puntiamo una torcia perpendicolarmente ad una parete, il suo cono luminoso genererà su di essa una luce esattamente circolare, quindi definirà una curva che chiamiamo circonferenza. E’ come se tagliassimo un cono (v. immagine a sinistra) con un piano orizzontale perpendicolare al suo asse.

DEFINIZIONE:

si definisce circonferenza, il luogo dei punti di un piano equidistanti da un punto detto centro della circonferenza“.

Gli elementi importanti che definiscono una circonferenza, sono:

  • raggio, il segmento che unisce il centro della circonferenza con qualsiasi punto della circonferenza;
  • corda, un segmento che unisce due punti qualsiasi della circonferenza;
  • diametro, qualsiasi corda che passi per il centro della circonferenza;
  • arco, parte della circonferenza che unisce due punti sulla circonferenza;
  • semicirconferenza, metà della circonferenza.
ELLISSE

Se incliniamo la torcia in una direzione o nell’altra quindi a destra o a sinistra, il cono luminoso si deformerà, il cerchio di luce inizierà ad allungarsi definendo una nuova forma curva, una seconda conica che chiamiamo ellisse. In questo caso, immaginiamo di tagliare un cono con un piano leggermente inclinato rispetto al proprio asse (v. immagine a sinistra).

DEFINIZIONE:

si definisce ellisse, il luogo geometrico dei punti di un piano per i quali è costante la somma delle distanze da due punti fissi detti fuochi“.

Gli elementi importanti che definiscono una ellisse, sono:

  • assi dell’ellisse, sono i segmenti che consentono di dividere l’ellisse in parti uguali;
  • vertici, sono i 4 punti di intersezione tra l’ellisse e i suoi assi;
  • centro, è l’intersezione degli assi e costituisce anche il centro di simmetria;
  • fuochi, sono due punti che si trovano sempre sull’asse maggiore e sono posizionati in modo da essere equidistanti dal centro. Inoltre, per definizione sono quei due punti tali per cui la somma delle loro due distanze da ciascun punto appartenente all’ellisse è costante.
PARABOLA

Se incliniamo ancora di più la torcia fino a quando non si trovi parallela al muro, noteremo che il cono luminoso si deformerà ulteriormente e il cerchio di luce inizierà ad allungarsi all’infinito definendo una nuova forma curva che chiamiamo parabola. In questo caso, è come se tagliassimo un cono con un piano parallelo ad uno dei suoi lati (v. immagine a sinistra).

DEFINIZIONE:

si definisce parabola, il luogo geometrico dei punti equidistanti da un punto fisso detto fuoco e da una retta detta direttrice“.

Gli elementi importanti che definiscono una parabola, sono:

  • direttrice, è la retta, esterna o interna alla parabola, che realizza la stessa distanza rispetto al fuoco per ciascun punto della parabola;
  • fuoco, è il punto che realizza la stessa distanza rispetto alla direttrice per ciascun punto della parabola;
  • asse, è la retta passante per il fuoco che divide in due parti uguali la parabola, perpendicolare alla direttrice;
  • vertice, è il punto di intersezione tra la parabola e l’asse di simmetria.
IPERBOLE

Se incliniamo la torcia fino a quando non si trovi in posizione parallela all’asse, il cono di luce cambierà ancora forma sdoppiandosi formando l’unica curva doppia nel cono a due falde che chiamiamo, iperbole. In questo caso il piano che taglia il cono a due falde è posizionato parallelamente all’asse (v. figura a sinistra).

DEFINIZIONE:

si definisce iperbole, il luogo geometrico dei punti per cui è costante la differenza delle distanze da 2 punti fissi detti fuochi“.

Gli elementi importanti che definiscono una iperbole, sono:

  • rami, le due curve che formano l’iperbole;
  • assi, sono le due rette per cui l’iperbole viene suddivisa in parti uguali e simmetriche; l’iperbole deve sempre intersecare uno dei due assi;
  • vertici, sono i punti di intersezione tra i rami ed uno dei due assi;
  • centro, è l’intersezione tra i due assi perpendicolari e rappresenta il centro di simmetria dell’iperbole;
  • fuochi, sono i due punti fissi per i quali è costante la differenza tra le distanze da ogni punto appartenente all’iperbole e appartengono sempre all’asse che interseca l’iperbole;
  • asintoti, sono le due rette passanti per il centro che racchiudono i due rami dell’iperbole.
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Ott 282019
 

Siamo passati molto rapidamente dagli antichi SMS, cioè gli Short Message System con i quali potevamo mandare al massimo 60 caratteri al nostro interlocutore, agli MMS ossia Multimedia Message System ed oggi ancora più completi come i sistemi di messaggistica su WhatsApp, Telegram o altri, con i quali possiamo inviare contenuti di ogni tipo, immagini, video, file, suoni, oltre al classico testo.

Ma se riflettiamo fino in fondo manca ancora qualcosa e i nostri sistemi di messaggistica sono incompleti perché incapaci di trasmettere parametri quali quelli olfattivi e di tatto. Un gruppo di ricercatori dell’Imagineering Institute che ha sede a Nusajaya in Malesia, sta lavorando in questa direzione, soprattutto in quella per riuscire a trasmettere gli odori attraverso Internet. E’ ovvio che l’odore non potrà essere canalizzato all’interno di circuiti elettrici o ai cavi di connessione della rete convenzionale, questa trasmissione potrà avvenire attraverso un approccio diverso.

Una serie di 31 volontari si sono sottoposti a un test molto particolare. All’interno delle loro narici sono stati posizionati degli elettrodi che avevano il compito di trasmettere specifici impulsi elettrici a bassa intensità a un gruppo di neuroni situati al loro interno nella parte alta. Questi sono quei recettori capaci di reagire allo stimolo olfattivo inviando l’impulso odoroso direttamente all’area del cervello responsabile della percezione degli odori quindi. In pratica i ricercatori hanno cercato di convertire in impulsi elettrici gli odori percepiti in modo da poter essere inviati digitalmente attraverso la rete per poi essere nuovamente convertiti in odore da apposite strumentazioni elettroniche. Nell’esperimento sono stati utilizzati 10 odori campione, tra cui legna, frutta e menta. L’esperimento ha dato dei risultati parziali perché gli odori non potevano essere preventivamente scelti e controllati alla fonte, ma questo ha aperto la strada a ulteriori sviluppi. Sicuramente l’idea futura dei ricercatori è quella di inserire degli appositi elettrodi sui naselli di speciali occhiali che faranno da recettori degli odori al posto delle apparecchiature da inserire all’interno delle narici, anche perché evidentemente scomode e poco pratiche.

Si tratta sicuramente di una futuristico quanto interessante sviluppo del nostro sistema di trasmissioni, che dal sonoro è passato alle immagini, al video e infine alla trasmissione di dati in diversi formati. Ma, come ci fanno notare gli stessi ricercatori che conducono questi studi, lo sviluppo di una tecnologia del genere richiederà probabilmente alcune decine di anni per essere sviluppato ad un livello da poter avere una diffusione di massa.

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Ott 262019
 

L’invenzione della plastica, è stata una delle più grandi scoperte della storia. Come oramai quasi tutti sanno, la plastica deriva dal petrolio, dal quale viene estratto e poi miscelata con altre sostanze per formare infinite miscele di materiali diversi. Purtroppo, però, alcuni tipi di plastica portano con sé una grave conseguenza: non sono biodegradabili. Questo significa che questo materiale se non opportunamente riutilizzato ho riciclato, inquina pesantemente l’ambiente come del resto, stiamo quotidianamente scoprendo attraverso esperienze dirette o i mass-media che ce ne danno notizia.

La plastica derivata dal petrolio esiste da circa cinquant’anni, mentre invece i poliesteri, ossia il gruppo di sostanze a cui essa appartiene, esistono in natura da tempi remoti e costituiscono il rivestimento protettivo di alcune foglie. Alcuni batteri, approfittano da milioni di anni di queste sostanze nutrendosene e riuscendole a decomporre perfettamente. Alcuni scienziati dell’Università di Portsmouth nel Regno Unito, studiando e osservando questo fenomeno, hanno scoperto che alcuni di questi batteri si sono evoluti molto rapidamente e sono oggi in grado di digerire e nutrirsi del polietilene tereftalato (PET), una resina termoplastica, quella con cui vengono realizzate le bottiglie e molti contenitori alimentari che siamo soliti utilizzare tutti i giorni. Questo batterio, chiamato Ideonella sakaiensis, è in grado di digerire e metabolizzare le molecole del PET utilizzando alcuni enzimi compreso lo PETasi scoperto anch’esso grazie all’identificazione della Ideonella sakaiensis. La scoperta, molto recente, è stata pubblicata sulla rivista Science nel 2016 e apre incredibili scenari per il futuro del pianeta in riferimento al riutilizzo e il riciclo della plastica.

Passare dalla fase di sperimentazione e studio a quella di applicazione pratica, non è però semplicissimo. Bisogna infatti considerare che una colonia di batteri riesce a digerire piccoli frammenti di plastica in poche settimane ma i tempi variano ovviamente in base alla grandezza della colonia e alla superficie di plastica da dover smaltire.

La cosa che ha sorpreso gli scienziati, è come questi batteri siano stati in grado di adattarsi e modificare il loro regime alimentare in poco meno di cinquant’anni, ossia il tempo da cui è presente il PET nella nostra quotidianità, considerando che appunto prima di allora questa forma di plastica non esisteva.

Già oggi, buona parte delle materie termoplastiche, compreso il PET, vengono riciclate per ottenere nuovi oggetti e ridurre al tempo stesso la quantità di rifiuti presente nell’ambiente. Il problema è che ad ogni riciclo queste materie perdono alcune delle loro caratteristiche diventando sempre meno idonee ad essere riutilizzate e dovranno necessariamente finire in discarica o essere distrutte in un inceneritore.

Studiando le capacità della Ideonella sakaiensis e della sua capacità di utilizzo della plastica i ricercatori hanno prodotto un modello virtuale in 3D dell’enzima basandosi sulle osservazioni eseguite al microscopio elettronico. In questo modo hanno compreso meglio la sua struttura e sono riusciti ad individuare alcuni punti deboli che possono essere corretti. In questo modo saranno in grado di potenziare gli effetti di questa disgregazione e accelerare i processi di smaltimento. Lo studio ha dimostrato che la PETasi è in grado di riportare i poliesteri al livello originale ossia a come quando sono stati prodotti dal petrolio, quindi di ricreare plastica nuova con caratteristiche integre. E’ chiaro, però, che per arrivare a una produzione sul larga scala saranno necessari anni di studi e di laboratorio perché il problema non è solo quello di disgregare il polietilene tereftalato, bensì quello di farlo in larga scala e in un tempo minore affinché questo processo possa risultare vantaggioso sia economicamente che per l’ambiente.

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